Nel 2014 tracciò una diagnosi durissima sui mali della Curia romana con l’elenco delle «piaghe» che provocano carrierismo, mondanità, attaccamento al potere e ai soldi. L’anno scorso fece un elenco sulle virtù necessarie ai curiali per lavorare bene al servizio della Chiesa. Quest’anno papa Francesco si sofferma sui criteri che hanno guidato la riforma della Curia, iniziata da più di tre anni e con il cantiere ancora aperto guidato dal C9, il consiglio dei nove cardinali che aiutano Bergoglio nel processo di riforma. L’occasione è quella tradizionale dello scambio degli auguri di Natale. Francesco dice chiaramente che «la riforma della Curia non è un lifting», un'operazione di chirurgia plastica «per togliere le rughe», perché «non sono le rughe che nella Chiesa si devono temere, ma le macchie!». E che le riforme incontrano anche «resistenze malevole, che germogliano in menti distorte»: una «resistenza» che «si nasconde dietro le parole giustificatrici e, in tanti casi, accusatorie, rifugiandosi nelle tradizioni, nelle apparenze, nelle formalità». Mette in guardia dal funzionalismo: «È indispensabile», spiega, «che ogni Dicastero adotti una politica di formazione permanente del personale, per evitare l’arrugginirsi e il cadere nella routine del funzionalismo». E archivia definitivamente la pratica del “promoveatur ut amoveatur”, definita a braccio «un cancro».
Prima di elencare le linee guida della sua riforma, il Papa dice che la riforma è un processo di crescita e soprattutto di conversione. Non ha «un fine estetico», non è un lifting o un maquillage «per abbellire l’anziano corpo curiale», e nemmeno un'operazione di chirurgia plastica per togliere le rughe. Il Papa spiega che «la riforma sarà efficace solo e unicamente se si attua con uomini “rinnovati” e non semplicemente con uomini “nuovi”». Occorre dunque «portare i membri della Curia a rinnovarsi spiritualmente, umanamente e professionalmente». Non basta cambiare le persone, serve «la conversione delle persone», «non basta una “formazione permanente”, occorre anche e soprattutto una conversione e una purificazione permanente». Perché senza un «mutamento di mentalità lo sforzo funzionale risulterebbe vano».
Le difficoltà normali e le resistenze malevole
In questo percorso di cambiamento, ha spiegato Francesco, «risulta normale, anzi salutare, riscontrare delle difficoltà» e delle resistenze. Ce ne sono di vari tipi, però. Quelle «aperte, che nascono spesso dalla buona volontà e dal dialogo sincero», quelle «nascoste, che nascono» nei cuori «impauriti o impietriti che si alimentano dalle parole vuote del gattopardismo spirituale; di chi a parole si dice pronto al cambiamento ma vuole che tutto resti come prima esistono anche le resistenze malevole, che germogliano in menti distorte e si presentano quando il demonio ispira intenzioni cattive (spesso travestite da agnelli)», anche se il Papa ha detto, forse per un lapsus, “angelli”.
«Questo ultimo tipo di resistenza», ha sottolineato, «si nasconde dietro le parole giustificatrici e, in tanti casi, accusatorie, rifugiandosi nelle tradizioni, nelle apparenze, nelle formalità».
Ma il Papa, con sano realismo, sottolinea anche che «l’assenza di reazione è segno di morte!» e quindi tutte le resistenze «sono necessarie e meritano di essere ascoltate, accolte e incoraggiate a esprimersi». La riforma è un processo che «deve essere vissuto con fedeltà all’essenziale, con continuo discernimento, con evangelico coraggio», con ascolto, azione, silenzio, con «ferme decisioni», con tanta preghiera e umiltà, «con concreti passi in avanti e - quando risulta necessario – con passi anche indietro» (un riferimento, questo, alle correzioni in corso d'opera su alcune decisioni prese), con «responsabile potestà, con incondizionata obbedienza» ma soprattutto abbandonandosi «alla sicura guida dello Spirito Santo».
I dodici criteri della riforma
Il Papa ha elencato i «criteri guida» della sua riforma. «Sono principalmente dodici», ha detto: «individualità; pastoralità; missionarietà; razionalità; funzionalità; modernità; sobrietà; sussidiarietà; sinodalità; cattolicità; professionalità; gradualità».
Poi è passato a spiegarli uno ad uno. L'individualità («Conversione personale») riguarda «l'importanza della conversione individuale senza la quale saranno inutili tutti i cambiamenti nelle strutture».
La pastoralità riguarda invece la «conversione pastorale», perché «l'impegno di tutto il personale della Curia deve essere animato da una pastoralità e da una spiritualità di servizio e di comunione, poiché questo è l'antidoto contro tutti i veleni della vana ambizione e dell'illusoria rivalità».
La missionarietà («Cristocentrismo») «è il fine principale di ogni servizio ecclesiastico ossia quello di portare il lieto annuncio a tutti i confini della terra». La razionalità si riferisce al fatto che «risultava necessaria una razionalizzazione degli organismi della Curia Romana». Per quanto riguarda la funzionalità, ha spiegato il Pontefice, «l'eventuale accorpamento di due o più Dicasteri (...) in un unico Dicastero serve, per un verso, a dare al medesimo Dicastero una rilevanza maggiore (anche esterna); per altro verso la contiguità e l'interazione di singole realtà all'interno di un unico Dicastero aiuta ad avere una maggiore funzionalità (ne sono esempio i due attuali nuovi Dicasteri di recente istituzione)».
E ancora. La modernità («aggiornamento») è «la capacità di leggere e di ascoltare i “segni dei tempi”». In tema di sobrietà, «sono necessari una semplificazione e uno snellimento della Curia: accorpamento o fusione di Dicasteri secondo materie di competenza e semplificazione interna di singoli Dicasteri; eventuali soppressioni di Uffici che non risultano più rispondenti alle necessità contingenti».
La sussidiarietà prevede il «riordinamento di competenze specifiche dei diversi Dicasteri, spostandole, se necessario, da un Dicastero ad un altro, per raggiungere l'autonomia, il coordinamento e la sussidiarietà nelle competenze e l'interconnessione nel servizio», con riferimento anche ai poteri della Segreteria di Stato «affinché nell'adempimento delle proprie mansioni essa sia l'aiuto diretto e più immediato del Papa».
Francesco ha fatto quindi riferimento alla sinodalità che deve esserci nel lavoro della Curia e in ogni dicastero, alla cattolicità che deve rispecchiare l'universalità della Chiesa («è opportuno prevedere l'accesso a un numero maggiore di fedeli laici specialmente in quei Dicasteri dove possono essere più competenti dei chierici o dei consacrati. Di grande importanza è inoltre la valorizzazione del ruolo della donna e dei laici nella vita della Chiesa e la loro integrazione nei ruoli-guida dei Dicasteri»), alla professionalità («è indispensabile l'archiviazione definitiva della pratica del “promoveatur ut amoveatur”: questo è un cancro»), e infine alla gradualità dell'applicazione, con tappe “ad experimentum” e la «flessibilità necessaria per poter raggiungere una vera riforma».
Il punto sui lavori
Francesco ha poi fatto un elenco di quanto realizzato finora: il Consiglio del cardinali (C9); le commissioni referenti sullo Ior e sull'organizzazione della struttura economico-amministrativa; la nuova giurisdizione degli organi giudiziari vaticani in materia penale; il Comitato di sicurezza finanziaria; il consolidamento dell’AIF; l'istituzione della Segreteria e del Consiglio per l’Economia, e del Revisore generale; l'istituzione della commissione per la tutela dei Minori; il trasferimento della sezione ordinaria dell’Apsa alla Segreteria per l’Economia; gli statuti dei nuovi organismi economici; l'istituzione della Segreteria per la Comunicazione e il suo statuto; la riforma del processo canonico per le cause di dichiarazione di nullità del matrimonio; la normativa per prevenire negligenze dei vescovi nei casi di abusi sessuali compiuti su minori dal clero; l'istituzione dei nuovi dicasteri per i laici, la famiglia e la vita, e quello per il servizio dello sviluppo umano integrale; lo statuto dell'Accademia per la vita.
Il senso del Natale
All’inizio e poi alla fine del suo discorso, il Papa ha ricordato il senso profondo del Natale. Ha citato San Macario, monaco del IV secolo: «L’infinito, inaccessibile e increato Dio per la sua immensa e ineffabile bontà ha preso un corpo e vorrei dire si è infinitamente diminuito dalla sua gloria».
Il Natale, quindi, «è la festa dell’umiltà amante di Dio, del Dio che capovolge l’ordine del logico scontato, l’ordine del dovuto, del dialettico e del matematico. In questo capovolgimento giace tutta la ricchezza della logica divina che sconvolge la limitatezza della nostra logica umana». Poi, citando Romano Guardini e Paolo VI, il Papa ha detto che «in realtà, Dio ha scelto di nascere piccolo , perché ha voluto essere amato . Ecco come la logica del Natale è il capovolgimento della logica mondana, della logica del potere, della logica del comando, della logica fariseistica e della logica causalistica o deterministica».
Poi, in conclusione, ha citato un monaco contemporaneo recentemente scomparso, Matta el Meskin che rivolgendosi al Bambino di Betlemme ha detto: « Donaci di non crederci grandi nelle nostre esperienze. Donaci, invece, di diventare piccoli come te affinché possiamo esserti vicini e ricevere da te umiltà e mitezza in abbondanza... Il mondo è stanco e sfinito perché fa a gara a chi è il più grande».
Il regalo ai cardinali: un libro sulle malattie dell’anima
Al termine del discorso, il Papa a braccio ha parlato del dono che quest'anno ha voluto fare ai porporati. «Quando due ani fa quando ho parlato delle malattie della Curia, uno di voi è venuto a dirmi: "Devo andare in farmacia o a confessarmi?". "Tutte e due!" Ho detto. Poi il cardinale Brandmüller mi ha guardato negli occhi e mi ha detto: Acquaviva! Non ho capito subito, poi mi sono ricordato di un libro di padre Acquaviva (superiore dei gesuiti nel Cinquecento, ndr) che aveva scritto un libro che noi studenti leggevamo in latino e che i padri spirituali ci davano da leggere. Era dedicato alle malattie dell'anima, Accorgimenti per curare le malattie dell'anima. Da qualche mese è stato pubblicato con un'edizione molto buona e una bellissima traduzione, con un'introduzione a cura di padre Raffo, da poco scomparso». Il cardinale Brandmüller citato dal Papa è uno dei quattro porporati firmatari dei “dubia” sull'Amoris laetitia.