Città del Vaticano, 9 maggio 2019. Un momento dell'udienza che il Papa ha concesso stamane a circa 500 tra Rom e Sinti. Foto: Servizio fotografico Santa Sede/Osservatore Romano
«Cittadino di seconda classe è chi scarta gli altri». In un momento particolarmente difficile per i rom e sinti, con gli avvenimenti che si stanno verificando a Roma dove si sono registrate proteste per l’assegnazione di una casa popolare ad una famiglia che attendeva da 15 anni, questa mattina papa Francesco ha ricevuto in Vaticano, nella Sala Regia, per un incontro di preghiera, 500 rappresentanti del mondo rom e sinto promosso dalla Fondazione Migrantes. E oggi pomeriggio, come ha confermato al Sir il vescovo ausiliare di Roma per il settore Est, mons. Gianpiero Palmieri, la famiglia rom al centro degli scontri a Casal Bruciato parteciperà all’incontro della diocesi di Roma con Papa Francesco, a San Giovanni in Laterano. «Verranno stasera solo i due genitori – precisa mons. Palmieri - accompagnati dall’assistente sociale. I bambini rimarranno dagli zii. Il Papa avrà sicuramente modo di parlare con loro personalmente». «Sono molto impauriti”: «questi due genitori sono coraggiosi” ma hanno sentito tutto le frasi che hanno sentito contro di loro. Hanno paura, vogliono andar via. Per loro stare in quella casa, dopo 15 anni di campo, era l’inizio di un riscatto».
Il Papa, questa mattina, appena arrivato nella Sala Regia ha salutato i bambini presenti. E’ rimasto molto colpito dalla testimonianze che hanno aperto l’incontro e nel suo discorso a braccio ha detto che è «vero: ci sono cittadini di seconda classe ma i veri cittadini di seconda classe sono quelli che scartano la gente, quelli che vivono con la scopa in mano buttando gli altri». Il Papa ha detto, poi, di pregare per il popolo rom e sinto e di essere loro «vicino, e quando leggo sul giornale una cosa brutta, vi dico la verità , soffro» «Oggi ho letto una cosa brutta sul giornale: questa non è civiltà , l’amore è la civiltà». «Andate avanti con l’amore», ha aggiunto Francesco sottolineando che “la vera strada è quella della fratellanza con la porta aperta. E tutti dobbiamo collaborare», allargando il cuore e senza rancore perché «il rancore ammala il cuore, la testa, la famiglia e porta alla vendetta. Ma la vendetta – ha continuato – non l’avete inventata voi. In Italia ci sono organizzazioni che sono maestre di vendetta».
«Questi fratelli non sono diversi ma unici». Il diverso «è altro, non lo prendi neppure in considerazione. Direi che questi nostri fratelli sono unici, e l’unicità è dono ed è
ricchezza«, ha detto il card. Gualtiero Bassetti, presidente della Cei, salutando il Papa, esprimendo il ringraziamento della Fondazione Migrantes e della Chiesa Italiana per «averci accolto come un Padre in questa casa che sentiamo anche nostra». Il porporato ha quindi ricordato le parole di un rom con cui «avevo fatto amicizia» 30 anni fa «quando ero a Firenze: ‘vede padre’, diceva ‘le vere distanze non sono quelle chilometriche, perché oggi a raggiungere tutti i paesi della terra si fa presto, ma le vere distanze oggi sono quelle fra la testa e il cuore’. Padre santo, ci aiuti stamani ad avvicinare queste distanze».
«Siamo chiamati a sottolineare la nostra unicità piuttosto che la diversità», ha detto portando la sua testimonianza, don Cristian Di Silvio, un sacerdote della diocesi di Sora-Cassino-Aquino-Pontecorvo di origine rom e che oggi svolge il suo ministero come vice parroco nelle Chiese di Roccasecca e Colle san Magno. Una storia – ha detto “ordinaria» ma «resa straordinaria dal fatto che Dio mi ha scelto da un popolo che vive una condizione culturale differente dagli stereotipi con cui siamo abituati a relazionarci…Si, sono un prete rom! Uno zingaro che diventa prete fa sempre notizia, un diverso, uno particolare». Ma «ognuno di noi è dono, ognuno di noi è ricchezza, se abbiamo come modello Gesù Cristo» . «Sogniamo – hanno detto Dzemila, Miriana e Negiba – per l’Italia un risveglio di umanità. Un’Italia che abbracci le differenze e le culture che lo compongono. Un’Italia che recuperi il valore della speranza. La stessa speranza – hanno aggiunto – che oggi giorno leggiamo negli occhi dei nostri figli e che le sue parole, Santità, ci hanno sempre insegnato in questi anni e che ci aiutano a credere in un paese più umano, più giusto, più solidale.
Città del Vaticano, 9 maggio 2019. Un momento dell'udienza che il Papa ha concesso stamane a circa 500 tra Rom e Sinti. Foto: Servizio fotografico Santa Sede/Osservatore Romano
«Voi scoprite di non essere fuori, ma dentro un’altra società; una società visibile, ma spirituale; umana, ma religiosa; questa società, voi lo sapete, si chiama la Chiesa. Voi oggi, come forse non mai, scoprite la Chiesa. Voi nella Chiesa non siete ai margini, ma, sotto certi aspetti, voi siete al centro, voi siete nel cuore», aveva detto loro papa Paolo VI nel 1965 incontrando il popolo gitano a Pomezia sottolineando che essi non sono fuori dalla Chiesa ma sono «nel cuore» di essa. Nel 2011 papa Benedetto XVI li accoglieva, come avvenuto oggi, in Vaticano per una udienza particolare. «Lungo i secoli – ha detto loro - avete conosciuto il sapore amaro della non accoglienza e, talvolta, della persecuzione. E poi ancora Francesco il 26 ottobre del 2015, incontrando i partecipanti al pellegrinaggio del popolo gitano, sottolineando che ogni persona ha diritto ad una vita dignitosa, ad “un lavoro dignitoso, all’istruzione e all’assistenza sanitaria».
All’incontro di questa mattia, promosso dalla Fondazione Migrantes, erano presenti, fra gli altri, oltre al card. Bassetti, il presidente della Commissione Cei per le migrazioni e della Fondazione Migrantes mons. Guerino Di Tora e il neo arcivescovo di Siena-Val d’Elsa-Montalcino e segretario della Commissione Cei per le migrazioni mons. Paolo Lojudice. L’incontro di questa mattina proseguirà oggi pomeriggio, con un momento di festa e testimonianza al santuario del Divino amore dove si trova l’unica chiesa a cielo aperto intitolata al beato Zeffirino Giménez Malla, detto “El Pelé”, il primo martire gitano beatificato per volontà di Papa Giovanni Paolo II il 4 maggio del 1997. Altra beata gitana è Emilia Fernandez Rodriguez dichiarata beata il 25 marzo 2017, unica donna di etnia rom elevata all’onore degli altari.