«I conflitti sui migranti, sui rifugiati, per le carestie e conflitti bellici, il degrado e la distruzione della nostra casa comune sono situazioni che ci mettono in guardia e ci ricordano che nessuna regione né settore della nostra famiglia umana può pensarsi o realizzarsi estranea o immune rispetto alle altre» e ci impongono «di costruire la storia presente senza dover denigrare» gli altri, sostituendo, per la risoluzione dei conflitti, la «logica dell’insularità» con quella «dell’incontro e del dialogo vicendevole». È l’appello di papa Francesco ai diciotto leader cristiani e di altre religioni che incontra all’auditorium della Chulalongkorn University di Bangkok, la più antica della Thailandia, e anche la più prestigiosa, dove si laureano anche i membri della famiglia reale. «Con la tendenza crescente a screditare i valori e le culture locali», mette in guardia il Papa in un altro passaggio del suo lungo discorso, «per imposizione di un modello unico, «assistiamo a una tendenza ad “omogeneizzare” i giovani, a dissolvere le differenze proprie del loro luogo di origine, a trasformarli in soggetti manipolabili fatti in serie. Così si produce una distruzione culturale, che è tanto grave quanto l’estinzione delle specie animali e vegetali».
Il Pontefice, dopo aver incontrato in mattinata i vescovi e poi i sacerdoti e i missionari che vivono nel Paese, è accolto dall’arcivescovo di Bangkok, il cardinale Kovithavanij, dal presidente dell’Università Bundit Eur-arporn e da due studenti che gli offrono dei fiori. Ci sono i rappresentanti delle religioni tradizionali thailandesi, Buddismo, Islam, Brama-Induismo e Sikhismo, e delle diverse confessioni cristiane, compresi i leader della Chiesa ortodossa. Il presidente dell’Ateneo, che conta ben 19 facoltà, sottolinea come gli studenti della Chulalongkorn appartengano ad «ogni genere, estrazione sociale, etnia, classe economica e confessione religiosa» e sottolinea il privilegio di poter «imparare e tratte beneficio dalla sua saggezza, dalla sua compassione per i poveri e le persone svantaggiate in tutto il mondo, dalla sua profonda sollecitudine per la cura e la protezione del nostro ambiente naturale e dal suo costante impegno per un dialogo interreligioso significativo e per la costruzione della pace tra religioni, Paesi e culture».
Francesco all’inizio del suo discorso ricorda lo storico incontro di 122 anni fa, nel 1897 tra re Chulalongkorn, che dà il nome all’Università, e Papa leone XIII: «Era la prima volta – sottolinea - che un Capo di Stato non cristiano veniva ricevuto in Vaticano. Il ricordo di quell’importante incontro, come pure del suo periodo di regno, caratterizzato tra i tanti meriti dall’abolizione della schiavitù, ci interpella e ci incoraggia ad assumere un protagonismo deciso sulla via del dialogo e della mutua comprensione. E questo si dovrebbe fare in uno spirito di coinvolgimento fraterno, che aiuti a porre fine a tante schiavitù che persistono ai nostri giorni, penso specialmente al flagello del traffico e della tratta di persone».
Offrire un nuovo paradigma per la risoluzione dei conflitti
Oggi, prosegue Papa Francesco, «la necessità di riconoscimento e di stima reciproca, così come la cooperazione tra le religioni, è ancora più urgente per l’umanità contemporanea». Perché il mondo si trova di fronte a problematiche complesse, «come la globalizzazione economico-finanziaria e le sue gravi conseguenze nello sviluppo delle società locali». I rapidi progressi, lamenta il Papa, «convivono con la tragica persistenza di conflitti civili: conflitti sui migranti, sui rifugiati, per le carestie e conflitti bellici; e convivono con il degrado e la distruzione della nostra casa comune».
Tutto questo, sottolinea Francesco, ci ricorda che «nessuna regione né settore della nostra famiglia umana può pensarsi o realizzarsi estranea o immune rispetto alle altre» ed esige «che ci avventuriamo ad intessere nuovi modi di costruire la storia presente senza dover denigrare o mancare di rispetto agli altri».
Francesco dice chiaramente che «sono finiti i tempi in cui la logica dell’insularità poteva predominare come concezione del tempo e dello spazio e imporsi come strumento valido per la risoluzione dei conflitti. Oggi è tempo di immaginare, con coraggio, la logica dell’incontro e del dialogo vicendevole come via, la collaborazione comune come condotta e la conoscenza reciproca come metodo e criterio; e, in questa maniera, offrire un nuovo paradigma per la risoluzione dei conflitti, contribuire all’intesa tra le persone e alla salvaguardia del creato».
Creare spazi per offrire un po' d'aria fresca
In questo campo, aggiunge, «le religioni, ma anche le università, senza rinunciare alle proprie caratteristiche peculiari e ai propri doni particolari, hanno molto da apportare e da offrire». Sono tempi questi, aggiunge, che «esigono da noi che costruiamo basi solide, ancorate sul rispetto e sul riconoscimento della dignità delle persone, sulla promozione di un umanesimo integrale» che difenda la nostra casa comune, su un’amministrazione responsabile «che tuteli la bellezza e l’esuberanza della natura come un diritto fondamentale all’esistenza». Le grandi tradizioni religiose del mondo, afferma il Papa, «danno testimonianza di un patrimonio spirituale, trascendente e ampiamente condiviso, che può offrire solidi contributi in tal senso, se siamo capaci di arrischiarci ad incontrarci senza paura».
E ricorda che «tutti noi siamo chiamati non solo a fare attenzione alla voce dei poveri intorno a noi: gli emarginati, gli oppressi, i popoli indigeni e le minoranze religiose, ma anche a non aver paura di generare istanze, come già timidamente iniziano a svilupparsi, dove poterci unire e lavorare insieme.
Nel contempo, ci è richiesto di assumerci il dovere di difendere la dignità umana e di rispettare i diritti di coscienza e di libertà religiosa». Alle religioni del mondo è anche chiesto, prosegue Francesco citando la Laudato Si’, «di creare spazi dove offrire un po’ di aria fresca» certi che non tutto «è perduto, perché gli esseri umani, capaci di degradarsi fino all’estremo, possono anche superarsi, ritornare a scegliere il bene e rigenerarsi, al di là di qualsiasi condizionamento psicologico e sociale che venga loro imposto».
Il ruolo educativo dell'Università
In questo, conclude il Papa, hanno un ruolo fondamentale anche le «istituzioni educative come questa Università». Perché «la ricerca, la conoscenza aiutano ad aprire nuove strade per ridurre la disuguaglianza tra le persone, rafforzare la giustizia sociale, difendere la dignità umana, cercare le forme di risoluzione pacifica dei conflitti e preservare le risorse che danno vita alla nostra terra». Visto che tutti, come fratelli, «siamo membri della famiglia umana» ognuno, è l’appello finale di Francesco, «nel posto che occupa, è chiamato ad essere attore e corresponsabile diretto nella costruzione di una cultura basata sui valori condivisi, che conducano all’unità, al mutuo rispetto e alla convivenza armoniosa».
Il Pontefice saluta offrendo la sua preghiera e i suoi migliori auguri «per i vostri sforzi, orientati a servire lo sviluppo della Tailandia nella prosperità e nella pace», e invocando su tutti presenti, «sulle vostre famiglie e su quanti godono del vostro servizio», la benedizione divina.