«Il futuro della terra è nelle nostre mani». Il Papa ricorda gli incendi scoppiati in questi giorni a Roma e il tema della siccità che «rappresenta ormai un problema grave che sta causando seri danni alle attività toro duttile e all'ambiente». Affacciandosi dalla finestra del palazzo apostolico, il Pontefice auspica che «si attuino le misure necessarie a fronteggiare queste urgenze e a prevenire le emergenze future. Tutto questo deve farci riflettere sulla tutela del Creato che è responsabilità nostra, di ciascuno di noi, non è una moda, è una responsabilità. Il futuro della Terra è nelle nostre mani e nelle nostre decisioni».
Il Papa, inoltre, chiede ancora di pregare per «la martoriata terra Ucraina». Esprime tutto il suo dolore per l’attentato al centro commerciale e insiste perché si faccia di tutto perché «questa folle guerra possa vedere presto la fine». Il Pontefice invita a «pregare per la pace: che il Signore apra quelle vie di dialogo che gli uomini non vogliono o non riescono a trovare».
Prima, parlando del cammino di fede di Pietro e Paolo aveva sottolineato che c’è un «apprendistato» della fede che ha riguardato anche i due apostoli. Come loro ogni cristiano deve professare che Gesù è il Messia, il Figlio del Dio vivente. Ma servono tempo e pazienza per agire in adesione piena al Vangelo. Lo stesso Pietro, dopo aver fatto la sua professione di fede rinnega Gesù tre volte. Eppure, alla fine, seguirà fino in fondo il Maestro al punto da condividerne la morte in croce, anche se «a testa in giù», perché non si sentiva degno di essere paragonato a Lui. Anche noi, ha detto il Pontefice, «ripetiamo il Credo, lo diciamo con fede, ma davanti alle prove dure della vita sembra che tutto vacilli. Siamo portati a protestare col Signore, dicendogli che non è giusto, che ci devono essere altre vie, più diritte, meno faticose. Viviamo la lacerazione del credente, che crede in Gesù, si fida di Lui; ma nello stesso tempo sente che è difficile seguirlo e viene la tentazione di cercare strade diverse da quelle del Maestro». Il cammino di fede, insiste Francesco, «non è mai una passeggiata, ma è impegnativo, a volte arduo. Ma, alla luce dell’esperienza dei santi apostoli Pietro e Paolo, ognuno di noi può domandarsi: “Quando professo la mia fede in Gesù Cristo, il Figlio di Dio, lo faccio con la consapevolezza di dover sempre imparare, oppure presumo di aver già capito tutto?” E ancora: “Nelle difficoltà e nelle prove mi scoraggio, mi lamento, oppure imparo a farne occasione per crescere nella fiducia verso il Signore?”».
San Pietro, all’inizio «inorridiva al pensiero della croce; ma alla fine della vita testimoniò il Signore con coraggio, fino al punto di farsi crocifiggere» e anche Paolo «è passato attraverso una lenta maturazione della fede, sperimentando momenti di incertezza e di dubbio. L’apparizione del Risorto sulla via di Damasco, che da persecutore lo rese cristiano, va vista come l’avvio di un percorso durante il quale l’Apostolo ha fatto i conti con le crisi, i fallimenti e i continui tormenti di quella che chiama “spina nella carne”».