La Santa Sede «quando può viene incontro a richieste per motivi umanitari: però lavora in modo discreto, nella massima discrezione, è successo molte volte. Se agisce, agisce in modo discreto, ed efficace». Così ha risposto il direttore della Sala stampa vaticana, Greg Burke, in un briefing con i giornalisti sul viaggio del Papa in Egitto, ad una domanda a proposito dell’appello dei genitori di Giulio Regeni. A Burke è stato chiesto se il Papa intende fare un riferimento alla vicenda durante l’incontro al Cairo con il presidente Al-Sisi. Burke ha detto di non sapere se l’argomento sarà toccato nel colloquio col presidente: «Questa è una questione tra due Stati. Il Papa è consapevole della cosa, ha pregato per Regeni, partecipa al dolore della famiglia». Bergoglio sarà in Egitto il 28 e il 29 aprile, missione sulla quale ci sono preoccupazione per la sua sicurezza, dopo gli attentati della Domenica delle Palme alle chiese copte. Ma la Santa Sede ha smentito che il Papa userà una vettura blindata. Il direttore della Sala Stampa ha confermato che «userà un’auto chiusa, ma non blindata», perché «così ha voluto» lo stesso Bergoglio.
Poi ha aggiunto che non c’è una preoccupazione per la sicurezza: «Viviamo in un mondo dove questo aspetto fa parte della vita però andiamo avanti serenamente, come è nella volontà del Santo Padre. La sicurezza è un problema anche qui, come lo è anche in Inghilterra, in Francia o negli Stati Uniti, mail Papa, anche dopo gli ultimi attentati in Egitto, ha confermato la volontà di andare avanti, anche come segno di vicinanza. Non siamo preoccupati».
I precedenti dei viaggi a rischio dei Papi, da Manila a Sarajevo
Anche in occasione del viaggio nella Repubblica Centrafricana nel 2015 si erano affacciate le stesse preoccupazioni. Ma il Papa ha voluto andare ugualmente e senza alcuna protezione blindata al “KM 5” di Bangui teatro di violenti scontri fino a pochi giorni prima. Lo ha fatto in piedi sul cassone di una jeep scoperta insieme all’Imam della capitale e al vescovo.
La Santa Sede più volte ha fatto presente che i Papi non temono per la loro sicurezza, fin dalla missione, poi annullata di Giovanni Paolo II a Sarajevo assediata prevista per l’8 settembre 1994. In quella occasione Wojtyla rinunciò perché temeva per l’incolumità dei fedeli, visto che nemmeno quella i caschi blu erano in grado di garantire. Quando Giovanni Paolo II decise di andare a Sarajevo nell’aprile 1997 poco prima del passaggio della Papamobile lungo quello che era chiamato il viale dei cecchini vennero ritrovare sotto un ponticello alcune cariche di esplosivo pronte ad essere innescate. Il rischio è sempre stato messo in conto dal Vaticano. Paolo VI venne accoltellato a Manila, Giovanni Paolo II, oltre all’attentato, subì anche lui un accoltellamento a Fatima. Lo confermò anni dopo il suo segretario Stanislaw Dziwisz. Un prete spagnolo ultraconservatore Juan Fernandez Krohn il 12 maggio del 1982 tentò di assassinare il Pontefice avvicinandosi a lui con un pugnale e riuscì a ferirlo leggermente. Il prete fu velocemente immobilizzato dalla polizia e arrestato. Poi va ricordata la rinuncia di Benedetto XVI ad andare alla Sapienza in seguito alle contestazioni di alcuni professori e studenti. Ma in questo caso non si trattò di una decisione presa per via della sicurezza, che lo Stato Italiano avrebbe comunque garantito, ma con la precisa funzione di denunciare l’intolleranza di alcuni verso il Papa teologo con un passato da professore universitario.