Torna a evocare il diavolo papa Francesco e lo fa ricevendo i vescovi dei “Territori di Missione” che partecipano a un seminario promosso a Roma dalla Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli (Propaganda fide). Dice che «il diavolo entra per le tasche e distrugge con la lingua» e che le due «armi» che ha a disposizione e utilizza per tentare di distruggere la Chiesa «da dentro» sono i soldi e, soprattutto, la «principale» secondo Bergoglio, il «terrorismo» rappresentato dalle chiacchiere che creano discordie, divisioni e liti. Francesco ha fatto questo passaggio a braccio mentre avvertiva i presuli a vigilare attentamente «perché tutto ciò che si mette in atto per l’evangelizzazione e le diverse attività pastorali di cui siete promotori», ha detto, «non venga danneggiato o vanificato da divisioni già presenti o che si possono creare».
E ha puntualizzato: «Il diavolo entra per le tasche e distrugge con la lingua, con le chiacchiere che dividono e l’abitudine a chiacchierare è un’abitudine di terrorismo. Il chiacchierone è un terrorista che butta la bomba – la chiacchiera – per distruggere. Per favore, lottate contro le divisioni, perché è una delle armi che ha il diavolo per distruggere la Chiesa locale e la chiesa universale». In particolare, ha aggiunto il Pontefice, «le differenze dovute alle varie etnie presenti in uno stesso territorio non devono penetrare nelle comunità cristiane fino a prevalere sul loro bene. Ci sono sfide difficili da risolvere, ma con la grazia di Dio, la preghiera, la penitenza, si può. La Chiesa è chiamata a sapersi porre sempre al di sopra delle connotazioni tribali-culturali e il Vescovo, visibile principio di unità, ha il compito di edificare incessantemente la Chiesa particolare nella comunione di tutti i suoi membri».
«I vescovi siano vicini ai sacerdoti»
All’inizio dell’incontro Francesco ha fatto appello affinché le differenze etniche presenti nei paesi di provenienza di questi vescovi (prevalentemente Africa, Asia e Oceania) non penetrino nelle comunità cristiane «fino a prevalere sul loro bene». «I luoghi da cui provenite», ha detto il Papa, «sono diversi e distanti tra loro, e appartengono alla grande costellazione dei cosiddetti “territori di missione”. Pertanto ognuno di voi ha il grande privilegio e al tempo stesso la responsabilità di essere in prima fila nell’evangelizzazione. A immagine del Buon Pastore, siete inviati a curare il gregge e andare in cerca delle pecore, specialmente di quelle lontane o smarrite; a ricercare pure nuove modalità per l’annuncio, per andare incontro alle persone; ad aiutare chi ha ricevuto il dono del Battesimo a crescere nella fede, perché i credenti, anche quelli “tiepidi” o non praticanti, scoprano nuovamente la gioia della fede e una fecondità evangelizzatrice. Per questo vi incoraggio ad incontrare anche le pecore che non appartengono ancora all’ovile di Cristo: infatti – ha detto Francesco citando la sua esortazione apostolica Evangelii gaudium – l’evangelizzazione è essenzialmente connessa con la proclamazione del Vangelo a coloro che non conoscono Gesù Cristo o lo hanno sempre rifiutato. Nell’opera missionaria – ha proseguito il Papa – potete avvalervi di diversi collaboratori. Molti fedeli laici, immersi in un mondo segnato da contraddizioni e ingiustizie, sono disponibili a cercare il Signore e a rendergli testimonianza».
Un altro aspetto su cui si è soffermato il Papa è stata la formazione dei preti e l’accompagnamento pastorale: «Le Chiese giovani di cui siete i Pastori», ha detto, «si caratterizzano per la presenza di un clero locale a volte numeroso, a volte scarso o addirittura esiguo. In ogni caso, vi invito a prestare attenzione alla preparazione dei presbiteri negli anni di Seminario, senza smettere di accompagnarli nella formazione permanente dopo l’Ordinazione. Sappiate offrire loro un esempio concreto e tangibile. Per quanto vi è possibile, cercate di partecipare con loro ai principali momenti formativi, avendo sempre cura anche della dimensione personale. Non dimenticatevi – ha sottolineato – che il prossimo più prossimo del Vescovo è il presbitero. Ogni presbitero deve sentire la vicinanza del suo Vescovo. Quando un Vescovo sente una chiamata telefonica del presbitero o arriva una lettera, risponde subito! Subito! Lo stesso giorno, se è possibile. Ma quella vicinanza deve cominciare nel seminario, nella formazione e continuare. Il prossimo più prossimo del Vescovo è il presbitero».
Francesco, alla fine, ha indicato ai vescovi quali sono le priorità della
loro missione: «Curate
il popolo di Dio a voi affidato, curate i presbiteri, curate i seminaristi.
Questo è il vostro lavoro».
Al seminario di studio, organizzato dalla Congregazione per l’Evangelizzazione
dei Popoli, partecipano fino al 17 settembre 96 vescovi nominati dal Papa negli
ultimi due anni. Arrivano da giovani Chiese di territori di missione: 43
presuli provengono dall’Africa, 36 dall’Asia, 13 dall’America e 4 dall’Oceania.