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mercoledì 30 aprile 2025
 
il papa
 

«Non basta criticare. I cristiani devono sporcarsi le mani in politica e nella società»

13/09/2023  Francesco all’udienza generale richiama l’esempio del "medico dei poveri", il beato venezuelano José Gregorio Hernandez Cisneros: «Egli ci stimola all’impegno dinanzi alle grandi questioni sociali, economiche e politiche di oggi. Tanti ne parlano, tanti ne sparlano, tanti criticano e dicono che va tutto male. Ma il cristiano è chiamato a sporcarsi le mani. Anche questo è zelo apostolico, è annuncio del Vangelo, è beatitudine cristiana»

«Il cristiano è chiamato a sporcarsi le mani: anzitutto, come ci ha detto San Paolo, a pregare, e poi a impegnarsi non in chiacchiere – il chiacchiericcio è una peste – ma a promuovere il bene, a costruire la pace e la giustizia nella verità».

Papa Francesco prende spunto dalla figura del beato José Gregorio Hernández Cisneros, laico venezuelano, al quale è dedicata la catechesi dell’udienza generale, per invitare i cristiani all’impegno sociale e politico. «Io, davanti a Gesù presente nei poveri vicino a me, di fronte a chi soffre nel mondo? Cosa faccio?», ha chiesto ai fedeli presenti in piazza San Pietro: «Faccio qualcosa o resto spettatore? Il beato José Gregorio ci stimola anche all’impegno dinanzi alle grandi questioni sociali, economiche e politiche di oggi. Tanti ne parlano, tanti ne sparlano, tanti criticano e dicono che va tutto male. Ma il cristiano è chiamato a sporcarsi le mani. Anche questo è zelo apostolico, è annuncio del Vangelo, è beatitudine cristiana», ha raccomandato Francesco.

Cisneros, chiamato dalla gente il “medico dei poveri”, è stato indicato in diverse occasioni dal Pontefice come modello di virtù civiche e religiose e che due anni fa lo ha dichiarato compatrono del Ciclo di Studi in Scienze della Pace nella Pontificia Università Lateranense. Il Papa offre ai fedeli un ritratto a tutto tondo di quest’uomo che già in vita la gente chiamava “santo del popolo”, “apostolo della carità”, “missionario della speranza”.

«Bei nomi, eh?», dice Francesco che sottolinea lo zelo di quest’uomo che morì investito da un’auto mentre era in strada per portare una medicina. Tutto era frutto della fede, quella che lo stesso beato raccontava di aver appreso «fin dalla culla» grazie alla madre. Il Papa ricorda questo particolare e a braccio aggiunge: «Sono le mamme a trasmettere la fede. La fede si trasmette “in dialetto”, cioè col linguaggio delle mamme, quel dialetto che le mamme sanno parlare con i figli. E voi mamme state attente a trasmettere la fede in quel dialetto materno» spiegando che «la carità fu la stella polare che orientò l’esistenza del beato José Gregorio: persona buona e solare, dal carattere lieto, era dotato di una spiccata intelligenza; divenne medico, professore universitario e scienziato. Ma fu anzitutto un dottore vicino ai più deboli, tanto da essere conosciuto in patria come il medico dei poveri: accudiva i poveri sempre. Alla ricchezza del denaro preferì quella del Vangelo, spendendo l’esistenza per soccorrere i bisognosi. Nei poveri, negli ammalati, nei migranti, nei sofferenti, José Gregorio vedeva Gesù. E il successo che mai ricercò nel mondo lo ricevette, e continua a riceverlo, dalla gente, che lo chiama santo del popolo, apostolo della carità, missionario della speranza».

«Beati gli operatori di pace. Andiamo avanti sulla strada del beato Gregorio, un laico, un medico, un uomo di lavoro quotidiano che lo zelo apostolico ha spinto a vivere facendo la carità durante tutta la vita. A contatto con Gesù, che si offre sull’altare per tutti, José Gregorio si sentì chiamato a offrire la sua vita per la pace, durante il primo conflitto mondiale», ha raccontato il Papa ripercorrendo la biografia del beato venezuelano: «Gregorio ha saputo che è stato firmato il trattato che pone termine alla guerra. La sua offerta è stata accolta, ed è come se lui presagisca che il suo compito in terra sia terminato. Quella mattina, come al solito, era stato a Messa e ora scende in strada per portare una medicina a un malato. Ma, mentre attraversa la strada, viene investito da un veicolo; portato in ospedale, muore pronunciando il nome della Madonna. Il suo cammino terreno si conclude così, su una strada mentre compie un’opera di misericordia, e in un ospedale, dove aveva fatto del suo lavoro un capolavoro come medico».

Bergoglio sottolinea che «lo zelo apostolico non segue le proprie aspirazioni, ma la disponibilità ai disegni di Dio». Il riferimento è ancora al beato JCisneros, il quale, ricorda il Papa, «comprese che, attraverso la cura dei malati, avrebbe messo in pratica la volontà di Dio, soccorrendo i sofferenti, dando speranza ai poveri, testimoniando la fede non a parole ma con l’esempio. Arrivò così, su questa strada interiore, ad accogliere la medicina come un sacerdozio: il sacerdozio del dolore umano».

José Gregorio «era un uomo umile, gentile e disponibile», il ritratto del Papa: «E al tempo stesso era mosso da un fuoco interiore, dal desiderio di vivere al servizio di Dio e del prossimo. Spinto da questo ardore, diverse volte provò a diventare religioso e sacerdote, ma vari problemi di salute glielo impedirono. La fragilità fisica non lo portò però a chiudersi in sé stesso, ma a diventare un medico ancora più sensibile alle necessità altrui; si strinse alla Provvidenza e, forgiato nell’animo, andò maggiormente all’essenziale». La certezza di fondo del beato era “la grazia di Dio”. Lui per primo “si sentiva bisognoso di grazia”. Scrisse infatti: “Se nel mondo ci sono buoni e cattivi, i cattivi ci sono perché loro stessi son diventati cattivi: ma i buoni sono tali con l’aiuto di Dio”. La sua “forza” era invece la preghiera, “l’intimità con Dio”.

Da questo contatto con Gesù, ha sottolineato il Papa, «si sentì chiamato a offrire la sua vita per la pace», minata all’epoca dal divampare del primo conflitto mondiale. Quando il 29 giugno 1919, un amico gli fece visita, lo trovò infatti molto felice: José Gregorio aveva saputo che era stato firmato il trattato per la fine della guerra. «La sua offerta è stata accolta, ed è come se lui presagisca che il suo compito in terra sia terminato».

Prima dell’udienza, Francesco ha fatto salire sulla papamobile quattro bambini che hanno fatto con lui il giro della piazza per salutare i fedeli.

Al termine della catechesi, nel saluto in varie lingue ai pellegrini, il pensiero del Papa è andato ai drammi di questi giorni: «Il mio pensiero va alle popolazioni della Libia, duramente colpite da violenti piogge che hanno provocato allagamenti e inondazioni, causando numerosi morti e feriti come anche ingenti danni», ha detto salutando i fedeli di lingua italiana. «Vi invito ad unirvi alla mia preghiera per quanti hanno perso la vita, per i loro familiari e per gli sfollati», ha proseguito Francesco: «Non manchi la nostra solidarietà verso questi fratelli e sorelle così provati per questa calamità. Il mio pensiero va anche al nobile popolo marocchino che ha sofferto questi terremoti», l’altro appello del Papa: «Preghiamo per il Marocco, preghiamo per gli abitanti: che il Signore gli dia forza di riprendersi dopo questo terribile agguato che ha passato». Poi, l’appello per la pace: «Continuiamo a pregare per la pace nel mondo, specialmente nella martoriata Ucraina, le cui sofferenze sono sempre presenti alla nostra mente e al nostro cuore».

Infine, nel saluto ai pellegrini polacchi, il Papa ha salutato l’arcivescovo Adam Szal, che «con una delegazione ha portato a Roma le reliquie dei nuovi martiri beati: Giuseppe e Wiktoria Ulma e i loro sette figli. Possa questa famiglia di beati essere per voi e per le famiglie polacche un modello di devozione al Sacro Cuore di Gesù, la cui immagine, che oggi benedirò, porterete in pellegrinaggio nella vostra arcidiocesi», l’augurio di Francesco.

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