Caro don Antonio, di cristiani perseguitati nel mondo ce ne sono tanti. Che si tratti di sistematica persecuzione verso un credo religioso è un dato di fatto che solo un cieco non vedrebbe, eppure sembra che il nostro Pontefice faccia fatica a parlare dell’argomento. Tutto questo mi lascia con l’amaro in bocca, perché i primi a doversi indignare e a dover reagire contro questo scempio sono i cristiani! Papa Francesco ama, al contrario, soffermarsi su temi quali il rispetto del Creato, l’accoglienza, l’aiuto agli ultimi. Ma non si può ridurre il cristianesimo a una onlus: ce ne sono tante che possono affermare su per giù gli stessi concetti. La fede senza le opere è morta, ma non si può ridurre il cristiano a una semplice persona caritatevole e generosa.
MARA IAPOCE
«Anche oggi in varie parti del mondo, a volte in un clima di silenzio – non di rado silenzio complice –, tanti cristiani sono emarginati, calunniati, discriminati, fatti oggetto di violenze anche mortali, spesso senza il doveroso impegno di chi potrebbe far rispettare i loro sacrosanti diritti». Lo ha detto papa Francesco nell’omelia del 29 giugno scorso.
Più di recente, il 12 ottobre, nella basilica di Santa Maria Maggiore, ha detto che oggi «noi viviamo un’altra guerra mondiale, anche se a pezzi. E vediamo tanti nostri fratelli e sorelle cristiani delle Chiese orientali sperimentare persecuzioni drammatiche e una diaspora sempre più inquietante». Su queste situazioni «nessuno può chiudere gli occhi», ha aggiunto.
Sono solo due tra gli innumerevoli esempi in cui il Papa denuncia la persecuzione dei cristiani, invita a pregare per loro e chiede l’attenzione della comunità internazionale. Perché a te, Mara, sembra che Francesco non parli mai di questo? Non ho una risposta. Forse certe impressioni derivano dai media tramite i quali ci si informa o dalla cosiddetta lettura selettiva, che ci fa notare solo quello che c’è già nella nostra mente.
Comunque è vero: la Chiesa non è una onlus, e tuttavia, cattolicamente, è giusto seguire l’«et-et» («e-e») e cioè sia la fede che la carità. Anche se, come scrive san Paolo «la più grande di tutte è la carità» (1Cor 13,13).