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sabato 12 ottobre 2024
 
il papa
 

«Basta saccheggiare l’Africa, non è una miniera da sfruttare»

20/09/2023  Francesco dedica l’udienza generale al missionario San Daniele Comboni e ricorda: «Nel continente tanto amato dal Santo, oggi dilaniato da molti conflitti, dopo quello politico, si è scatenato un colonialismo economico, altrettanto schiavizzante. È un dramma davanti al quale il mondo economicamente più progredito chiude spesso gli occhi, le orecchie e la bocca». E prega per il Caucaso: «Tacciano le armi nel Nagorno Karabakh, si faccia ogni sforzo per la pace»

«Nell’Africa tanto amata da San Daniele Comboni, oggi dilaniata da molti conflitti, dopo quello politico, si è scatenato (…) un colonialismo economico, altrettanto schiavizzante (…). È un dramma davanti al quale il mondo economicamente più progredito chiude spesso gli occhi, le orecchie e la bocca».

È dedicata alla figura di San Daniele Comboni, missionario e fondatore dei Comboniani, la catechesi di papa Francesco che prosegue il ciclo sullo zelo apostolico soffermandosi sulla figura di un grande evangelizzatore e missionario che ha speso tutta la sua vita nel continente africano. Sul suo esempio, Francesco ha rinnovato il suo appello, già pronunciato durante l’incontro con le autorità, a Kinshasa, il 31 gennaio 2023: «Basta soffocare l’Africa: non è una miniera da sfruttare o un suolo da saccheggiare».

Bergoglio definisce Comboni “Un apostolo pieno di zelo per l’Africa” e passa in rassegna i mali, antichi e attuali, di un grande Continente spesso saccheggiato dall’Occidente. Francesco si rifà al motto del Santo: “Salvare l’Africa con l’Africa”. «È un’intuizione potente, che contribuì a rinnovare l’impegno missionario: le persone evangelizzate non erano solo ‘oggetti’, ma ‘soggetti’ della missione», afferma, «San Daniele desiderava rendere tutti i cristiani protagonisti dell’azione evangelizzatrice. Con quest’animo pensò e agì in modo integrale, coinvolgendo il clero locale e promuovendo il servizio laicale dei catechisti. I catechisti sono un tesoro della Chiesa, vanno avanti nell’evangelizzazione», ha aggiunto parlando a braccio. Tornando all’impegno di Comboni per l’Africa, il Papa ha sottolineato che «concepì così anche lo sviluppo umano, curando le arti e le professioni, favorendo il ruolo della famiglia e della donna nella trasformazione della cultura e della società. Quanto è importante, anche oggi, far progredire la fede e lo sviluppo umano dall’interno dei contesti di missione, anziché trapiantarvi modelli esterni o limitarsi a uno sterile assistenzialismo! Prendere dalla cultura dei popoli la strada per fare l’evangelizzazione. Evangelizzare la cultura e inculturare il Vangelo. Vanno insieme!».

Dalle parole del Papa emerge una consapevolezza rilevante: «La grande passione missionaria di Comboni, tuttavia, non è stata principalmente frutto di impegno umano: egli non fu spinto dal suo coraggio o motivato solo da valori importanti, come la libertà, la giustizia e la pace; il suo zelo è nato dalla gioia del Vangelo, attingeva all’amore di Cristo e portava all’amore per Cristo!». Quindi, la condanna del clericalismo, che rende «soggetti dal collo storto pieni di egoismo e di se stessi» e definisce una «peste».

Il Pontefice ha citato parole di Comboni, che scrisse: «Una missione così ardua e laboriosa come la nostra non può vivere di patina, di soggetti dal collo storto pieni di egoismo e di sé stessi, che non curano come si deve la salute e conversione delle anime. Questo è il dramma del clericalismo - ha commentato a braccio, che porta anche i laici a clericalizzarsi. Questa è la peste del clericalismo».

Infine, la fonte della capacità missionaria che, per Comboni, è la carità, in particolare «lo zelo nel fare proprie le sofferenze altrui, nel sentirle sulla propria pelle e nel saperle alleviarle, come buoni cirenei dell’umanità. La sua passione evangelizzatrice, inoltre, non lo portò mai ad agire da solista, ma sempre in comunione, nella Chiesa». Con un monito: “«Non dimenticate mai i crocifissi della storia e i poveri».

Il Pontefice ricorda che «la schiavitù “cosifica” l’uomo, il cui valore si riduce all’essere utile a qualcuno o a qualcosa», riferendosi al contesto in cui viveva il santo, «ma Gesù, Dio fatto uomo, ha elevato la dignità di ogni essere umano e ha smascherato la falsità della schiavitù». E del male della schiavitù Comboni «prese consapevolezza. Capì, inoltre, che la schiavitù sociale si radica in una schiavitù più profonda, quella del cuore, quella del peccato, dalla quale il Signore ci libera. Da cristiani, dunque, siamo chiamati a combattere contro ogni forma di schiavitù». Nelle parole del Papa la consapevolezza che «purtroppo, però, la schiavitù, così come il colonialismo, non è un ricordo del passato».

Secondo il Papa, «San Daniele Comboni desiderava rendere tutti i cristiani protagonisti dell'azione evangelizzatrice. Con quest'animo pensò e agì in modo integrale, coinvolgendo il clero locale e promuovendo il servizio laicale dei catechisti. Concepì così anche lo sviluppo umano, curando le arti e le professioni, favorendo il ruolo della famiglia e della donna nella trasformazione della cultura e della società». E ha concluso con un appello: «A voi dico: non dimenticate i poveri, perché saranno loro ad aprirvi la porta del Cielo», ha detto al termine della sua catechesi, «il sogno di Comboni è una Chiesa che fa causa comune con i “crocifissi della storia”, per sperimentare con loro la risurrezione. Io in questo momento vi faccio un suggerimento: pensate ai “crocifissi della storia” di oggi, uomini, donne, bambini, vecchi, tutti coloro che sono crocifissi di storie di ingiustizia ed emarginazione. Pensiamo a loro e preghiamo. La sua testimonianza sembra ripetere a tutti noi, uomini e donne di Chiesa: “Non dimenticate i poveri, amateli, perché in loro è presente Gesù crocifisso, in attesa di risorgere”».

Al termine dell’udienza, il Papa ha invitato a pregare per la pace: «Restiamo uniti nella vicinanza e nella preghiera per la cara e martoriata Ucraina».

Poi Francesco ha lanciato un appello perché tacciano le armi e si trovino soluzioni pacifiche nel Nagorno Karabakh: «Ieri mi sono giunte notizie preoccupanti dal Nagorno Karabakh, nel Caucaso meridionale, dove la già critica situazione umanitaria è ora aggravata da ulteriori scontri armati. Rivolgo il mio appello ancora a tutte le parti in causa e alla comunità internazionale affinché - ha rimarcato Francesco - tacciano le armi e si compia ogni sforzo per trovare soluzioni pacifiche per il bene delle persone e il rispetto della dignità umana». L’Azerbaijan ha iniziato un’operazione militare nel Caucaso meridionale martedì. Il ministero della Difesa azero ha annunciato l’operazione militare definendola un’azione "antiterrorismo" contro gli attacchi continui delle forze armene e dopo che negli scorsi giorni alcuni civili e poliziotti azeri erano morti a causa dell’esplosione di una mina. Secondo diversi media, l’esercito azero ha già bombardato Stepanakert, la principale città del Caucaso meridionale sotto il controllo dell’Armenia, e altre posizioni armene. Le autorità armene hanno parlato di due vittime civili, fra cui un bambino, e 23 feriti, mentre quelle azere hanno segnalato la morte di un cittadino a Shusha, un’importante città della regione, in seguito a un attacco di artiglieria.

 
 
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