«È duro constatare che, nonostante la crescita economica che il vostro Paese ha avuto negli ultimi decenni, sono i giovani a soffrire di più e risentire maggiormente della disoccupazione che non solo provoca un futuro incerto, ma inoltre toglie ad essi la possibilità di sentirsi protagonisti della loro storia comune. Futuro incerto che li spinge fuori strada e li costringe a scrivere la loro vita tante volte ai margini, lasciandoli vulnerabili e quasi senza punti di riferimento davanti alle nuove forme di schiavitù di questo secolo XXI».
È il primo appuntamento di papa Francesco alle Isole Mauritius, terza e ultima tappa del suo viaggio in Africa orientale. Bergoglio, dopo l’atterraggio, arriva con la papamobile al Monumento di Maria Regina della Pace, a Port Louis, dove celebra la Messa nello stesso luogo di Giovanni Paolo II il 14 ottobre 1989. Inaugurato il 15 agosto 1940, il monumento fu costruito in ringraziamento per la preservazione del Paese durante il primo conflitto mondiale. Realizzato in forma di ascendenti terrazze verdi, intervallato da macchie di fiori di tutti i colori, domina la città. Sulla sommità è collocato un altare con la statua della Madonna in marmo di Carrara, alta tre metri. Particolarmente vasta l'area del parco, che può contenere circa 80 mila persone anche se ce ne sono quasi centomila arrivate «su questo monte», dice il Papa, «da cui si vede la città e più in là il mare, ci troviamo a far parte di quella moltitudine di volti che sono venuti da Mauritius e da altre isole di questa regione dell’Oceano Indiano per ascoltare Gesù che annuncia le Beatitudini».
La folla agita rami di palma in segno di accoglienza. Sull’altare le spoglie del beato Jacques-Désiré Laval, che nel 1800 si dedicò all’evangelizzazione degli indigeni dell’arcipelago appena liberati dalla schiavitù: «L’amore per Cristo e per i poveri segnò la sua vita in modo tale da proteggerlo dall’illusione di compiere un’evangelizzazione “distante e asettica”», le parole del Papa, «sapeva che evangelizzare comporta farsi tutto a tutti: imparò la lingua degli schiavi appena liberati e annunciò loro in maniera semplice la Buona Notizia della salvezza. Ha saputo radunare i fedeli e li ha formati ad intraprendere la missione e creare piccole comunità cristiane in quartieri, città e villaggi vicini, piccole comunità molte delle quali sono all’origine delle attuali parrocchie. Era sollecito nel dare fiducia ai più poveri e agli scartati, in modo che fossero i primi a organizzarsi e trovare risposte alle loro sofferenze».
Lo slancio missionario ha un volto giovane e capace di ringiovanire.
Le disuguaglianze sociali, numerose in uno degli Stati con il più alto tasso di sviluppo del continente africano, con una crescita media di oltre il 5% annuo tra il 1977 e il 2009, e lo slancio missionario. La riflessione di Bergoglio si articola attorno a questi due aspetti: «Lo slancio missionario di padre Laval», nota, «dev’essere conservato, perché può darsi che, come Chiesa di Cristo, cadiamo nella tentazione di perdere l’entusiasmo evangelizzatore rifugiandoci in sicurezze mondane che, a poco a poco, non solo condizionano la missione ma la rendono pesante e incapace di attirare la gente. Lo slancio missionario ha un volto giovane e capace di ringiovanire. Sono proprio i giovani che, con la loro vitalità e dedizione, possono apportare ad esso la bellezza e la freschezza tipica della giovinezza, quando provocano la comunità cristiana a rinnovarsi e ci invitano a partire verso nuovi orizzonti».
Francesco ricorda che «Loro, i nostri giovani, sono la prima missione» perché «dobbiamo invitarli a trovare la loro felicità in Gesù, non in maniera asettica o a distanza, ma imparando a dare loro un posto, conoscendo il loro linguaggio, ascoltando le loro storie, vivendo al loro fianco, facendo loro sentire che sono benedetti da Dio. Non lasciamoci rubare il volto giovane della Chiesa e della società! Non permettiamo ai mercanti di morte di rubare le primizie di questa terra! I nostri giovani e quanti come loro sentono di non avere voce perché sono immersi nella precarietà, Padre Laval li inviterebbe a far risuonare l’annuncio di Isaia: “Prorompete insieme in canti di gioia, rovine di Gerusalemme, perché il Signore ha consolato il suo popolo, ha riscattato Gerusalemme”».
Per annunciare e vivere il Vangelo, aggiunge Francesco, «non possiamo aspettare che tutto intorno a noi sia favorevole, perché spesso le ambizioni del potere e gli interessi mondani giocano contro di noi». Cita l’enciclica Centesimus annus Giovanni Paolo II «che ha affermato che “è alienata la società che, nelle sue forme di organizzazione sociale, di produzione e di consumo, rende più difficile la realizzazione [del] dono [di sé] e il costituirsi [della] solidarietà interumana”» e ricorda che «in una società così diventa difficile vivere le Beatitudini; può persino diventare qualcosa di malvisto, sospettato, ridicolizzato. È vero, ma non possiamo lasciarci vincere dallo scoraggiamento».
La visita alla tomba del beato padre Laval
Il Pontefice esorta a puntare sulla gioia come modalità privilegiata per vivere la fede: «Quando sentiamo il minaccioso pronostico “siamo sempre di meno”, dovremmo prima di tutto preoccuparci non della diminuzione di questa o quella forma di consacrazione nella Chiesa, ma piuttosto della carenza di uomini e donne che vogliono vivere la felicità facendo percorsi di santità, uomini e donne che facciano ardere il loro cuore con l’annuncio più bello e liberatore».
Al termine della celebrazione, i saluti del vescovo di Port Louis, il cardinale Maurice Piat, che ricorda l’impegno del Pontefice per pace, giustizia sociale e protezione della casa comune, fatto proprio dalla popolazione di Mauritius e delle altre isole dell’Oceano Indiano: a darne testimonianza, l’invito della Commissione diocesana “Giustizia e Pace” a piantare centomila piante sul territorio come simbolo di “un’ecologia integrale”. Quindi il dono al Papa di una maglia della squadra di calcio da lui tifata a Buenos Aires, il San Lorenzo de Almagro, col numero 9 e la scritta “Francisco”, assieme a un cappello appositamente forgiato sull'isola di Rodrigues e indossato dai sacerdoti durante la celebrazione.
Il Papa, dopo aver ringraziato i fedeli, ha rivolto un pensiero particolare ai detenuti impegnati in un progetto della cappellania carceraria locale, dedicato al significato della vita e alla forza che viene dalla fede cristiana: «Saluto i carcerati che hanno seguito il percorso “Alpha” in prigione e che mi hanno scritto; indirizzo a loro i miei cordiali saluti e la mia benedizione».
Dopo il pranzo in Episcopio con i cinque vescovi della Cedoi (Conferenza episcopale dell'Oceano Indiano), Bergoglio si è recato in visita privata, alla periferia di Port Louis, al Santuario di padre Laval, il primo beato che fu voluto da papa Giovanni Paolo II e da lui beatificato il 29 aprile 1979. Nella visita al Santuario, si è fermato in preghiera sulla tomba del beato e ha deposto dei fiori. All'uscita ha salutato dodici ammalati e venti familiari dei tossicodipendenti accolti presso la «Casa A», un centro di accoglienza gestito da un diacono permanente e dalla moglie