Pubblichiamo il testo integrale del discorso del Papa a un gruppo di imprenditori spagnoli ricevuti in udienza lunedì in Vaticano.
Vi saluto cordialmente, cari fratelli e sorelle membri della Confederazione Spagnola delle Associazioni dei Giovani Imprenditori e della Confederazione degli Imprenditori della Galizia — siete tutti giovani per quello che vedo, il che è molto bello —, e vi ringrazio per le cordiali parole che mi avete rivolto. La vostra presenza qui oggi è un segno di speranza. Ci tocca un’epoca con ben noti squilibri sia economici sia sociali. Il Concilio Vaticano ii aveva già affermato che «il lusso si accompagna alla miseria — sto citando —. E, mentre pochi uomini dispongono di un assai ampio potere di decisione, molti mancano quasi totalmente della possibilità di agire di propria iniziativa o sotto la propria responsabilità, spesso permanendo in condizioni di vita e di lavoro indegne di una persona umana» (Costituzione pastorale Gaudium et spes, n. 63). In tale contesto, è urgente proporre un’economia adeguata per contribuire a risolvere le grandi problematiche che viviamo a livello mondiale.
Vorrei condividere con voi tre idee che mi sembrano opportune per il vostro cammino come imprenditori. In primo luogo c’è la profezia. Come, Padre, che cosa ha detto? La profezia? Che ha a che vedere la profezia con l’imprenditoria? Ve lo suggerisco io. Nella Bibbia il profeta è colui che parla a nome di Dio, che trasmette il suo messaggio, attraverso il quale favorisce un cambiamento nel contesto in cui vive. Per esempio, Amos, il profeta della “giustizia”, denunciava già nel vii secolo a.C. la brama di lusso e di arricchimento dei potenti nel popolo d’Israele, che beneficiava solo un settore che poteva, mentre la grande maggioranza del popolo era oppressa, affamata, nel bisogno. In un contesto tanto complesso come quello attuale, caratterizzato dalla guerra e dalla crisi ambientale, spetta a voi realizzare il vostro servizio, diciamo, come profeti che annunciano ed edificano la casa comune, rispettando tutte le forme di vita, interessandosi al bene di tutti e promuovendo la pace. Senza profezia, l’economia, e in generale tutta l’azione umana, è cieca. Perché si radica in se stessa, no? quando non si ammala e si trasforma in finanza, e quando l’economia si trasforma in finanza, tutto diventa liquido o gassoso e finisce come la catena di sant’Antonio, che uno non sa quanto c’è qui, quanto c’è lì, quanto c’è là, perché non si tocca ed è tutto gassoso. Una dirigente finanziario-economica, a livello mondiale, un giorno, mentre chiacchierava con me, mi ha detto che lei aveva cercato — occupava un posto molto alto — di far incontrare economia, umanesimo e religione e che era andata molto bene. Ha cercato di fare lo stesso con finanza, umanesimo e religione, e non si è trovata una via d’uscita. Questo mi fa pensare molto, no?
Il secondo aspetto si riferisce alla cura del rapporto con Dio. Primo, la profezia, secondo, la cura del rapporto con Dio. Come la terra, quando è ben coltivata e curata, dà abbondanti frutti, così anche noi, quando coltiviamo la salute spirituale, quando abbiamo un rapporto ben curato con il Signore, cominciamo a dare molti frutti buoni.
Il profeta Amos sottolinea: «Cercate il Signore e vivrete, [...] cercate il bene e non il male [...] e così il Signore [...] [sarà] con voi» (5, 6 e 14). L’eroicità di cui il mondo ha oggi bisogno da parte vostra può essere sostenibile solo se ci sono radici forte. Domandarsi: come stanno le mie radici? Il che non vuol dire tornare indietro, no. Le radici per poter crescere meglio. Che sia un’armonia tra le radici, il tronco, i frutti. La conversione economica sarà possibile quando vivremo una conversione del cuore; quando saremo capaci di pensare di più ai bisognosi; quando impareremo ad anteporre il bene comune al bene individuale; quando comprenderemo che la carestia di amore e di giustizia nelle nostre relazioni è la conseguenza di una disattenzione verso il nostro rapporto con il Creatore, e questo si ripercuote anche sulla nostra casa comune. Allora, e forse soltanto allora, potremo invertire le azioni pregiudizievoli che stanno preparando un futuro triste per le nuove generazioni. Ricordatevi che coltivare il rapporto con il Signore rende possibile avere radici forti che sosterranno i progetti che si vuole intraprendere.
Una delle funzioni principali dell'economia è prendersi cura
Il terzo pensiero che condivido con voi riguarda il lavoro e la povertà. Di questi ci ha dato un’importante testimonianza san Francesco d’Assisi, che non solo portò avanti il restauro della cappella di san Damiano, ma contribuì anche e soprattutto a restaurare la Chiesa del suo tempo. In concreto, lo fece con l’amore che provò per i poveri e con il suo modo austero di vivere. Con i valori del lavoro e la povertà, che implicano una fiducia completa in Dio e non nelle cose, si può creare un’economia che riconcili tra loro tutti i membri delle diverse fasi della produzione, senza che si disprezzino reciprocamente, senza che si creino maggiori ingiustizie o si viva una fredda indifferenza. D’altro canto, questo non vuol dire che si ami la miseria, che, al contrario, deve essere combattuta, e a tal fine voi avete i buoni strumenti, come la possibilità di creare posti di lavoro, e contribuire così a dare dignità al vostro prossimo.
Poiché, per mezzo del lavoro, il Signore “solleva dalla polvere il debole, dall’immondizia rialza il povero” (Sal 113, 7). Di modo che abbiamo qui un rimedio per combattere la malattia della miseria: il lavoro e l’amore per i poveri. Siate creativi nella pianificazione del lavoro, siate creativi e questo vi darà molta più forza. Vi incoraggio a continuare a trasformare con creatività il volto dell’economia, affinché sia più attenta ai principi etici (cfr. Lettera enciclica Laudato si’, n. 189) e non si dimentichi che la sua attività è al servizio dell’essere umano, non solo di pochi, ma di tutti, specialmente dei poveri. È inoltre importante che prenda coscienza che non è al di sopra della natura, ma che deve prendersene cura, perché da questo dipendono le generazioni future. La tua impresa deve avere, in qualche modo, cura di non inquinare più la natura, al contrario, deve aprire cammini di risanamento. Uno dei grandi scienziati europei, in un incontro che ho avuto con lui sei mesi fa, ha detto: “ieri mi è nata una nipote e ho pensato, poverina, se le cose continuano così, entro trent’anni le toccherà abitare un mondo inabitabile”.
È ancora nelle nostre mani cambiare questa tendenza a inquinare che sta distruggendo tutto.
Vorrei concludere il mio messaggio affidandovi alla protezione della Vergine Santissima e di san Giuseppe. Loro seppero prendersi cura della famiglia e della casa con cuore di genitori. Che intercedano per voi, affinché il Signore vi conceda anche un amore materno e paterno per custodire la famiglia umana, prendersi cura, prendersi cura della casa comune. Questa è una virtù di cui non si parla molto quando si danno lezioni di economia — state attenti —; una delle tue funzioni principali è prenderti cura, prenderti cura dei tuoi, prenderti cura della tua impresa, prenderti cura dei tuoi impiegati, prenderti cura della casa comune, prenderti cura di tutto, no? Il buon economista, il buon imprenditore si prende cura.
Che Dio vi benedica. Che la Vergine vi custodisca! E non dimenticatevi di pregare per me, ne ho bisogno. Grazie.