Continua la catechesi di papa Francesco sulla preghiera. Questa volta parla di quella forma che è la meditazione. «Per un cristiano “meditare” è cercare una sintesi», dice il Pontefice, «significa mettersi davanti alla grande pagina della Rivelazione per provare a farla diventare nostra, assumendola completamente. E il cristiano, dopo aver accolto la Parola di Dio, non la tiene chiusa dentro di sé, perché quella Parola deve incontrarsi con “un altro libro”, che il Catechismo chiama “quello della vita”».
In questa forma di preghiera ci guida lo Spirito Santo. Tutte le grandi religioni e anche diverse scuole filosofiche e psicologiche praticano la meditazione. «Esiste una pratica meditativa in pressoché tutte le religioni del mondo», sottolinea il Papa. Perché «tutti abbiamo bisogno di meditare, di riflettere, di ritrovare noi stessi. Soprattutto nel vorace mondo occidentale si cerca la meditazione perché essa rappresenta un argine elevato contro lo stress quotidiano e il vuoto che ovunque dilaga. Ecco, dunque, l’immagine di giovani e adulti seduti in raccoglimento, in silenzio, con gli occhi socchiusi… Cosa fanno queste persone? Meditano. È un fenomeno da guardare con favore: infatti noi non siamo fatti per correre in continuazione, possediamo una vita interiore che non può sempre essere calpestata. Meditare è dunque un bisogno di tutti».
Nel contesto cristiano, però, c’è anche qualcos’altro. Dobbiamo ricordare che «la grande porta attraverso la quale passa la preghiera di un battezzato è Gesù Cristo. Anche la pratica della meditazione segue questo sentiero. Il cristiano, quando prega, non aspira alla piena trasparenza di sé, non si mette in ricerca del nucleo più profondo del suo io; la preghiera del cristiano è anzitutto incontro con l’Altro con la A maiuscola. Se un’esperienza di preghiera ci dona la pace interiore, o la padronanza di noi stessi, o la lucidità sul cammino da intraprendere, questi risultati sono, per così dire, effetti collaterali della grazia della preghiera cristiana che è l’incontro con Gesù». La meditazione è una sorta di guida. Ci sono molti metodi «alcuni molto sobri, altri più articolati; alcuni accentuano la dimensione intellettiva della persona, altri piuttosto quella affettiva ed emotiva. Tutti sono importanti e degni di essere praticati, in quanto possono aiutare l’esperienza della fede a diventare un atto totale della persona: non prega solo la mente dell’uomo, come non prega solo il sentimento. Gli antichi solevano dire che l’organo della preghiera è il cuore, e così spiegavano che è tutto l’uomo, a partire dal suo centro, che entra in relazione con Dio, e non solamente alcune sue facoltà. Perciò si deve sempre ricordare che il metodo è una strada, non una meta: qualsiasi metodo di preghiera, se vuole essere cristiano, fa parte di quella sequela Christi che è l’essenza della nostra fede».
Attraverso l’esperienza della meditazione, «ogni momento della vita terrena di Gesù, attraverso la grazia della preghiera, può diventare a noi contemporaneo. Grazie allo Spirito Santo, anche noi siamo presenti presso il fiume Giordano, quando Gesù vi si immerge per ricevere il battesimo. Anche noi siamo commensali alle nozze di Cana, quando Gesù dona il vino più buono per la felicità degli sposi. Anche noi assistiamo stupiti alle mille guarigioni compiute dal Maestro. E nella preghiera siamo il lebbroso purificato, il cieco Bartimeo che riacquista la vista, Lazzaro che esce dal sepolcro... Non c’è pagina di Vangelo in cui non ci sia posto per noi». Perché, conclude Francesco, «meditare, per noi cristiani, è un modo di incontrare Gesù. E così, solo così, di ritrovare noi stessi».