“Il prete non è uno che esige la perfezione, ma che aiuta a dare il meglio. Come diceva don Primo Mazzolari, non dobbiamo massacrare le spalle della povera gente. Quando i preti sono i volti di un clero non clericale, essi danno vita a un vero e proprio “magistero dei parroci”, che fa tanto bene a tutti”. Da Bozzolo (Mantova), il paese di cui don Primo Mazzolari (1890-1959) svolse il suo ministero, Francesco ha indicato la figura del “parroco innamorato di Dio” - a lungo osteggiata dalla Chiesa - come esempio spirituale e pastorale. E il pellegrinaggio del Papa è stata anche l’occasione per annunciare la data dell’apertura della fase diocesana del processo di beatificazione, il prossimo 18 settembre. “Don Mazzolari viveva l’obbedienza in piedi, da adulto, e contemporaneamente in ginocchio, baciando la mano del suo vescovo, che non smetteva di amare”. Servire la Chiesa percorrendo anche strade scomode e sopportando l’esperienza del rifiuto (“è il destino dei profeti”) con “un amore appassionato”: questa è stata la vita di Mazzolari, sacerdote divenuto caro a Bergoglio in questi anni di Pontificato. “È stato un prete povero, non un povero prete. La sua profezia si realizzava nell’amare il proprio tempo, nel legarsi alle persone che incontrava”, ha proseguito Francesco, per poi lanciare un accorato appello a tutti “i parroci, forza della Chiesa in Italia”: “Vi incoraggio, fratelli sacerdoti, ad ascoltare il mondo per farvi carico di ogni domanda di senso e di speranza, senza temere di attraversare deserti e zona d’ombra”.
Doveva essere una visita privata ma Francesco l’ha resa vicina, umana. Nel tragitto dal campo sportivo – dove è atterrato in elicottero due minuti prima delle 9 – alla chiesa parrocchiale, Bergoglio ha tenuto il finestrino sempre abbassato per salutare i due mila fedeli giunti nel piccolo paese della Bassa. I primi 15 minuti li ha dedicati ai ragazzi del Grest e alle famiglie riunite in piazza Mazzolari: abbracci e carezze che hanno fatto piangere dalla commozione chi, abituato alla calma del borgo, è stato travolto dall’emozione. I primi fedeli erano in piazza fin dalle 2 del mattino, all’apertura dei parcheggi. “Siamo arrivati in bicicletta alle 3”, dice Mita Andrei, 16 anni, di Tornata (Cremona), che con i compagni dell’oratorio ha pedalato al buio vivendo un pellegrinaggio di avvicinamento a Bozzolo. Rosalia Vano, 58 anni, di Borgo Virgilio (Mantova), si è svegliata alle 4. Ma anche Arianna Lodi Rizzini, 15 anni, che pure abita poco lontano dalla piazza, alle 5 era già in piedi “per non perdere l’occasione di vedere il Papa”. “Oggi, intorno a lei, sentiamo lo stesso profumo di Vangelo e di vera umanità che continua a consolare i semplici e infastidire quelli che si credono potenti”, ha detto monsignor Antonio Napolioni, vescovo di Cremona, dando il benvenuto a Francesco.
“La profezia di Bozzolo è quella di Nazareth, che il Concilio e i suoi Papi stanno facendo diventare la profezia di Roma. Affascinante e scomoda, disarmante e limpida, come lei ci mostra, con la vita e, ogni giorno, anche con la parola”. In Chiesa il Papa ha sostato in silenzio davanti alla tomba di don Mazzolari: cinque lunghi minuti di meditazione intensa, in piedi (senza mai appoggiarsi alla sedia predisposta), il viso compreso nel dialogo intimo con Dio, davanti all’esempio di don Mazzolari. “L’esperienza personale del silenzio e dell’ascolto della Parola sta alla radice della sua vita come di quella di don Primo”, ha notato monsignor Napolioni. Nella meditazione Francesco ha poi presentato l’attualità del messaggio di Mazzolari attraverso tre elementi vicini alla popolazione mantovana: il fiume, la cascina, la pianura. “Don non si è tenuto al riparo dal fiume della vita, della sofferenza della sua gente, che l’ha plasmato come pastore schietto ed esigente, anzitutto con se stesso”.
Poi l’immagine della parrocchia come una cascina “famiglia di famiglie, idea di una Chiesa che don Mazzolari pensava in uscita”. Ancora, la “grande pianura” dove “s’incarna la misericordia di Dio”: “Chi ha accolto il Discorso della montagna non teme di inoltrarsi, come viandante e testimone, nella pianura che si apre senza rassicuranti confini”. Per don Primo, come per papa Francesco, non si tratta di slogan ma di un programma di vita. Riprendendo lo scritto “La parrocchia” e rivolgendosi a tutta la Chiesa, Francesco ha poi individuato tre atteggiamenti che “non conducono nella direzione evangelica”: “La strada del lasciar fare, l’attivismo separatista e il soprannaturalismo disumanizzante”. Conia un neologismo, Papa Bergoglio: parla di “balconare la vita” per indicare il rischio dell’atteggiamento di chi sta a guardare, che “non ha nulla di cristiano perché porta a tirarsi fuori, con spirito di giudizio, talvolta aspro”. I fedeli ascoltano in silenzio. Sempre sulla scia di Mazzolari mette in guardia sul creare “istituzioni cattoliche come banche, cooperative, circoli, sindacati, scuole possono generare una comunità cristiana elitaria”. E, sull’errore del “soprannaturalismo disumanizzante”, dice: “Ci si estranea dal mondo, vero campo dell’apostolato, per preferire devozioni; ci si rifugia nel religioso per aggirare le difficoltà e le delusioni”.
Prima di ripartire in elicottero alla volta di Barbiana, per omaggiare un altro grande sacerdote del Novecento, don Lorenzo Milani, Francesco torna a salutare la piazza. Le campane suonano a festa: “Vi ringrazio per l’accoglienza tanto calorosa e vi chiedo di pregare per me, perché possa servire il Signore e la Chiesa come il Signore vuole che faccia”. Infine, un’Ave Maria corale e la benedizione: “Grazie tante e buona giornata”. Un saluto semplice come fra amici, fra persone che si vogliono bene. Come sarebbe piaciuto anche a don Mazzolari, il “parroco della povera gente”.