«Oggi sarebbe bello», esordisce Papa Francesco all'Angelus, «che ognuno di noi prendesse questo capitolo del Vangelo di Luca e leggesse queste tre parabole: quella della pecora ritrovata, quella della moneta ritrovata e la grande parabola del figlio prodigo, o meglio, del padre misericordioso».
Su quest'ultima si sofferma: «Il racconto ci fa cogliere alcuni tratti di questo padre: è un uomo sempre pronto a perdonare e che spera contro ogni speranza. Colpisce anzitutto la sua tolleranza dinanzi alla decisione del figlio più giovane di andarsene di casa: avrebbe potuto opporsi, sapendolo ancora immaturo, o cercare qualche avvocato per dargli l'eredità e invece gli permette di partire, pur prevedendo i possibili rischi. Così agisce Dio con noi: ci lascia liberi, anche di sbagliare, perché creandoci ci ha fatto il grande dono della libertà. Sta a noi farne un buon uso. Questo dono della libertà che Dio ci fa mi stupisce sempre».
Come ogni volta nelle parole del Papa le figure del Vangelo prendono vita quotidiana: il padre del figliol prodigo, dice, «attende fiducioso il ritorno del figlio: vuol dire che ogni giorno questo padre saliva al terrazzo per vedere se il figlio tornava. Quanta tenerezza! E questo figlio ne aveva fatte di grosse.
Lo stesso atteggiamento il padre riserva anche al figlio maggiore, che è sempre rimasto a casa, e ora è indignato e protesta perché non capisce. Quando uno si sente peccatore, quando si sente poca cosa, va dal Padre e il Padre lo attende. Mentre al figlio che si sente giusto il Padre va incontro: sentirsi giusti -chiosa il Papa a braccio -è la superbia. Il Padre aspetta i peccatori e va cercare quelli che si sentono giusti.
In questa parabola si può intravedere anche un terzo figlio, nascosto! E’ quello che «non ritenne un privilegio l’essere come il Padre, ma svuotò sé stesso, assumendo una condizione di servo».
Questo Figlio-Servo è Gesù, l’estensione delle braccia e del cuore del Padre. Ci insegna ad essere “misericordiosi come il Padre”.
La figura del padre della parabola svela il cuore di Dio. Gli errori che commettiamo, anche se grandi, non scalfiscono la fedeltà del suo amore. Nel sacramento della Riconciliazione possiamo sempre di nuovo ripartire: Egli ci accoglie, ci restituisce la dignità di figli suoi e ci dice vai avanti, sii in pace.
Lasciamoci raggiungere dallo sguardo pieno d’amore del nostro Padre, e ritorniamo a Lui con tutto il cuore, rigettando ogni compromesso col peccato».
E a proposito di compromesso con il peccato, dopo l'Angelus, nel ricordare le quattro suore Missionarie della Carità uccise il 4 marzo in un attentato in Yemen, il Papa ci ammonisce contro il rischio della globalizzazione dell'indifferenza: «Prego per loro e per le altre persone uccise nell’attacco, e per i familiari: questi sono i martiri di oggi e questi non sono notizie, questi danno il sangue per la Chiesa, questi sono vittime dell'attacco di quelli che li hanno uccisi e anche dell'indifferenza. E' la globalizzazione dell'indifferenza. Madre Teresa accompagni in paradiso queste sue figlie martiri della carità, e interceda per la pace e il sacro rispetto della vita umana».
Prima di salutare i fedeli in attesa di recarsi ad Ariccia per gli esercizi spirituali che cominciano questa sera, il Papa ricorda l'impegno per la pace, rivolge un pensiero «all’iniziativa dei corridoi umanitari per i profughi, avviata ultimamente in Italia. Questo progetto-pilota, che unisce la solidarietà e la sicurezza, consente di aiutare persone che fuggono dalla guerra e dalla violenza, come i cento profughi già trasferiti in Italia, tra cui bambini malati, persone disabili, vedove di guerra con figli e anziani. Mi rallegro anche perché questa iniziativa è ecumenica, essendo sostenuta da Comunità di Sant’Egidio, Federazione delle Chiese Evangeliche Italiane, Chiese Valdesi e Metodiste"».