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giovedì 03 ottobre 2024
 
 

Il Papa: «Dio non si stanca di noi»

30/01/2013  Benedetto XVI all'udienza del mercoledì: «Dio è un Padre amorevole che sorregge, aiuta, accoglie, perdona, salva, con una fedeltà che sorpassa immensamente quella degli uomini»,

«L’amore di Dio Padre non viene mai meno, non si stanca di noi; è amore che dona fino all’estremo, fino al sacrificio del Figlio». A ribadirlo è stato il Papa, che nella catechesi dell’udienza generale di oggi si è soffermato sulla “paternità” di Dio. «La fede - ha spiegato - ci dona questa certezza, che diventa una roccia sicura nella costruzione della nostra vita: noi possiamo affrontare tutti i momenti di difficoltà e di pericolo, l’esperienza del buio della crisi e del tempo del dolore, sorretti dalla fiducia che Dio non ci lascia soli ed è sempre vicino, per salvarci e portarci alla vita». Dio, infatti, «è un Padre che non abbandona mai i suoi figli, un Padre amorevole che sorregge, aiuta, accoglie, perdona, salva, con una fedeltà che sorpassa immensamente quella degli uomini, per aprirsi a dimensioni di eternità».

La fede in Dio Padre «chiede di credere nel Figlio, sotto l’azione dello Spirito, riconoscendo nella Croce che salva lo svelarsi definitivo dell’amore divino». La paternità di Dio, allora, è «amore infinito, tenerezza che si china su di noi, figli deboli, bisognosi di tutto». Per il Papa, «è proprio la nostra piccolezza, la nostra debole natura umana, la nostra fragilità che diventa appello alla misericordia del Signore perché manifesti la sua grandezza e tenerezza di Padre aiutandoci, perdonandoci e salvandoci. E Dio risponde al nostro appello, inviando il suo Figlio».

«L’onnipotenza dell’amore non è quella del potere del mondo, ma è quella del dono totale, e Gesù, il Figlio di Dio, rivela al mondo l’onnipotenza del Padre dando la vita per noi peccatori», ha aggiunto il Papa, spiegando il senso dell’onnipotenza divina, che si rispecchia nella “pazienza” e “mitezza” dell’amore di Cristo: «Questa la potenza di Dio, e questo vincerà», ha proseguito ancora Benedetto XVI, a braccio.

«Solo chi è davvero potente può sopportare il male e mostrarsi compassionevole, solo chi è davvero potente può esercitare pienamente la forza dell’amore», ha sottolineato Benedetto XVI, e Dio «rivela la sua forza amando tutto e tutti, in una paziente attesa della conversione di noi uomini, che desidera avere come figli». «L’amore onnipotente di Dio non conosce limiti», tanto che “non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha consegnato per tutti noi», come si legge nella Lettera ai Romani. La «vera, autentica e perfetta potenza divina», per il Papa, consiste nel «rispondere al male con il bene, agli insulti con il perdono, all’odio omicida con l’amore che fa vivere. Allora il male è davvero vinto, allora la morte è definitivamente sconfitta».

«Come è possibile pensare a un Dio onnipotente guardando alla Croce di Cristo?», è stata la domanda da cui è partito Benedetto XVI per spiegare il senso dell’espressione “Dio onnipotente”. Al contrario, «noi vorremmo un’onnipotenza divina secondo i nostri schemi mentali e i nostri desideri: un Dio onnipotente che risolva i problemi, che intervenga per evitarci ogni difficoltà, che vinca tutte le potenze avverse, cambi il corso degli eventi e annulli il dolore». Così, «davanti al male e alla sofferenza, per molti diventa problematico credere in un Dio Padre e crederlo onnipotente; alcuni cercano rifugio in idoli, cedendo alla tentazione di trovare risposta in una presunta onnipotenza magica e nelle sue illusorie promesse».

«Ma la fede in Dio onnipotente ci spinge a percorrere sentieri ben differenti», ha ammonito il Papa, ricordando che «le vie e i pensieri di Dio sono diversi dai nostri e anche la sua onnipotenza è diversa: non si esprime come forza automatica o arbitraria, ma è segnata da una libertà amorosa e paterna». Come Padre, Dio desidera, infatti, «che noi diventiamo suoi figli e viviamo come tali nel suo Figlio». La sua onnipotenza si esprime dunque «nell’amore, nella misericordia, nel perdono, nell’instancabile appello alla conversione del cuore, in un atteggiamento solo apparentemente debole, fatto di pazienza, di mitezza e di amore».

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