Lui la chiama
“francescomania” e si sa che non gli piace. Lo ha detto
nell’intervista al Corriere delle Sera addirittura citando Sigmund
Freud per il quale ogni idealizzazione sfiora l’aggressione. Jorge
Mario Bergoglio ha in questi mesi sempre ripetuto di essere una
persona normale e di fare gesti normali.
Eppure proprio su questo
hanno insistito il sistema dei media e le regole del gioco. Non si
era mai visto un papa che saliva sull’aereo con la borsa a mano,
poiché l’ufficio di romano pontefice era collocato
nell’immaginario della gente in una dimensione di maestosità
lontana dalla preoccupazioni quotidiane. La normalità di Bergoglio è
diventata così “straordinarietà” per il Papa.
Oggi si rischia
tuttavia che l’empatia diventi papolatria, una sorta di idolatria con al centro il Papa. Finora Francesco
non aveva pubblicamente avvisato che non gli piaceva. Adesso lo ha
fatto, forse perché ci si sta pericolosamente avvicinando al punto
dove diventa più importante l’uomo Bergoglio che le cose che dice,
cioè una comunicazione rinnovata e appassionata del Vangelo.
Ci sono
molte ragioni interne ed esterne alla Chiesa. Bergoglio in questi
mesi è diventato un leader globale, per mancanza di concorrenti. E’
riuscito nell’impresa di ridare credibilità ad una istituzione che
appariva in crisi e non si è trattato solo di qualcosa di mediatico,
anche se i media, compresi quelli social, sono i primi responsabili
dell’attribuzione a Benedetto XVI di ogni guaio e al cambio di
pontificato e quindi a papa Francesco di ogni loro soluzione.
Insomma
qualcosa è successo, perché si è rimesso in circolazione il
linguaggio di Cristo in modo più semplice e sereno. Ora il problema
è il mito e gli equivoci che può generare la considerazione di una
sorta di superuomo alla guida della Chiesa. Per ora con Francesco ci
si è sintonizzati bene, al punto che la sua immagine ha un buon
riscontro di marketing .Più tempo e uno spirito più attento
serviranno per cogliere le indicazioni sulla strada che invita a
percorrere con in mano il Vangelo.
Certamente papa Francesco marca
rotture con molti schemi sul papato, sulla Chiesa e anche sulla
concezione ecclesiastica della storia umana. Sa bene tuttavia che
l’interpretazione di tutto ciò può sfiorare l’ingenuità negli
interlocutori meno consapevoli della storia bimillenaria della
Chiesa. Bergoglio è consapevole dell’ambiguità possibile delle
ricadute dei suoi gesti e delle sue parole e dell’uso strumentale.
Ma sa che ciò fa parte delle regole del gioco della storia. Forse ci
abituerà a suonare un avviso quando si sta un po’ esagerando.