Friburgo, dal nostro inviato
Il Papa riparte dalla Germania e lascia un “discorso-manifesto” sulla Chiesa che indica ciò che si deve fare per affrrontare la crisi della fede. Parla ai “cattolici impegnati” in Germania, ma parla a tutta la Chiesa. Premette: “Non si tratta qui di trovare una nuova tattica per rilanciare la Chiesa”. Poi spiega: “Si tratta piuttosto di deporre tutto ciò che è soltanto tattica e di cercare la piena sincerità, che non trascura né reprime alcunché della verità del nostro oggi, ma realizza la fede pienamente nell'oggi vivendola, appunto, totalmente nella sobrietà dell'oggi, portandola alla sua piena identità, togliendo da essa ciò che solo apparentemente è fede, ma in verità sono convenzioni ed abitudini”.
Per Benedetto XVI, il rinnovamento della Chiesa non è “un rinnovamento come lo realizza ad esempio un proprietario di casa attraverso una ristrutturazione o la tinteggiatura del suo stabile”. E continua: “Alla beata Madre Teresa fu richiesto una volta di dire quale fosse, secondo lei, la prima cosa da cambiare nella Chiesa. La sua risposta fu: Lei ed io! Questo piccolo episodio ci rende evidenti due cose: da un lato, la religiosa intende dire all’interlocutore che la Chiesa non sono soltanto gli altri, non soltanto la gerarchia, il Papa e i Vescovi: Chiesa siamo tutti noi, i battezzati. Dall'altro lato, essa parte effettivamente dal presupposto: sì, c'è motivo per un cambiamento. Esiste un bisogno di cambiamento. Ogni cristiano e la comunità dei credenti sono chiamati ad una continua conversione”.
Poi Benedetto XVI ragiona circa la secolarizzazione e non sottovaluta la ricaduta positiva che, nel corso della storia, le diverse ondate di “secolarizzazioni” hanno avuto sulla Chiesa, aiutandola a liberarsi dai “privilegi” e del suo “fardello materiale e politico” e facilitando, invece, “purificazione e riforma interiore”. “La Chiesa - ha spiegato Ratzinger - deve sempre di nuovo aprirsi alle preoccupazioni del mondo e dedicarsi senza riserve ad esse, per continuare e rendere presente lo scambio sacro che ha preso inizio con l’incarnazione. Nello sviluppo storico della Chiesa si manifesta, però, anche una tendenza contraria: quella cioè di una Chiesa che si accomoda in questo mondo, diventa autosufficiente e si adatta ai criteri del mondo. Essa dà così all'organizzazione e all'istituzionalizzazione un'importanza maggiore che non alla sua chiamata all'apertura”.
Ma per il Papa, “per corrispondere al suo vero compito, la Chiesa deve sempre di nuovo fare lo sforzo di distaccarsi dalla mondanità del mondo”. In un certo senso - ha detto il Papa - la storia viene in aiuto alla Chiesa attraverso le diverse epoche di secolarizzazione, che hanno contribuito in modo essenziale alla sua purificazione e riforma interiore. Le secolarizzazioni infatti - fossero esse l'espropriazione di beni della Chiesa o la cancellazione di privilegi o cose simili - significarono ogni volta una profonda liberazione della Chiesa da forme di mondanità: essa si spogliava, per così dire, della sua ricchezza terrena e tornava ad abbracciare pienamente la sua povertà terrena".
La Chiesa "condivideva in quei momenti storici l'esigenza di una povertà che si apriva verso il mondo, per distaccarsi dai suoi legami materiali, e così anche il suo agire missionario tornava ad essere credibile". In questo senso, “gli esempi storici mostrano che la testimonianza missionaria di una Chiesa 'demondanizzata' emerge in modo più chiaro. Liberata dal suo fardello materiale e politico, la Chiesa può dedicarsi meglio e in modo veramente cristiano al mondo intero, può essere veramente aperta al mondo. Può nuovamente vivere con più scioltezza la sua chiamata al ministero dell'adorazione di Dio e al servizio del prossimo”.