Cita Anna Magnani e critica chi coltiva «il mito dell'eterna giovinezza come l'ossessione, disperata, di una carne incorruttibile. Tanti trucchi, tanti interventi chirurgici» e ricorda che «tecnica si lascia attrarre da questo mito dell’eterna giovinezza in tutti i modi: in attesa di sconfiggere la morte, possiamo tenere in vita il corpo con la medicina e la cosmesi, che rallentano, nascondono, rimuovono la vecchiaia».
Papa Francesco all’udienza generale prosegue il ciclo di catechesi dedicato alla vecchiaia e prende spunto dall’episodio evangelico di Nicodemo che andò a trovare Gesù di notte per conoscerlo. «Gesù», spiega Francesco, «gli dice che per “vedere il regno di Dio” bisogna “nascere dall’alto”. Non si tratta di ricominciare daccapo a nascere, di ripetere la nostra venuta al mondo, sperando che una nuova reincarnazione riapra la nostra possibilità di una vita migliore. Questa ripetizione è priva di senso. Anzi, essa svuoterebbe di ogni significato la vita vissuta, cancellandola come fosse un esperimento fallito, un valore scaduto, un vuoto a perdere. No, non è questo, questo nascere di nuovo del quale parla Gesù: è un’altra cosa. Questa vita è preziosa agli occhi di Dio: ci identifica come creature amate da Lui con tenerezza. La “nascita dall’alto”, che ci consente di “entrare” nel regno di Dio, è una generazione nello Spirito, un passaggio tra le acque verso la terra promessa di una creazione riconciliata con l’amore di Dio. È una rinascita dall’alto, con la grazia di Dio. Non è un rinascere fisicamente un’altra volta».
Il Papa però ricorda che Nicodemo «fraintende questa nascita, e chiama in causa la vecchiaia come evidenza della sua impossibilità: l’essere umano invecchia inevitabilmente, il sogno di una eterna giovinezza si allontana definitivamente, la consumazione è l’approdo di qualsiasi nascita nel tempo. Come può immaginarsi un destino che ha forma di nascita? Nicodemo pensa così e non trova il modo di capire le parole di Gesù. Questa rinascita, cos’è?». Per il Pontefice «l’obiezione di Nicodemo è molto istruttiva per noi. Possiamo infatti rovesciarla, alla luce della parola di Gesù, nella scoperta di una missione propria della vecchiaia. Infatti, essere vecchi non solo non è un ostacolo alla nascita dall’alto di cui parla Gesù, ma diventa il tempo opportuno per illuminarla, sciogliendola dall’equivoco di una speranza perduta».
Francesco sottolinea che «la nostra epoca e la nostra cultura, che mostrano una preoccupante tendenza a considerare la nascita di un figlio come una semplice questione di produzione e di riproduzione biologica dell’essere umano, coltivano poi il mito dell’eterna giovinezza come l’ossessione – disperata – di una carne incorruttibile. Perché la vecchiaia è – in molti modi – disprezzata. Perché porta l’evidenza inconfutabile del congedo di questo mito, che vorrebbe farci ritornare nel grembo della madre, per ritornare sempre giovani nel corpo».
La vita nella carne mortale è una bellissima incompiuta
Il Papa distingue tra il «benessere» e «l’alimentazione del mito» e ammette «che la confusione tra i due aspetti ci sta creando una certa confusione mentale. Confondere il benessere con l’alimentazione del mito dell’eterna giovinezza». Bergoglio stigmatizza chi fa «tanto per riavere sempre questa giovinezza: tanti trucchi, tanti interventi chirurgici per apparire giovani. Mi vengono in mente le parole di una saggia attrice italiana, la Magnani, quando le hanno detto che dovevano toglierle le rughe, e lei disse: “No, non toccarle! Tanti anni ci sono voluti per averle: non toccarle!”. È questo: le rughe sono un simbolo dell’esperienza, un simbolo della vita, un simbolo della maturità, un simbolo di aver fatto un cammino. Non toccarle per diventare giovani, ma giovani di faccia: quello che interessa è tutta la personalità, quello che interessa è il cuore, e il cuore rimane con quella giovinezza del vino buono, che quanto più invecchia più è buono».
Il Pontefice ricorda che la «vita nella carne mortale è una bellissima “incompiuta”: come certe opere d’arte che proprio nella loro incompiutezza hanno un fascino unico. Perché la vita quaggiù è “iniziazione”, non compimento: veniamo al mondo proprio così, come persone reali, come persone che progrediscono nell’età, ma sono per sempre reali». Ma la vita terrena, aggiunge, «è uno spazio e un tempo troppo piccolo per custodire intatta e portare a compimento la parte più preziosa della nostra esistenza nel tempo del mondo. La fede, che accoglie l’annuncio evangelico del regno di Dio al quale siamo destinati, ha un primo effetto straordinario, dice Gesù. Essa consente di “vedere” il regno di Dio. Noi diventiamo capaci di vedere realmente i molti segni di approssimazione della nostra speranza di compimento per ciò che, nella nostra vita, porta il segno della destinazione per l’eternità di Dio».
La vecchiaia, sottolinea il Papa citando Nicodemo, «è la condizione, concessa a molti di noi, nella quale il miracolo di questa nascita dall’alto può essere assimilato intimamente e reso credibile per la comunità umana: non comunica nostalgia della nascita nel tempo, ma amore per la destinazione finale. In questa prospettiva la vecchiaia ha una bellezza unica: camminiamo verso l’Eterno», aggiunge, «nessuno può rientrare nel grembo della madre, e neppure nel suo sostituto tecnologico e consumistico. Questo non dà saggezza, questo non dà cammino compiuto, questo è artificiale. Sarebbe triste, seppure fosse possibile. Il vecchio cammina in avanti, il vecchio cammina verso la destinazione, verso il cielo di Dio, il vecchio cammina con la sua saggezza vissuta durante la vita. La vecchiaia perciò è un tempo speciale per sciogliere il futuro dall’illusione tecnocratica di una sopravvivenza biologica e robotica, ma soprattutto perché apre alla tenerezza del grembo creatore e generatore di Dio».
Infine, il Papa invita a soffermarsi sulla “tenerezza” dei vecchi: «Osservate un nonno o una nonna come guardano i nipoti, come accarezzano i nipoti: quella tenerezza, libera da ogni prova umana, che ha vinto le prove umane e capace di dare gratuitamente l’amore, la vicinanza amorosa dell’uno per gli altri», spiega, «questa tenerezza apre la porta a capire la tenerezza di Dio. Non dimentichiamo che lo Spirito di Dio è vicinanza, compassione e tenerezza. Dio è così, sa accarezzare. E la vecchiaia ci aiuta a capire questa dimensione di Dio che è la tenerezza. La vecchiaia è il tempo speciale per sciogliere il futuro dall’illusione tecnocratica, è il tempo della tenerezza di Dio che crea, crea una strada per tutti noi. Lo Spirito ci conceda la riapertura di questa missione spirituale – e culturale – della vecchiaia, che ci riconcilia con la nascita dall’alto». E avverte: «Quando noi pensiamo alla vecchiaia così, poi diciamo: come mai questa cultura dello scarto decide di scartare i vecchi, considerandoli non utili? I vecchi sono i messaggeri del futuro, i vecchi sono i messaggeri della tenerezza, i vecchi sono i messaggeri della saggezza di una vita vissuta. Andiamo avanti e guardiamo ai vecchi».
Infine, il Papa è tornato a chiedere di pregare per la pace in Europa. Nei saluti ai fedeli di lingua polacca, ha ricordato «la regina Santa Edvige, apostola della Lituania e fondatrice dell'Università Jagellonica. Durante la sua canonizzazione, San Giovanni Paolo II ricordò che per opera sua la Polonia fu unita alla Lituania e alla Rus'. Affidatevi alla sua intercessione, pregando come lei ai piedi della Croce per la pace in Europa».