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giovedì 20 marzo 2025
 
Il senso della vocazione
 

Il Papa: essere catechisti non è un lavoro ma una missione

13/07/2017  "Beati quelli che credono”. E' il tema del Simposio Internazionale sulla Catechesi apertosi martedì 11 a Buenos Aires, presso la Facoltà di Teologia della Pontificia Università cattolica argentina. I lavori si concludono oggi. Pubblichiamo il testo integrale della riflessione di papa Francesco

MESSAGGIO DEL SANTO PADRE FRANCESCO AI PARTECIPANTI AL PRIMO SIMPOSIO INTERNAZIONALE SULLA CATECHESI  

A Sua Eccellenza Monsignor Ramón Alfredo Dus
Arcivescovo di Resistencia
Presidente della Commissione Episcopale di Catechesi e Pastorale Biblica

Caro fratello,

Un cordiale saluto a te e a tutti coloro che parteciperanno ai diversi incontri di formazione che ha organizzato la Commissione Episcopale di Catechesi e Pastorale Biblica.

San Francesco d’Assisi, a uno dei suoi seguaci che insisteva nel chiedergli di insegnargli a predicare, rispose così: «Fratello, [quando visitiamo i malati, aiutiamo i bambini e diamo da mangiare ai poveri] stiamo già predicando». In questa bella lezione sono racchiuse la vocazione e il compito del catechista.

La missione e i tratti del catechista

In primo luogo, la catechesi non è un “lavoro” o un compito esterno alla persona del catechista, ma si “è” catechisti e tutta la vita gira attorno a questa missione. Di fatto, “essere” catechista è una vocazione di servizio nella Chiesa, ciò che è stato ricevuto come dono da parte del Signore si deve a sua volta trasmettere. Pertanto il catechista deve tornare costantemente a quel primo annuncio o “kerygma” che è il dono che gli ha cambiato la vita. È l’annuncio fondamentale che deve risuonare di continuo nella vita del cristiano, ancor di più in chi è chiamato ad annunciare e insegnare la fede. «Non c’è nulla di più solido, di più profondo, di più sicuro, di più consistente e di più saggio di questo annuncio» (Evangelii gaudium, n. 165). Questo annuncio deve accompagnare la fede che è già presente nella religiosità del nostro popolo. È necessario farsi carico di tutto il potenziale di pietà e di amore che racchiude la religiosità popolare affinché non solo si trasmettano i contenuti della fede, ma si crei anche una vera scuola di formazione in cui si coltivi il dono della fede che si è ricevuto, di modo che gli atti e le parole riflettano la grazia di essere discepoli di Gesù.

Il catechista cammina da e con Cristo, non è una persona che parte dalle proprie idee e dai propri gusti, ma si lascia guardare da lui, da quello sguardo che fa ardere il cuore. Quanto più Gesù occupa il centro della nostra vita, tanto più ci fa uscire da noi stessi, ci decentra e ci rende più vicini agli altri. Questo dinamismo dell’amore è come il movimento del cuore: “sistole e diastole”; si concentra per incontrare il Signore e subito si apre, uscendo da se stesso per amore, per rendere testimonianza a Gesù e parlare di Gesù, per predicare Gesù. L’esempio ce lo dà lui stesso: si ritirava per pregare il Padre e subito andava incontro agli affamati e agli assetati di Dio, per guarirli e salvarli. Da qui nasce l’importanza della catechesi “mistagogica”, che è l’incontro costante con la Parola e con i sacramenti, e non qualcosa di meramente occasionale, previo alla celebrazione dei sacramenti d’iniziazione cristiana. La vita cristiana è un processo di crescita e d’integrazione di tutte le dimensioni della persona in un cammino comunitario di ascolto e di risposta (cfr. Evangelii gaudium, n. 166).

Il catechista inoltre è creativo; ricerca diversi mezzi e forme per annunciare Cristo. È bello credere in Gesù, perché lui è «la via, la verità e la vita» (Gv 14, 6) che colma la nostra esistenza di gioia e di allegria. Questa ricerca per far conoscere Gesù come somma bellezza ci porta a incontrare nuovi segni e forme per la trasmissione della fede. I mezzi possono essere diversi ma l’importante è tener presente lo stile di Gesù, che si adattava alle persone che aveva davanti a sé, per avvicinare loro l’amore di Dio. Bisogna saper “cambiare”, adattarsi, per rendere il messaggio più vicino, benché sia sempre lo stesso, perché Dio non cambia, ma rende nuove tutte le cose in lui. Nella ricerca creativa per far conoscere Gesù non dobbiamo provare paura perché lui ci precede in questo compito. Lui già è nell’uomo di oggi e ci attende lì.

Cari catechisti, vi ringrazio per quello che fate, ma soprattutto perché camminate con il Popolo di Dio. Vi incoraggio a essere messaggeri gioiosi, custodi del bene e della bellezza che risplendono nella vita fedele del discepolo missionario.

Che Gesù vi benedica e la Vergine santa, vera “educatrice della fede”, si prenda cura di voi.

E, per favore, non dimenticatevi di pregare per me.

Vaticano, 5 luglio

Francesco

[BUENOS AIRES, 11-14 LUGLIO 2017]

(Foto in alto: Reuters)

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