Mette in guardia dalle false consolazioni «che non vengono da Dio e ci lasciano vuoti» e auspica che i Mondiali di calcio in corso in Qatar possano essere «occasione di incontro e armonia tra le nazioni, favorendo la fraternità e la pace tra i popoli». Poi l’invito a non smettere di pregare per la pace «nel mondo e per la fine di tutti i conflitti, con un pensiero particolare per la terribile sofferenza del caro e martoriato popolo ucraino», il suo appello ricordando che «questo sabato ricorre l’anniversario del terribile genocidio di Holodomor, lo sterminio per la fame del 1932-33 causato artificialmente da Stalin. Preghiamo per le vittime di questo genocidio, e preghiamo per tanti ucraini – bambini, donne, anziani, giovani – che oggi soffrono il martirio dell’aggressione».
Papa Francesco nell'udienza generale in Piazza San Pietro ha proseguito la catechesi sul discernimento soffermandosi sul tema della consolazione che, se intesa in maniera scorretta, finisce per distruggere la vita spirituale nella quale, avverte, «avviene qualcosa di simile a quanto capita nelle produzioni umane: ci sono gli originali e ci sono le imitazioni. Se la consolazione autentica è come una goccia su una spugna, è soave e intima, le sue imitazioni sono più rumorose e appariscenti, sono puro entusiasmo, sono fuochi di paglia, senza consistenza, portano a ripiegarsi su sé stessi, e a non curarsi degli altri», mentre «la falsa consolazione alla fine ci lascia vuoti, lontani dal centro della nostra esistenza». E ha precisato a braccio: «Quando siamo felici siamo in grado di fare qualsiasi cosa: ma non confondere quella pace con un entusiasmo passeggero. Per questo si deve fare discernimento, anche quando ci si sente consolati», ha detto, «perché la falsa consolazione può diventare un pericolo, se la ricerchiamo come fine a sé stessa, in modo ossessivo, e dimenticandoci del Signore. Come direbbe San Bernardo, si cercano le consolazioni di Dio e non si cerca il Dio delle consolazioni. Noi dobbiamo cercare il Signore – ha detto il Papa ancora a braccio – e il Signore con la sua presenza ci consola, ci fa andare avanti, non dobbiamo essere interessati in questo. È la dinamica del bambino di cui parlavamo la volta scorsa, che cerca i genitori solo per avere da loro delle cose, ma non per loro stessi, per interesse. E quando la famiglia è divisa, i bambini hanno questa abitudine di cercare qui e cercare là: questo non fa bene, quello non è consolazione, è interesse», ha aggiunto il Pontefice, secondo il quale «anche noi corriamo il rischio di vivere la relazione con Dio in modo infantile, cercando il nostro interesse, cercando di ridurlo a un oggetto a nostro uso e consumo, smarrendo il dono più bello che è Lui stesso. Così andiamo avanti nella nostra vita, che va tra le consolazioni di Dio e le desolazioni del peccato e del mondo, ma sapendo distinguere quando è consolazione di Dio, che ti dà pace fino in fondo all’anima, dall’entusiasmo passeggero, che non è cattivo, ma non è la consolazione di Dio».
Bergoglio ha definito la consolazione una “luce dell’anima”: «è un altro elemento importante per il discernimento, e da non dare per scontato, perché può prestarsi a degli equivoci. La consolazione spirituale è un’esperienza di gioia interiore, che consente di vedere la presenza di Dio in tutte le cose; rafforza la fede e la speranza, e anche la capacità di fare il bene. La persona che vive la consolazione non si arrende di fronte alle difficoltà, perché sperimenta una pace più forte della prova», la descrizione di Francesco: «Si tratta dunque di un grande dono per la vita spirituale e per la vita nel suo insieme: vivere questa gioia interiore. La consolazione è un movimento intimo, che tocca il profondo di noi stessi. Non è mai qualcosa di stonato, che cerca di forzare la nostra volontà, non è neppure un’euforia passeggera: al contrario, come abbiamo visto, anche il dolore – ad esempio per i propri peccati – può diventare motivo di consolazione».
Come esempi, il Papa ha citato l’esperienza di Sant’Agostino, «quando parla con la madre Monica della bellezza della vita eterna» e la «perfetta letizia di San Francesco», ma anche quella dei «tanti santi e sante che hanno saputo fare grandi cose, non perché si ritenevano bravi e capaci, ma perché conquistati dalla dolcezza pacificante dell’amore di Dio. È la pace che notava in sé con stupore Sant’Ignazio quando leggeva le vite dei santi», ha proseguito Francesco: «Essere consolato e stare in pace con Dio, sentire come tutto è sistemato in pace, tutto è armonico». Poi la citazione di Edith Stein, riguardante la pace che provava dopo la conversione; un anno dopo aver ricevuto il battesimo: «Mentre mi abbandono a questo sentimento, a poco a poco una vita nuova comincia a colmarmi e – senza alcuna tensione della mia volontà – a spingermi verso nuove realizzazioni. Questo afflusso vitale sembra sgorgare da un’attività e da una forza che non è la mia e che, senza fare alla mia alcuna violenza, diventa attiva in me. È una pace genuina, una pace che fa germogliare i buoni sentimenti in noi», ha commentato il Papa a braccio. Poi, il Pontefice ha sottolineato che la consolazione «riguarda anzitutto la speranza, è protesa al futuro, mette in cammino, consente di prendere iniziative fino a quel momento sempre rimandate, o neppure immaginate, come il battesimo per Edith Stein. La consolazione è una pace tale non per rimanere lì seduti godendola», ha proseguito a braccio: «No, ti attira verso il Signore e ti mette in cammino per fare delle cose buone. Quando siamo consolati, ci viene da fare tanto bene, sempre, invece quando c’è la desolazione c’è la voglia di chiudersi in noi stessi e non fare nulla», ha detto Francesco ancora fuori testo: «La consolazione ti spinge avanti, al servizio della società, alle persone. La consolazione spirituale non è pilotabile, non è programmabile a piacere, è un dono dello Spirito Santo. Consente una familiarità con Dio che sembra annullare le distanze». Poi la citazione di Santa Teresa di Gesù Bambino, che visitando a quattordici anni, a Roma, la basilica di Santa Croce in Gerusalemme, cerca di toccare il chiodo lì venerato, uno di quelli con cui fu crocifisso Gesù. «È spontanea», il commento a braccio di Francesco: «La consolazione ti porta a fare tutto spontaneo, come se fossimo bambini, i bambini sono spontanei. Una ragazza di quattordici anni ci dà una descrizione splendida della consolazione spirituale: si avverte un senso di tenerezza verso Dio, che rende audaci nel desiderio di partecipare della sua stessa vita, di fare ciò che gli è gradito, perché ci sentiamo familiari con lui, sentiamo che la sua casa è la nostra casa, ci sentiamo accolti, amati, ristorati. Con questa consolazione non ci si arrende di fronte alle difficoltà», ha garantito il Papa: «Con la medesima audacia, Teresa chiederà al Papa il permesso di entrare al Carmelo, benché troppo giovane, e sarà esaudita. La consolazione ci fa audaci», ha spiegato Francesco ancora fuori testo: «Quando noi siamo nel tempo buio, nella desolazione, diciamo: “questo no, non sono capace di farlo”, ti butta giù la desolazione. Invece in tempo di consolazione, io vado avanti, lo faccio. E così la consolazione ti spinga ad andare avanti e a fare delle cose per cui, in tempo di desolazioni, non saresti capace neanche di fare il primo passo».
Il Papa ha cominciato l’udienza facendo salire a bordo della papamobile sei bambini, che si sono goduti il giro tra i settori della piazza delimitata dal colonnato del Bernini in una piazza San Pietro gremita di fedeli, grazie anche al sole che bacia la Capitale dopo le abbondanti piogge di ieri. Al termine del percorso, il Santo Padre si è congedato dai suoi piccoli ospiti, scesi uno per uno dalla jeep bianca scoperta, e ha continuato il tragitto a bordo fino alla sua postazione al centro del sagrato.
Al termine dell’udienza, nei saluti in varie lingue ai pellegrini, ha lanciato un appello per le scuole cattoliche. Salutando i rappresentanti delle Scuole Cattoliche Fidae, ha detto: «Auspico che venga riconosciuto ad ogni livello il loro rilevante ruolo educativo e sociale». Poi ha ricordato che «la prossima domenica segnerà l’inizio dell’Avvento, il periodo liturgico che precede e prepara la celebrazione del Santo Natale. Auguro a ciascuno di voi di aprire il cuore al Signore – mi raccomando, aprite i cuori al Signore! – per preparare la strada a Colui che viene a colmare con la luce della sua presenza ogni nostra umana debolezza».
Prima dei saluti, il Papa ha ricordato che «nelle scorse ore l’isola di Giava, in Indonesia, è stata colpita forte terremoto. Esprimo la mia vicinanza a quella cara popolazione e prego per i morti e per i feriti». Ha ricordato anche che «domenica scorsa, a Kalongo, in Uganda, è stato beatificato padre Giuseppe Ambrosoli, missionario, sacerdote e medico, nato nella diocesi di Como e morto in Uganda dopo aver speso la sua vita per i malati, nei quali vedeva il volto di Cristo», ha proseguito Francesco, auspicando che «la sua straordinaria testimonianza aiuti ciascuno di noi ad essere degno di una Chiesa in uscita».
Nei saluti in lingua portoghese, il Papa ha menzionato la Giornata mondiale della Gioventù, che «si è celebrata nelle diocesi, con il pensiero rivolto all’incontro dei giovani che si terrà a Lisbona nel prossimo anno. La gioia di ritrovarci e la volontà di essere insieme sono segni fondamentali per il mondo di oggi, straziato dagli scontri e dalle guerre», ha aggiunto. Rivolgendosi, inoltre, ai fedeli polacchi, ha detto loro: «Vi sono grato perché in questi giorni vi siete uniti con i cristiani perseguitati nel mondo partecipando all’iniziativa del RedWeek e pregando per loro in modo particolare nel santuario di Jasna Góra. La Madre di Dio conceda loro piena libertà e consolazione nella sofferenza».
Infine, un pensiero per la Giornata mondiale della pesca, che si è celebrata l’altro ieri: «Possa favorire la sostenibilità nella pesca e nell’acquacoltura, attraverso il rispetto dei diritti dei pescatori, che con il loro lavoro contribuiscono alla sicurezza alimentare e alla riduzione della povertà nel mondo».