Le ore passano, all’hotel Rigopiano i soccorritori continuano a lavorare giorno e notte nonostante il rischio valanghe e le condizioni pessime del tempo. Il pensiero del Papa all’Angelus è proprio per le vittime che non ce l’hanno fatta e per i tanti “angeli della neve” che a Farindola, sul Gran Sasso, stanno cercando di salvare più vite possibile senza arrendersi. «Sono vicino con la preghiera e con l’affetto alle famiglie che hanno avuto vittime tra i loro cari», ha detto il Papa. «Incoraggio quanti sono impegnati con grande generosità nelle opere di soccorso e di assistenza; come pure le Chiese locali, che si prodigano per alleviare le sofferenze e le difficoltà. Grazie tante per questa vicinanza, per il vostro lavoro e l’aiuto concreto che portate. Grazie! E vi invito a pregare insieme la Madonna per le vittime e anche per quelli che con grande generosità si impegnano nelle opere di soccorso».
Francesco ha invitato la piazza a pregare per i morti e le loro famiglie e ha rivolto un pensiero ai tanti «fratelli e sorelle» che «specialmente in Abruzzo, Marche e Lazio» sono stati toccati nuovamente dal sisma e dai disagi dovuti alle forti nevicate.
Poi, dopo la preghiera mariana, il Papa ha ricordato che nell’Estremo Oriente e in varie parti del mondo, milioni di uomini e donne si preparano a celebrare il capodanno lunare il 28 gennaio: «Il mio cordiale saluto», ha detto, «giunga a tutte le loro famiglie, con l’augurio che esse diventino sempre di più una scuola in cui si impara a rispettare l’altro, a comunicare e a prendersi cura gli uni degli altri in modo disinteressato. Possa la gioia dell’amore propagarsi all’interno delle famiglie e da esse irradiarsi in tutta la società». È una mano tesa alla Cina, sempre in cima ai pensieri e all’agenda di Bergoglio.
«La vera conversione non è cambiare abito ma abitudini»
La riflessione del Papa prende spunto dal Vangelo del giorno in cui Gesù comincia la sua predicazione pubblica a Cafarnao, in Galilea, una terra abitata, sottolinea Bergoglio, «in massima parte da pagani, geograficamente periferica» rispetto a Gerusalemme «e religiosamente impura« per »la mescolanza con quanti non appartenevano a Israele». Dalla Galilea «non si attendevano certo grandi cose per la storia della salvezza. Invece proprio da lì», dalla periferia, si diffonde "la luce di Cristo». Spiega il Papa: «Il messaggio di Gesù ricalca quello del Battista, annunciando il regno dei cieli. Questo regno non comporta l’instaurazione di un nuovo potere politico, ma il compimento dell’alleanza tra Dio e il suo popolo che inaugurerà una stagione di pace e di giustizia. Per stringere questo patto di alleanza con Dio, ognuno è chiamato a convertirsi, trasformando il proprio modo di pensare e di vivere. È importante questo: convertirsi non è soltanto cambiare il modo di vivere, ma anche il modo di pensare. È una trasformazione del pensiero. Non si tratta di cambiare gli abiti, ma le abitudini!»
Ciò che differenzia Gesù da Giovanni il Battista, osserva ancora il Papa, è lo stile e il metodo: «Gesù sceglie di essere un profeta itinerante. Non sta ad aspettare la gente, ma si muove incontro ad essa. Gesù è sempre per la strada! Le sue prime uscite missionarie avvengono lungo il lago di Galilea, a contatto con la folla, in particolare con i pescatori. Lì Gesù non solo proclama la venuta del regno di Dio, ma cerca i compagni da associare alla sua missione di salvezza».
Qui incontra due coppie di fratelli: Simone e Andrea, Giacomo e Giovanni. Sono pescatori, stanno lavorando. Gesù li invita a seguirlo: «La chiamata li raggiunge nel pieno della loro attività di ogni giorno: il Signore si rivela a noi non in modo straordinario o eclatante, ma nella quotidianità della nostra vita. Li dobbiamo trovare il Signore; e lì Lui si rivela, fa sentire il suo amore al nostro cuore; e lì – con questo dialogo con Lui nella quotidianità della vita – si cambia il nostro cuore. La risposta dei quattro pescatori è immediata e pronta: “Subito lasciarono le reti e lo seguirono”».
Se noi cristiani di oggi, conclude papa Francesco, abbiamo la gioia di proclamare e testimoniare la nostra fede è perché c’è stato quel primo annuncio, «perché», sottolinea, «ci sono stati quegli uomini umili e coraggiosi che hanno risposto generosamente alla chiamata di Gesù. Sulle rive del lago, in una terra impensabile, è nata la prima comunità dei discepoli di Cristo». E chiude con un auspicio: «La consapevolezza di questi inizi susciti in noi il desiderio di portare la parola, l’amore e la tenerezza di Gesù in ogni contesto, anche il più impervio e resistente. portare la Parola a tutte le periferie! Tutti gli spazi del vivere umano sono terreno in cui gettare la semente del Vangelo, affinché porti frutti di salvezza».