Dal nostro inviato
in Turchia
È una Mercedes e non la piccola utilitaria che aveva chiesto, la
macchina che il presidente turco Erdogan ha messo a disposizione di papa
Francesco all’arrivo ad Ankara. «Motivi di sicurezza» ha spiegato il
politico che, a difesa di papa Francesco, ha schierato 5 mila poliziotti
compresi i cecchini su ogni angolo dei palazzi. La visita di papa
Francesco parte dal palazzo presidenziale di Ankara, contestato
dall’ordine degli architetti che, invano, hanno chiesto di spostare
l’incontro in un’altra sede.
Il Palazzo, una sorta di “Casa bianca” costruita su una collina un tempo
verde, è il simbolo del potere di Erdogan, già primo ministro, e della
sua volontà di transitare il Paese verso una repubblica presidenziale.
Ma non c’è stato spazio per queste polemiche nel primo incontro con papa
Francesco. Bergoglio, infatti, ha puntato tutto sul dialogo
cristiano-musulmano-ebraico e sulla necessità di una pace duratura per
la regione.
Il presidente Erdogan, nel saluto al Papa ha messo l'accento sul
terrorismo, ma anche sull'islamofobia che sta dilagando in Occidente: «Nei
Paesi occidentali sta crescendo l’intolleranza e le persone sono
giudicate in base alle religioni alla quale appartengono, a volte
mettono etichette come se fossero collegate con il terrorismo», ha detto
Erdogan. «Sta crescendo l’islamofobia e nel mondo occidentale c’è la tendenza a identificare la violenza con i musulmani
e questo ferisce milioni di musulmani. Ci sono milioni di musulmani che
si sentono abbandonati e possono diventare aperti a essere
strumentalizzati da questi gruppi terroristici. L'Isis e Al qaida sono
nati dopo tantissimi anni di politica sbagliata perché le persone che
sono trattate con ingiustizia, quelle masse che sono state abbandonate
sono diventate aperte a essere strumentalizzate da questi gruppi». Il presidente si scaglia anche contro i Boko Haram, ma insisteapure sul terrorismo di Stato in Siria e sui crimini di Assad. «Si dice che dopo non ci sarebbe nessuno da mettere al suo posto, ma questa non è una teoria scientifica», sottolinea citando anche il disinteresse internazionale per le migliaia e migliaia di morti di questi anni e anche per la situazione interna della Turchia con i gruppi del Pkk.
Ma
l'invito è quello a lavorare insieme e di insistere sull'accoglienza e
la lotta alla ingiustizia. «E' quello che faremo quando nel 2015
guideremo il G20», promette il presidente turco.
E intanto papa Francesco sottolinea che la pace ha bisogno, così come
sta facendo la Turchia, di accoglienza per i profughi, ma, più ancora,
di uno sforzo comune per trovare soluzioni durature contro i conflitti. Se è lecito fermare l’aggressore ingiusto, ha ribadito papa Francesco «non si può affidare la risoluzione del problema alla sola risposta militare. È
necessario un forte impegno comune, basato sulla fiducia reciproca, che
renda possibile una pace duratura e consenta di destinare finalmente le
risorse non agli armamenti, ma alle vere lotte degne dell’uomo: contro
la fame e le malattie, per lo sviluppo sostenibile e la salvaguardia del
creato, in soccorso di tante forme di povertà e marginalità che non
mancano nemmeno nel mondo moderno». Con l’occhio rivolto soprattutto,
ma non solo, all’Iraq e alla Siria papa Francesco ha spiegato che
«occorre portare avanti con pazienza l’impegno di costruire una pace
solida, fondata sul rispetto dei fondamentali diritti e doveri legati
alla dignità dell’uomo. Per questa strada si possono superare i
pregiudizi e i falsi timori e si lascia invece spazio alla stima,
all’incontro, allo sviluppo delle migliori energie a vantaggio di
tutti». Poco prima, nella sala Tower of National Pact, all’interno del
mausoleo di Ataturk, firmando il Libro d’oro, come si fa in queste
circostanze, papa Francesco aveva scritto: «Formulo i voti più sinceri
perché la Turchia, ponte naturale tra due Continenti, sia non soltanto
un crocevia di cammini, ma anche un luogo di incontro, di dialogo e di
convivenza serena tra gli uomini e donne di buona volontà di ogni
cultura, etnia e religione».
Papa Francesco con il presidente turco Tayyip Erdogan. Foto Reuters.
Ed è pensando alla funzione di cerniera tra Oriente e Occidente, a un
Paese sospeso tra Europa e Asia, tra religioni e culture diverse che
papa Francesco ha sottolineato che è fondamentale la libertà religiosa,
e che «i cittadini musulmani, ebrei e cristiani – tanto nelle
disposizioni di legge, quanto nella loro effettiva attuazione –, godano
dei medesimi diritti e rispettino i medesimi doveri. Essi in tal
modo più facilmente si riconosceranno come fratelli e compagni di
strada, allontanando sempre più le incomprensioni e favorendo la
collaborazione e l’intesa. La libertà religiosa e la libertà di
espressione, efficacemente garantite a tutti, stimoleranno il fiorire
dell’amicizia, diventando un eloquente segno di pace».
Una «fioritura», l’ha definita il Papa, che è attesa da troppo tempo
sia dall’Europa che dal Medio Oriente: «Il Medio Oriente, in
particolare, è da troppi anni teatro di guerre fratricide, che
sembrano nascere l’una dall’altra, come se l’unica risposta possibile
alla guerra e alla violenza dovesse essere sempre nuova guerra e altra
violenza». Ma non ci si può rassegnare a questo, «come se non fosse
possibile un cambiamento in meglio della situazione! Con l’aiuto di Dio,
possiamo e dobbiamo sempre rinnovare il coraggio della pace! Questo
atteggiamento conduce ad utilizzare con lealtà, pazienza e
determinazione tutti i mezzi della trattativa, e a raggiungere così
concreti obiettivi di pace e di sviluppo sostenibile».
Il Papa ha ringraziato la Turchia per l’accoglienza ai profughi
provenienti dai vicini Paesi in guerra, ma, ancora di più ha spronato a
cercare di risolvere i conflitti con l’aiuto delle religioni.
«Un contributo importante può venire dal dialogo interreligioso e
interculturale, così da bandire ogni forma di fondamentalismo e di terrorismo, che umilia gravemente la dignità di tutti gli uomini e strumentalizza la religione. Occorre contrapporre
al fanatismo e al fondamentalismo, alle fobie irrazionali che
incoraggiano incomprensioni e discriminazioni, la solidarietà di tutti i
credenti, che abbia come pilastri il rispetto della vita umana,
della libertà religiosa, che è libertà del culto e libertà di vivere
secondo l’etica religiosa, lo sforzo di garantire a tutti il necessario
per una vita dignitosa, e la cura dell’ambiente naturale. Di questo
hanno bisogno, con speciale urgenza, i popoli e gli Stati del Medio
Oriente, per poter finalmente “invertire la tendenza” e portare avanti con esito positivo un processo di pacificazione, mediante il ripudio della guerra e della violenza e il perseguimento del dialogo,del diritto, della giustizia».
Il Papa ha citato espressamente «la violenza terroristica che non accenna a placarsi» e
la «violazione delle più elementari leggi umanitarie nei confronti dei
prigionieri e di interi gruppi etnici». E ha voluto mettere in rilievo «le gravi persecuzioni ai danni di gruppi minoritari, specialmente - ma non solo -, i cristiani e gli yazidi: centinaia
di migliaia di persone sono state costrette ad abbandonare le loro case
e la loro patria per poter salvare la propria vita e rimanere fedeli al
proprio credo».
E ha concluso ricordando che «la Turchia, per la sua storia, in ragione della sua posizione geografica e a motivo dell'importanza che riveste nella regione, ha una grande responsabilità: le sue scelte e il suo esempio possiedono una speciale valenza e
possono essere di notevole aiuto nel favorire un incontro di civiltà e
nell'individuare vie praticabili di pace e autentico progresso».