Il Papa ha incontrato in Vaticano il metropolita Antonij di Volokolamsk, presidente del dipartimento degli Affari Esterni del Patriarcato di Mosca. È il primo incontro di persona con un rappresentante di Kirill da quando la Russia ha invaso l'Ucraina. Un incontro online si era tenuto il 16 marzo, con papa Francesco dal Vaticano e il Patriarca da Mosca. Accanto a Kirill c'era all'epoca Hilarion, poi allontanato agli inizi di giugno per i suoi tentativi di differenziarsi dall'atteggiamento troppo «aggressivo» del patriarca in favore del conflitto ucraino e troppo appiattito sulle politiche di Vladimir Putin e del Cremlino e sostituito dal metropolita Antonij che da giovedì è in Vaticano dove ha incontrato anche il Segretario per i Rapporti con gli Stati, mons. Richard Gallagher, il “ministro degli Esteri” della Santa Sede.
Il Papa e Kirill dovrebbero incontrarsi di persona a metà settembre in Kazakistan in occasione del Congresso delle Religioni Tradizionali Mondiali che si svolge dal 2003 su iniziativa del Primo Presidente Nursultan Nazarbayev. Un primo incontro, storico, c'era stato nel 2016 a L'Avana mentre un altro era in programma a Gerusalemme a giugno ma è stato rimandato a causa delle differenti posizioni sulla guerra in Ucraina da parte di Mosca e del vescovo di Roma.
A proposito dell'incontro di venerdì mattina in Vaticano, il Dipartimento per le Relazioni esterne del Patriarcato di Mosca ha pubblicato sul proprio sito un comunicato. «Il 5 agosto, su invito di papa Francesco, il presidente del Dipartimento per le relazioni ecclesiastiche esterne del Patriarcato di Mosca, il metropolita Antonio di Volokolamsk, ha visitato il Vaticano, dove ha incontrato il capo della Chiesa cattolica romana nel Palazzo Apostolico», si legge, «durante la conversazione, che si è svolta in italiano, papa Francesco e il metropolita Antonio hanno discusso numerosi temi all'ordine del giorno delle relazioni ortodosse-cattoliche, anche nel contesto dei processi politici in atto nel mondo. Al termine del lungo incontro, gli interlocutori si sono scambiati dei doni».
Sarà beato Petro Oros, il prete ucraino ucciso sotto il regime sovietico
Nel giorno dell’incontro con il rappresentante di Kirill, il Pontefice, ricevendo in udienza il cardinale Marcello Semeraro, ha dato la sua approvazione al riconoscimento del martirio, che apre le porte della beatificazione, di un sacerdote della Chiesa greco-cattolica ucraina ucciso nel 1953 ucciso dal regime dell'Unione sovietica. Il Pontefice ha infatti autorizzato la Congregazione per le cause dei santi ad emettere il decreto riguardante il martirio del Servo di Dio Pietro Paolo Oros, sacerdote dell'eparchia di Mukačevo, in Ucraina; ucciso in odio alla fede il 28 agosto 1953 a Siltse, in Unione Sovietica.
Oros era nato il 14 luglio 1917 nel villaggio ungherese di Biri, in una famiglia profondamente cristiana. Il padre era sacerdote greco-cattolico e scomparve quando Petro aveva 2 anni. A 9 perse la madre. Nel 1937 entrò nel seminario di Uzghorod, nella Transcarpazia, al confine tra Ucraina e Ungheria. Il 18 giugno 1942 fu ordinato sacerdote celibatario dell’Eparchia greco-cattolica di Mukachevo, in Ucraina, e iniziò il servizio pastorale in alcuni villaggi come vice-parroco, facendosi subito apprezzare per lo zelo e l’amore per i poveri. Nel 1943, a motivo della guerra, seguì un corso per cappellani militari a Barca, presso Košice, capoluogo della regione omonima della Slovacchia.
Ritornò nella sua parrocchia che, nel 1944, finì, come tutto il territorio della Transcarpazia, sotto l’occupazione delle truppe sovietiche dell’Armata Rossa e unito alla Repubblica Socialista Sovietica Ucraina, quindi all’Urss. Con l’annessione forzata iniziò la persecuzione della Chiesa greco-cattolica. Oros, nel 1946, venne trasferito a Bilky, nel distretto di Irshava, con l’incarico di parroco. Già allora ricevette pressioni perché passasse alla Chiesa Russa Ortodossa. Pressioni che si intensificarono nel 1948. Lui si oppose, rimanendo fedele al Papa.
Nel 1949 fu proibito poi lo svolgimento delle attività pastorali e tutte le chiese greco-cattoliche furono chiuse. Soppressa anche la stessa Eparchia di Mukačevo. Padre Oros visse quindi, con consapevolezza e coraggio, la condizione di persona sospettata, controllata dai servizi segreti ed esposta ad arresti arbitrari e ingiustizie. Quando, nel 1949, la Chiesa greco-cattolica fu messa fuori legge e le personalità che godevano di stima nella società eliminate sistematicamente, il servo di Dio continuò a svolgere clandestinamente il ministero. Un mandato di arresto nei suoi confronti partì nel 1953.
Cercò di mettersi in fuga, ma il 28 agosto un poliziotto lo fermò presso la stazione ferroviaria nel villaggio di Siltse e lo uccise. Subito l’assassinio fu ritenuto un martirio, malgrado il corpo del sacerdote sia rimasto occultato sino alla disgregazione dell’Unione Sovietica. La sua memoria rimase impressa nei fedeli e perdura ancora oggi, unita alla fama signorum, cioè la convinzione dell’efficacia della sua intercessione presso Dio.