Elogia il «coraggio» del Kazakhstan e le «scelte molto positive» che ha intrapreso «come quella di dire no alle armi nucleari e quella di buone politiche energetiche e ambientali». E riflette su una minaccia che sembra incombere su tutto il mondo anche alla luce dell’escalation annunciata da Putin in Ucraina con il referendum per l’annessione del Donbass: «In un momento in cui questa tragica guerra ci porta a che alcuni pensino alle armi nucleari, quella pazzia!, questo Paese ha detto no alle armi nucleari», afferma Francesco davanti ai fedeli arrivati in piazza San Pietro per l’udienza generale che, come da tradizione, dedica a tracciare un bilancio del viaggio in Kazakhstan della scorsa settimana.
Poi, parlando a braccio, torna a parlare della guerra in corso: «Vorrei fare presente una terribile situazione della martoriata Ucraina», dice, «il cardinale Krajewski (l’Elemosiniere del Papa, ndr) è andato lì per la quarta volta, ieri mi ha telefonato e sta prendendo tempo, lì, aiutando nella zona di Odessa e nelle vicinanze. Mi ha raccontato il dolore di questo popolo, le malvagità, le mostruosità, i cadaveri torturati che trovano. Uniamoci a questo popolo così nobile e martire».
Lunedì scorso Krajewski è andato in visita alle fosse comuni di Izyum. «Non ci sono le parole, né le lacrime», avev detto prima di lasciare Kharkiv per recarsi a Kiev, ultima tappa di questa quarta missione in Ucraina per conto del Papa. A Izyum, ha raccontato l’Elemosiniere del Papa ai media vaticani, «abbiamo assistito a una “celebrazione”, possiamo dire così, dove cinquanta uomini giovani, soprattutto poliziotti, vigili del fuoco, soldati vestiti con tute bianche scavavano e portavano via dalle tombe, spesso comuni, le salme dei poveri ucraini uccisi, qualcuno tre-quattro mesi fa, qualcuno appena sepolto lì. Lo so, c'è la guerra e la guerra non conosce la pietà, ci sono anche i morti. Certo che vederne così tanti in una zona è una cosa difficile da raccontare, da spiegare». Il 17 settembre scorso Krajewski, insieme a due vescovi, uno cattolico e uno protestante, e un soldato di scorta, era stato anche coinvolto in una sparatoria nell'area controllata dai filorussi della regione di Zaporizhzhia, dove si era spinto per portare aiuti alla popolazione, rimanendo fortunatamente illeso.
Nella catechesi, il Papa spiega il significato della sua visita in Kazakhstan: «Il motivo principale del viaggio è stato di prendere parte al Congresso dei Leader delle religioni mondiali e tradizionali», sottolinea, «questa iniziativa è portata avanti da vent'anni dalle Autorità del Paese, che si presenta al mondo come luogo d’incontro e di dialogo, in questo caso a livello religioso, e quindi come protagonista nella promozione della pace e della fratellanza umana. È stata la settima edizione di questo Congresso: un Paese che a trent'anni dall'indipendenza ha fatto sette edizioni di questo congresso, ogni tre anni».
Questo, nota Bergoglio, «significa mettere le religioni al centro dell'impegno per la costruzione di un mondo in cui ci si ascolta e ci si rispetta nella diversità. E questo non è relativismo. Di questo va dato atto al Governo kazako, che, dopo essersi liberato dal giogo del regime ateistico, ora propone una strada di civiltà che tenga insieme politica e religione, senza confonderle né separarle, condannando nettamente fondamentalismi ed estremismi. Una posizione equilibrata e di unità». Il Congresso», sottolinea il Pontefice, «ha discusso e approvato la Dichiarazione finale, che si pone in continuità con quella firmata ad Abu Dhabi nel febbraio 2019 sulla fratellanza umana. Mi piace interpretare questo passo avanti come frutto di un cammino che parte da lontano: penso naturalmente allo storico Incontro interreligioso per la pace convocato da San Giovanni Paolo II ad Assisi nel 1986, tanto criticato dalla gente che non aveva lungimiranza; penso allo sguardo lungimirante di San Giovanni XXIII e San Paolo VI; e anche a quello di grandi anime di altre religioni - mi limito a ricordare il Mahatma Gandhi».
Il Papa ricorda la «vocazione del Kazakistan ad essere Paese dell'incontro: in esso, infatti, convivono circa centocinquanta gruppi etnici e si parlano più di ottanta lingue. Questa vocazione, che è dovuta alle sue caratteristiche geografiche e alla sua storia, di essere Paese di incontro di culture e di lingue, è stata accolta e abbracciata come un cammino, che merita di essere incoraggiato e sostenuto».
Nel fare un bilancio del suo viaggio nel «vastissimo Paese dell'Asia centrale» Francesco auspica che «possa proseguire la costruzione di una democrazia sempre più matura, in grado di rispondere effettivamente alle esigenze dell'intera società. È un compito arduo, che richiede tempo, ma già bisogna riconoscere che il Kazakistan ha fatto scelte molto positive, come quella di dire no alle armi nucleari e quella di buone politiche energetiche e ambientali».
«Per quanto riguarda la Chiesa», aggiunge, «mi ha tanto rallegrato incontrare una comunità di persone contente, gioiose, con entusiasmo. I cattolici sono pochi in quel Paese così vasto. Ma questa condizione, se vissuta con fede, può portare frutti evangelici: anzitutto la beatitudine della piccolezza, dell'essere lievito, sale e luce contando unicamente sul Signore e non su qualche forma di rilevanza umana. Inoltre la scarsità numerica invita a sviluppare le relazioni con i cristiani di altre confessioni, e anche la fraternità con tutti. Dunque piccolo gregge, sì, ma aperto, non chiuso, non difensivo, aperto e fiducioso nell'azione dello Spirito Santo, che soffia liberamente dove e come vuole».
Dopo la catechesi, il Papa ha ricordato che «oggi ricorre la Giornata mondiale dell'Alzheimer, una malattia che colpisce tante persone, le quali a causa di questa patologia sono spesso poste ai margini della società. Preghiamo per i malati di Alzheimer, per le loro famiglie e per coloro che se ne prendono amorevolmente cura affinché siano sempre più sostenuti e aiutati», ha detto il Pontefice, «associo anche alla preghiera gli uomini e le donne emodializzati, in dialisi e trapianto, convenuti qui in una rappresentanza».