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martedì 17 settembre 2024
 
concilio
 

«Progressismo e tradizionalismo, prove d’infedeltà ed egoismo»

11/10/2022  Francesco presiede la celebrazione eucaristica nel sessantesimo anniversario dell'inizio del Vaticano II: «Quell’evento ci ricorda che la Chiesa, a immagine della Trinità, è comunione. Il diavolo, invece, vuole seminare la zizzania della divisione. Non cediamo alle sue lusinghe e alla tentazione della polarizzazione. Una Chiesa innamorata di Gesù non ha tempo per scontri, per veleni e polemiche». Riesumata, ed esposta ai fedeli, la salma di San Giovanni XXIII

Mette in guardia sia dal «progressismo che si accoda al mondo», sia dal «tradizionalismo, o “indietrismo”, che rimpiange un mondo passato», perché entrambe «non sono prove d'amore, ma di infedeltà». E ricorda papa Francesco – come se la memoria del Concilio fosse elemento di divisione e non di comunione – «quante volte si è preferito essere “tifosi del proprio gruppo” anziché servi di tutti, progressisti e conservatori piuttosto che fratelli e sorelle, “di destra” o “di sinistra” più che di Gesù; ergersi a “custodi della verità” o a “solisti della novità”, anziché riconoscersi figli umili e grati della santa Madre Chiesa».

Atmosfera solenne a San Pietro per la Messa che ricorda il 60° anniversario dell’inizio del Concilio Vaticano II, aperto l’11 ottobre 1962 da San Giovanni XXIII, la cui salma per l’occasione è stata riesumata ed esposta in un'urna di vetro nella navata della Basilica, davanti all'altare centrale della Confessione.

Papa Francesco nell’omelia spiega il significato di questo anniversario che non è soltanto un ricordo di una tappa fondamentale della vita della Chiesa ma l’inizio del cammino di preparazione al Giubileo del 2025: «Il Concilio», afferma Bergoglio, «ci ricorda che la Chiesa, a immagine della Trinità, è comunione. Il diavolo, invece, vuole seminare la zizzania della divisione. Non cediamo alle sue lusinghe, non cediamo alla tentazione della polarizzazione. Quante volte, dopo il Concilio, i cristiani si sono dati da fare per scegliere una parte nella Chiesa, senza accorgersi di lacerare il cuore della loro Madre», ha ricordato, «quante volte si è preferito essere “tifosi del proprio gruppo” anziché servi di tutti, progressisti e conservatori piuttosto che fratelli e sorelle, “di destra” o “di sinistra” più che di Gesù; ergersi a “custodi della verità” o a “solisti della novità”, anziché riconoscersi figli umili e grati della santa Madre Chiesa. Il Signore non ci vuole così - ha avvertito Francesco -: noi siamo le sue pecore, il suo gregge, e lo siamo solo insieme, uniti. Superiamo le polarizzazioni e custodiamo la comunione, diventiamo sempre più “una cosa sola”, come Gesù ha implorato prima di dare la vita per noi. Ci aiuti in questo Maria, Madre della Chiesa. Accresca in noi l'anelito all'unità, il desiderio di impegnarci per la piena comunione tra tutti i credenti in Cristo».

Il Pontefice invita a «riscoprire il Concilio per ridare il primato a Dio, all'essenziale: a una Chiesa che sia pazza di amore per il suo Signore e per tutti gli uomini, da Lui amati; a una Chiesa che sia ricca di Gesù e povera di mezzi; a una Chiesa che sia libera e liberante».

La celebrazione all'altare è officiata dal cardinale segretario di Stato Pietro Parolin ed è arricchita da alcuni segni particolari. Prima della Messa, sono stati letti alcuni passaggi del significativo discorso che San Giovanni XXIII pronunciò all'apertura del Concilio, Gaudet Mater Ecclesia. Inoltre, sono stati proclamati da Emanuele Ruzza e Stefania Squarcia alcuni testi delle quattro costituzioni Conciliari: Dei Verbum, Sacrosanctum Concilium, Lumen gentium, Gaudium et spes. Al termine di queste letture un gruppo di vescovi e sacerdoti è entrato nella Basilica di San Pietro con una solenne processione, per ricordare la processione di vescovi che aprì il Concilio 60 anni fa.

L’omelia di Francesco è tutta incentrata su cosa significa ricordare l’inizio del Concilio: «Riscopriamolo per ridare il primato a Dio, all'essenziale: a una Chiesa che sia pazza di amore per il suo Signore e per tutti gli uomini, da Lui amati; a una Chiesa che sia ricca di Gesù e povera di mezzi; a una Chiesa che sia libera e liberante», dice il Pontefice, «il Concilio indica alla Chiesa questa rotta: la fa tornare, come Pietro nel Vangelo, in Galilea, alle sorgenti del primo amore, per riscoprire nelle sue povertà la santità di Dio», «per ritrovare nello sguardo del Signore crocifisso e risorto la gioia smarrita, per concentrarsi su Gesù. Ritrovare la gioia, una Chiesa che ha perso la gioia ha perso l'amore. Chiediamoci», prosegue il Papa, «se nella Chiesa partiamo da Dio, dal suo sguardo innamorato su di noi. Sempre c'è la tentazione di partire dall'io piuttosto che da Dio, di mettere le nostre agende prima del Vangelo, di lasciarci trasportare dal vento della mondanità per inseguire le mode del tempo o di rigettare il tempo che la Provvidenza ci dona per volgerci indietro».

«Una Chiesa innamorata di Gesù non ha tempo per scontri, veleni e polemiche»

  

Francesco ricorda che «sia il progressismo che si accoda al mondo, sia il tradizionalismo, o “indietrismo”, che rimpiange un mondo passato, non sono prove d'amore, ma di infedeltà e sono egoismi pelagiani che antepongono i propri gusti e i propri piani all'amore che piace a Dio. È per ravvivare il suo amore che la Chiesa, per la prima volta nella storia, ha dedicato un Concilio a interrogarsi su sé stessa, a riflettere sulla propria natura e sulla propria missione. E si è riscoperta mistero di grazia generato dall'amore: si è riscoperta Popolo di Dio, Corpo di Cristo, tempio vivo dello Spirito Santo!».

Il Papa ha chiesto che «la Chiesa sia abitata dalla gioia. Se non gioisce smentisce sé stessa, perché dimentica l'amore che l'ha creata. Eppure, quanti tra noi non riescono a vivere la fede con gioia, senza mormorare e senza criticare?», ha domandato,» Dio ci liberi dall'essere critici e insofferenti, aspri e arrabbiati. Non è solo questione di stile, ma di amore, perché chi ama, come insegna l'Apostolo Paolo, fa tutto senza mormorare. Signore insegnaci il tuo sguardo alto, a guardare la Chiesa come la vedi Tu. E quando siamo critici e scontenti, ricordaci che essere Chiesa è testimoniare la bellezza del tuo amore, non è andare come se fossimo in una veglia funebre».

Il Papa invita dunque a «tornare al Concilio, che», sottolinea, «ha riscoperto il fiume vivo della Tradizione senza ristagnare nelle tradizioni; che ha ritrovato la sorgente dell'amore non per rimanere a monte, ma perché la Chiesa scenda a valle e sia canale di misericordia per tutti. Torniamo al Concilio per uscire da noi stessi e superare la tentazione dell'autoreferenzialità. Pasci, ripete il Signore alla sua Chiesa; e pascendo, supera le nostalgie del passato, il rimpianto della rilevanza, l'attaccamento al potere, perché tu, Popolo santo di Dio, sei un popolo pastorale: non esisti per pascere te stesso, ma gli altri, tutti gli altri, con amore. E, se è giusto avere un'attenzione particolare, sia per i prediletti di Dio: per i poveri, gli scartati»,

Il pastore, conclude, deve «stare in mezzo al popolo, e non sopra il popolo: questo è un peccato brutto, il clericalismo, che uccide le pecore».

Al termine, papa Francesco accende le fiaccole ad alcuni fedeli, che passano la fiamma a quanti sono radunati in Basilica dando a tutti il mandato di tenere vivo l'insegnamento del Concilio. In questo modo, uscendo sulla Piazza, è stata ricordata la fiaccolata che ha avuto luogo la sera dell'11 ottobre di sessant'anni fa, con il famoso “Discorso della luna” di Giovanni XXIII, che si concludeva con il celebre invito a portare «la carezza del Papa» ai bambini e agli ammalati

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