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giovedì 22 maggio 2025
 
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Il Papa: "La gioia della Chiesa è evangelizzare"

02/04/2022  Francesco, nel santuario mariano di Ta Pinu ascolta le testimonianze dei fedeli e poi ricorda che la Chiesa non è un circolo chiuso, votata al passato. Tornare alle origini, spiega, non è cancellare la storia, ma andare all'essenziale che è l'annuncio di Cristo

Ai piedi di Maria, nel santuario di Ta Pinu, a Gozo, i pellegrini lasciano i propri dolori e la propria angoscia. Vengono da ogni dove, e non solo da Malta, per mettersi sotto la protezione della Madre di Gesù e per sperimentare quell'amore misericordioso di cui Maria è stata la prima testimone. Un amore nato dalla croce, come raccontano Matteo e Marco riferendo l'episodio in cui il Cristo in croce affida sua madre all'apostolo prediletto e viceversa. Sulla croce Gesù prega: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?», ricorda il Papa. Lo stesso grido di Sandi e Domenico, marito e moglie che da anni affrontano la sclerosi di lei che l'ha condotta all'immobilità. «Tante volte ho detto: "Perché a me?, Perché a noi?"», confessano i coniugi. I quali, però, si dicono anche grati e gioiosi per la vicinanza di Dio. «Grazie per la perseveranza del vostro amore e per la vostra testimonianza di fede!», li incoraggia Francesco. E sottolinea che «l’ora di Gesù – che nel Vangelo di Giovanni è l’ora della morte sulla croce – non rappresenta la conclusione della storia, ma segna l’inizio di una vita nuova. Presso la croce, infatti, contempliamo l’amore misericordioso di Cristo, che spalanca le braccia verso di noi e, attraverso la sua morte, ci apre alla gioia della vita eterna».

La vita nuova che nasce dove sembra esserci morte è anche la storia del santuario, che doveva essere demolito «Prima dello splendido edificio che vediamo oggi, c’era solo una piccola cappella in stato di abbandono. Ne era stata disposta la demolizione: sembrava la fine. Ma una serie di eventi cambiarono il corso delle cose, come se il Signore volesse dire a questa popolazione: "Nessuno ti chiamerà più Abbandonata, né la tua terra sarà più detta Devastata, ma sarai chiamata Mia Gioia e la tua terra Sposata"», dice Francesco. E da allora la chiesetta è diventata «Santuario nazionale, meta di pellegrini e sorgente di vita nuova», come ha ricordato anche Jennifer. «Qui venne pellegrino anche San Giovanni Paolo II, del quale oggi ricorre l’anniversario della morte. Un posto che sembrava perduto, ora rigenera fede e speranza nel Popolo di Dio».

E allora tutti possono cogliere questo invito della vita nuova che si genera, del ritorno «all’ora di Gesù». Un ritorno che non è guardare solo al passato e cancellare la storia che c'è in mezzo, ma un «riscoprire l’essenziale della fede». Tornare «alle origini significa recuperare lo spirito della prima comunità cristiana, cioè ritornare al cuore e riscoprire il centro della fede: la relazione con Gesù e l’annuncio del suo Vangelo al mondo intero. Questo è l’essenziale! », dice il Papa. Significa avere il cuore trepidante per l'urgenza di annunciare il Vangelo, come fecero i primi discepoli e la Maddalena. «La principale preoccupazione dei discepoli di Gesù non era il prestigio della comunità e dei suoi ministri, l’influenza sociale, la ricercatezza del culto. No. L’inquietudine che li muoveva era l’annuncio e la testimonianza del Vangelo di Cristo. Questa è la gioia della Chiesa: evangelizzare». Per questo, forti della storia preziosa «da cui attingere tante ricchezze spirituali e pastorali», la Chiesa deve tendere a «un grande futuro da costruire, docile ai progetti di Dio. Non può bastarci una fede fatta di usanze tramandate, di solenni celebrazioni, belle occasioni popolari, momenti forti ed emozionanti; abbiamo bisogno di una fede che si fonda e si rinnova nell’incontro personale con Cristo, nell’ascolto quotidiano della sua Parola, nella partecipazione attiva alla vita della Chiesa, nell’anima della pietà popolare».

Un aiuto può venire dal Sinodo, il cui cammino nell'isola è cominciato, e che può rinvigorire una Chiesa che deve avere «al centro la testimonianza e non qualche usanza religiosa; una Chiesa che desidera andare incontro a tutti con la lampada accesa del Vangelo e non essere un circolo chiuso. Non abbiate paura di intraprendere, come già fate, percorsi nuovi, magari anche rischiosi, di evangelizzazione e di annuncio, che toccano la vita». Alle origini, dice il Papa, c'è un atto di affidamento, quello di Maria a Giovanni e di Giovanni a Maria, sotto la croce, «così che "da quell’ora il discepolo l’accolse con sé". Ritornare all’inizio significa anche sviluppare l’arte dell’accoglienza. Tra le ultime parole di Gesù dalla croce, quelle rivolte alla Madre e a Giovanni esortano a fare dell’accoglienza lo stile perenne del discepolato. Non si trattò, infatti, di un semplice gesto di pietà, per cui Gesù affidò la mamma a Giovanni perché non rimanesse da sola dopo la sua morte, ma di un’indicazione concreta su come vivere il comandamento sommo, quello dell’amore. Il culto a Dio passa per la vicinanza al fratello». Passa attraverso la cura delle ferite gli uni degli altri, «senza sospetti, divisioni, dicerie, chiacchiere e diffidenze».

 

L'accoglienza, spiega Francesco, è la «cartina di tornasole per verificare quanto effettivamente la Chiesa è permeata dallo spirito del Vangelo. Maria e Giovanni si accolgono non nel caldo rifugio del cenacolo, ma presso la croce, in quel luogo oscuro in cui si veniva condannati e crocifissi come malfattori. E anche noi, non possiamo accoglierci solo tra di noi, all’ombra delle nostre belle Chiese, mentre fuori tanti fratelli e sorelle soffrono e sono crocifissi dal dolore, dalla miseria, dalla povertà e dalla violenza. Vi trovate in una posizione geografica cruciale, che si affaccia sul Mediterraneo come polo di attrazione e approdo di salvezza per tante persone sballottate dalle tempeste della vita che, per motivi diversi, arrivano sulle vostre sponde. Nel volto di questi poveri è Cristo stesso che si presenta a voi. Questa è stata l’esperienza dell’Apostolo Paolo che, dopo un terribile naufragio, fu calorosamente accolto dai vostri antenati». Accolto con il fuoco «che avevano acceso perché era sopraggiunta la pioggia e faceva freddo». E anche noi oggi dobbiamo accendere «fuochi di tenerezza quando il freddo della vita incombe su coloro che soffrono». Allora, da una esperienza drammatica nacque qualcosa di importante «perché Paolo annunciò e diffuse il Vangelo e, in seguito, tanti annunciatori, predicatori, sacerdoti e missionari seguirono le sue orme». E anche oggi Malta mantiene questo cuore grande. «Come ha detto il vostro vescovo, monsignor Teuma», conclude il Papa, «siete un’isola piccola, ma dal cuore grande. Siete un tesoro nella Chiesa e per la Chiesa. Per  custodirlo, bisogna tornare all’essenza del cristianesimo: all’amore di Dio, motore della nostra gioia, che ci fa uscire e percorrere le strade del mondo; e all’accoglienza del prossimo, che è la nostra testimonianza più semplice e bella nel mondo».

 

 

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