Sono ancora vive nella memoria la
strage nel centro commerciale di Westgate, in pieno centro di Nairobi
(foto in alto), oppure quella della scuola di Garissa: anche il Kenya
è da tempo bersaglio degli estremisti islamici (gli shabab somali).
Meno si ricorda che lo è da molti anni. Uno degli attentati più
efferati fu quello di Al Qaeda, nel 1998, che aveva di mira
l’ambasciata americana della capitale.
È uno dei grandi problemi del Paese
africano.
Ma solo uno dei tanti che papa Francesco sa di “incontrare”
nella sua prima visita africana: c’è anche la scandalosa forbice
fra ricchezza e povertà, con due milioni e mezzo di persone che
nella sola capitale abita in baraccopoli; c’è la deriva etnica
della politica – fino a pochi anni fa sconosciuta nel Paese – che
nelle ultime elezioni ha provocato più di mille vittime; c’è la
corruzione endemica e dilagante; ci sono le gravi questioni legate al
cambiamento climatico che colpiscono intere regioni; ci sono i
tanti diritti negati, la salute, la scuola, c’è lo sfruttamento.
E c’è il nodo più grave: lo sfaldamento della cultura
tradizionale africana, che è all’origine anche del drammatico
fenomeno dei bambini di strada.
A Nairobi, il Papa avrà davanti molti
dei “feriti” da queste profonde ingiustizie. Che sono però anche
coloro che stanno reagendo con la mobilitazione della società
civile, con il fitto associazionismo della parte più giovane e
vitale del Paese. Il Kenya delle contraddizioni è anche il Kenya che
ha gli “anticorpi” per guarire le sue piaghe.