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martedì 10 settembre 2024
 
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Kenya, i "feriti" di Nairobi vogliono reagire

25/11/2015  Le piaghe della violenza, della diseguagglianza e delle baraccopoli producono lutti, dolore, emarginazione, rabbia.

Sono ancora vive nella memoria la strage nel centro commerciale di Westgate, in pieno centro di Nairobi (foto in alto), oppure quella della scuola di Garissa: anche il Kenya è da tempo bersaglio degli estremisti islamici (gli shabab somali). Meno si ricorda che lo è da molti anni. Uno degli attentati più efferati fu quello di Al Qaeda, nel 1998, che aveva di mira l’ambasciata americana della capitale. È uno dei grandi problemi del Paese africano.

Ma solo uno dei tanti che papa Francesco sa di “incontrare” nella sua prima visita africana: c’è anche la scandalosa forbice fra ricchezza e povertà, con due milioni e mezzo di persone che nella sola capitale abita in baraccopoli; c’è la deriva etnica della politica – fino a pochi anni fa sconosciuta nel Paese – che nelle ultime elezioni ha provocato più di mille vittime; c’è la corruzione endemica e dilagante; ci sono le gravi questioni legate al cambiamento climatico che colpiscono intere regioni; ci sono i tanti diritti negati, la salute, la scuola, c’è lo sfruttamento. E c’è il nodo più grave: lo sfaldamento della cultura tradizionale africana, che è all’origine anche del drammatico fenomeno dei bambini di strada.

A Nairobi, il Papa avrà davanti molti dei “feriti” da queste profonde ingiustizie. Che sono però anche coloro che stanno reagendo con la mobilitazione della società civile, con il fitto associazionismo della parte più giovane e vitale del Paese. Il Kenya delle contraddizioni è anche il Kenya che ha gli “anticorpi” per guarire le sue piaghe.

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