La preghiera è come «una banconota in bianco» perché, come dice Gesù, «tutto quello che chiederete a Dio nel mio nome Dio ve lo conceda. Facciamo una prova. Dio è sempre vicino alla porta del nostro cuore, aspetta che la apriamo, alle volte bussa al cuore ma non è invadente. La pazienza di Dio con noi è la pazienza di un papà e di una mamma e quando bussa lo fa con tenerezza e con tanto amore».
Papa Francesco nella Biblioteca del Palazzo Apostolico dedica l’udienza generale, senza fedeli e trasmessa in streaming, alla preghiera che, ricorda, «appartiene a tutti: agli uomini di ogni religione, e probabilmente anche a quelli che non ne professano alcuna». Il Pontefice ricorda la memoria liturgica della Madonna di Fatima e l'anniversario dell'attentato a Giovanni Paolo II del 13 maggio 1981. Il 18 maggio saranno anche i cento anni dalla nascita del Papa polacco, al quale Famiglia Cristiana ha dedicato uno speciale. «Lunedì prossimo», ha detto il Papa, «celebrerò la messa alle 7 davanti all'altare della tomba, e sarà trasmessa in mondovisione. Ringraziamo Dio per averci dato questo santo vescovo di Roma. Aiuti questa Chiesa di Roma a convertirsi e ad andare avanti».
Poi, nei saluti ai pellegrini di lingua portoghese e polacca, ha ricordato la memoria liturgica della Madonna di Fatima: «Torniamo col pensiero alle sue apparizioni», ha affermato, «e al suo messaggio trasmesso al mondo, come anche all'attentato a san Giovanni Paolo II, che nella salvezza della sua vita vedeva l'intervento materno di Vergine Santa. Nella nostra preghiera domandiamo a Dio, per intercessione del Cuore Immacolata di Maria, la pace per il mondo, la fine della pandemia, lo spirito di penitenza e la nostra conversione».
Francesco nella catechesi ricorda che «pregare in noi non è qualcosa di periferico, non è qualche nostra facoltà secondaria e marginale, ma è il mistero più intimo di noi stessi. Le emozioni pregano, ma non si può dire che la preghiera sia solo emozione. L’intelligenza prega, ma pregare non è solo un atto intellettuale. Il corpo prega, ma si può parlare con Dio anche nella più grave invalidità. È dunque tutto l’uomo che prega, se prega il suo “cuore”. La preghiera è uno slancio, è un’invocazione che va oltre noi stessi: qualcosa che nasce nell’intimo della nostra persona e si protende, perché avverte la nostalgia di un incontro. La preghiera è la voce di un “io” che brancola, che procede a tentoni, in cerca di un “Tu”».
Bergoglio però sottolinea la specificità della preghiera cristiana che, dice, «nasce invece da una rivelazione: il “Tu” non è rimasto avvolto nel mistero, ma è entrato in relazione con noi. Il cristianesimo è la religione che celebra continuamente la “manifestazione” di Dio, la sua epifania. Le prime feste dell’anno liturgico sono la celebrazione di questo Dio che non rimane nascosto, ma che offre la sua amicizia agli uomini. Dio rivela la sua gloria nella povertà di Betlemme, nella contemplazione dei Magi, nel battesimo al Giordano, nel prodigio delle nozze di Cana. Il Vangelo di Giovanni conclude con un’affermazione sintetica il grande inno del Prologo:”Dio nessuno l’ha mai visto: proprio il Figlio unigenito, che è nel seno del Padre, lui lo ha rivelato”».
«Il cristianesimo ha bandito dal legame con Dio ogni rapporto "feudale"»
Ma qual è la caratteristica della preghiera dei cristiani? Il fatto, risponde il Papa, di entrare «in relazione con il Dio dal volto tenerissimo, che non vuole incutere alcuna paura agli uomini. Se gli uomini erano da sempre abituati ad avvicinarsi a Dio un po’ intimiditi, un po’ spaventati da questo mistero affascinante e tremendo, se si erano abituati a venerarlo con un atteggiamento servile, simile a quello di un suddito che non vuole mancare di rispetto al suo signore, i cristiani si rivolgono invece a Lui osando chiamarlo in modo confidente con il nome di “Padre”. Il cristianesimo ha bandito dal legame con Dio ogni rapporto “feudale”. Nel patrimonio della nostra fede non sono presenti espressioni quali “sudditanza”, “schiavitù” o “vassallaggio”; bensì parole come “alleanza”, “amicizia”, “comunione”».
Dio, ricorda il Papa, «è l’amico, l’alleato, lo sposo. Nella preghiera si può stabilire un rapporto di confidenza con Lui, tant’è vero che nel “Padre nostro” Gesù ci ha insegnato a rivolgergli una serie di domande. A Dio possiamo chiedere tutto, spiegare tutto, raccontare tutto. Non importa se nella relazione con Dio ci sentiamo in difetto: non siamo bravi amici, non siamo figli riconoscenti, non siamo sposi fedeli. Egli continua a volerci bene. È ciò che Gesù dimostra definitivamente nell’Ultima Cena, quando dice: “Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue, che viene versato per voi” (Lc 22,20). In quel gesto Gesù anticipa nel cenacolo il mistero della Croce. Dio è alleato fedele: se gli uomini smettono di amare, Lui però continua a voler bene, anche se l’amore lo conduce al Calvario».
Francesco ha concluso invitandoci a «metterci nella preghiera tra le braccia misericordiose di Dio, a sentirci avvolti da quel mistero di felicità che è la vita trinitaria, a sentirci come degli invitati che non meritavano tanto onore. E a ripetere a Dio, nello stupore della preghiera: possibile che Tu conosci solo amore? Questo», ha detto, «è il nucleo incandescente di ogni preghiera cristiana. Il Dio di amore, il nostro Padre che ci aspetta e ci accompagna».
Al termine, papa Francesco ha ricordato l’appuntamento di domani con tutte le fedi a invocare la fine della pandemia: «La preghiera è il modo per comunicare e ascoltare Dio, e con questo spirito ho accolto l'invito dell'Alto Comitato per la Fratellanza Umana per dedicare la giornata del 14 maggio alla preghiera, al digiuno e alle opere di carità. Uniamoci come fratelli per chiedere al Signore di salvare il mondo dalla pandemia».