«Dio è non solo un padre», ma anche «una madre che non smette mai di amare la sua creatura» anche se dentro ha «tante cose brutte» o è un «delinquente». Papa Francesco nella terza udienza generale del nuovo anno prosegue il ciclo di catechesi sul Padre Nostro e si sofferma sulla parola “Abbà, Padre”, «un’invocazione», ricorda il Pontefice, «nella quale si condensa tutta la novità del Vangelo» predicata da Gesù. Per questo, «il cristiano non considera più Dio come un tiranno da temere, non ne ha più paura ma sente fiorire nel suo cuore la fiducia in Lui: può parlare con il Creatore chiamandolo “Padre”. L’espressione è talmente importante per i cristiani che spesso si è conservata intatta nella sua forma originaria: “Abbà”».
Su questa parola Francesco ricorda come sia «raro che nel Nuovo Testamento le espressioni aramaiche non vengano tradotte in greco. Dobbiamo immaginare che in queste parole aramaiche sia rimasta come “registrata” la voce di Gesù stesso: hanno rispettato l’idioma di Gesù». Dire “Abbà” all’inizio della preghiera, spiega il Papa, «è qualcosa di molto più intimo, più commovente che semplicemente chiamare Dio “Padre”. Ecco perché qualcuno ha proposto di tradurre questa parola aramaica originaria “Abbà” con “Papà” o “Babbo”. Invece di dire “Padre nostro”, dire “Papà, Babbo”. Noi continuiamo a dire “Padre nostro”, ma con il cuore siamo invitati a dire “Papà”, ad avere un rapporto con Dio come quello di un bambino con il suo papà, che dice “papà” e dice “babbo”. Infatti queste espressioni evocano affetto, evocano calore, qualcosa che ci proietta nel contesto dell’età infantile: l’immagine di un bambino completamente avvolto dall’abbraccio di un padre che prova infinita tenerezza per lui».
Bergoglio ricorda anche che «per pregare bene, bisogna arrivare ad avere un cuore di bambino. Non un cuore sufficiente: così non si può pregare bene. Come un bambino nelle braccia di suo padre, del suo papà, del suo babbo». Per capire bene il Padre Nostro, il Papa rimanda alla parabola del figliol prodigo del Vangelo di Luca: «Allora scopriamo come quelle parole prendono vita, prendono forza. E ci chiediamo: è mai possibile che Tu, o Dio, conosca solo amore? Tu non conosci l’odio? No – risponderebbe Dio – io conosco solo amore. Dov’è in Te la vendetta, la pretesa di giustizia, la rabbia per il tuo onore ferito? E Dio risponderebbe: Io conosco solo amore. Il padre di quella parabola», sottolinea il Papa, «ha nei suoi modi di fare qualcosa che molto ricorda l’animo di una madre. Sono soprattutto le madri a scusare i figli, a coprirli, a non interrompere l’empatia nei loro confronti, a continuare a voler bene, anche quando questi non meriterebbero più niente».
Non dimenticatevi mai di dire “Padre”
Francesco ricorda che «Dio ti cerca, anche se tu non lo cerchi. Dio ti ama, anche se tu ti sei dimenticato di Lui. Dio scorge in te una bellezza, anche se tu pensi di aver sperperato inutilmente tutti i tuoi talenti. Dio è non solo un padre, è come una madre che non smette mai di amare la sua creatura. D’altra parte, c’è una “gestazione” che dura per sempre, ben oltre i nove mesi di quella fisica; è una gestazione che genera un circuito infinito d’amore».
«Ricordate bene», aggiunge a braccio papa Francesco, «forse qualcuno ha dentro di sé cose brutte, cose che non sa come risolvere, tanta amarezza per avere fatto questo e quest’altro… Lui non nasconderà il suo volto. Lui non si chiuderà nel silenzio. Tu digli “Padre” e Lui ti risponderà. Tu hai un padre. “Sì, ma io sono un delinquente…”. Ma hai un padre che ti ama! Digli “Padre”, incomincia a pregare così, e nel silenzio ci dirà che mai ci ha persi di vista. “Ma, Padre, io ho fatto questo…” – “Mai ti ho perso di vista, ho visto tutto. Ma sono rimasto sempre lì, vicino a te, fedele al mio amore per te”. Quella sarà la risposta. Non dimenticatevi mai di dire “Padre”».
Al termine della catechesi, dopo i saluti ai pellegrini nelle varie lingue, il Papa ricorda la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, che lui stesso aprirà venerdì 18 gennaio con la celebrazione dei Vespri nella basilica di San Paolo Fuori le Mura: «Anche quest’anno - dice - siamo chiamati a pregare affinché tutti i cristiani tornino ad essere un’unica famiglia, coerenti con la volontà divina che vuole “che tutti siano una sola cosa”. L’ecumenismo non è una cosa opzionale. L’intenzione sarà quella di maturare una comune e concorde testimonianza nell’affermazione della vera giustizia e nel sostegno dei più deboli, mediante risposte concrete, appropriate ed efficaci».