È un'omelia molto sentita e fortemente attualizzata quella che Papa Francesco pronuncia in occasione per la celebrazione che coincide con VI giornata mondiale dei poveri, con i poveri che partecipano alla celebrazione in san Pietro nelle prime file: «Fratelli e sorelle, in questa Giornata Mondiale dei Poveri la Parola di Gesù è un monito forte a rompere quella sordità interiore che ci impedisce di ascoltare il grido di dolore soffocato dei più deboli. Anche oggi viviamo in società ferite e assistiamo, proprio come ci ha detto il Vangelo, a scenari di violenza, di ingiustizia e di persecuzione; in più, dobbiamo affrontare la crisi generata dai cambiamenti climatici e dalla pandemia, che ha lasciato dietro di sé una scia di malesseri non soltanto fisici, ma anche psicologici, economici e sociali. Anche oggi vediamo sollevarsi popolo contro popolo e assistiamo angosciati al veemente allargamento dei conflitti, alla sciagura della guerra - cita più volte l'Ucraina parlando di Terza guerra mondiale, senza aggiungere "a pezzi" come altre volte ha fatto - , che provoca la morte di tanti innocenti e moltiplica il veleno dell’odio. Anche oggi, molto più di ieri, tanti fratelli e sorelle, provati e sconfortati, migrano in cerca di speranza, e tante persone vivono nella precarietà per la mancanza di occupazione o per condizioni lavorative ingiuste e indegne. E anche oggi i poveri sono le vittime più penalizzate di ogni crisi. Ma, se il nostro cuore è ovattato e indifferente, non riusciamo a sentire il loro flebile grido di dolore, a piangere con loro e per loro, a vedere quanta solitudine e angoscia si nascondono anche negli angoli dimenticati delle nostre città. Facciamo nostro l’invito forte e chiaro del Vangelo a non lasciarci ingannare. Non diamo ascolto ai profeti di sventura; non facciamoci incantare dalle sirene del populismo, che strumentalizza i bisogni del popolo proponendo soluzioni troppo facili e sbrigative. Non seguiamo i falsi “messia” che, in nome del guadagno, proclamano ricette utili solo ad accrescere la ricchezza di pochi, condannando i poveri all’emarginazione. Al contrario, rendiamo testimonianza: accendiamo luci di speranza in mezzo alle oscurità; cogliamo, nelle situazioni drammatiche, occasioni per testimoniare il Vangelo della gioia e costruire un mondo più fraterno; impegniamoci con coraggio per la giustizia, la legalità e la pace, stando a fianco dei più deboli. Non scappiamo per difenderci dalla storia, ma lottiamo per dare a questa storia un volto diverso. Dove trovare la forza per tutto questo? Nella fiducia in Dio, che è Padre e veglia su di noi. Se gli apriamo il cuore, accrescerà in noi la capacità di amare. Gesù, infatti, dopo aver parlato di scenari di violenza e di terrore, conclude dicendo: "Nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto"».
«Mentre alcuni parlano della bellezza esteriore del tempio e ammirano le sue pietre», dice Francesco all'inizio dell'omelia, «Gesù risveglia l’attenzione circa gli eventi travagliati e drammatici che segnano la storia umana. Infatti, mentre il tempio costruito dalle mani dell’uomo passerà, come passano tutte le cose di questo mondo, è importante saper discernere il tempo che viviamo, per rimanere discepoli del Vangelo anche in mezzo agli sconvolgimenti della storia. E, per indicarci il modo di discernere, il Signore ci offre due esortazioni: non lasciatevi ingannare e rendete testimonianza. La prima cosa che Gesù dice ai suoi ascoltatori, preoccupati di “quando” e di “come” avverranno i fatti spaventosi di cui parla, è: “Badate di non lasciarvi ingannare. Molti infatti verranno nel mio nome dicendo: ‘Sono io’, e: ‘Il tempo è vicino’. Non andate dietro a loro!” aggiunge: ‘Quando sentirete di guerre e di rivoluzioni, non vi terrorizzate’. E questo in questo momento ci viene bene. Da quale inganno, dunque, vuole liberarci Gesù? Dalla tentazione di leggere i fatti più drammatici in modo superstizioso o catastrofico, come se fossimo ormai vicini alla fine del mondo e non valesse la pena di impegnarci più in nulla di buono. Se pensiamo in questo modo, ci lasciamo guidare dalla paura, e magari poi cerchiamo risposte con morbosa curiosità nelle fandonie di maghi o oroscopi, che non mancano mai; E oggi tanti cristiani vanno a visitare i maghi e cercano l’oroscopo come fosse la voce di Dio. O, ancora, ci affidiamo a fantasiose teorie propinate da qualche “messia” dell’ultim’ora, in genere sempre disfattisti e complottisti. Anche la psicologia del complotto ci fa male. Qui non c’è lo Spirito del Signore. Gesù ci avverte: ‘Non lasciatevi ingannare’, non lasciatevi abbagliare da curiosità credulone, non affrontate gli eventi mossi dalla paura, ma imparate piuttosto a leggere gli avvenimenti con gli occhi della fede, certi che stando vicini a Dio “nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto”».
«Se la storia umana è costellata di eventi drammatici, situazioni di dolore, guerre, rivoluzioni e calamità, è altrettanto vero – dice Gesù – che tutto questo non è la fine; non è un buon motivo per lasciarsi paralizzare dalla paura o cedere al disfattismo di chi pensa che ormai sia tutto perduto e sia inutile impegnarsi nella vita. Il discepolo del Signore non si lascia atrofizzare dalla rassegnazione, non cede allo scoraggiamento nemmeno nelle situazioni più difficili, perché il suo Dio è il Dio della risurrezione e della speranza, che sempre risolleva: con Lui sempre si può rialzare lo sguardo, ricominciare e ripartire. Il cristiano, allora, davanti alla prova, qualsiasi prova sia culturale, storica, personale, si interroga: “Che cosa ci sta dicendo il Signore attraverso questo momento di crisi?”. Anche io ho fatto questa domanda oggi: che cosa ci sta dicendo il Signore davanti a questa terza guerra mondiale. E, mentre accadono fatti di male che generano povertà e sofferenza, si chiede: “Che cosa, concretamente, io posso fare di bene?”».
«Non a caso, la seconda esortazione di Gesù, dopo “non lasciatevi ingannare”, è in positivo. Egli dice: “Avrete allora occasione di dare testimonianza”. Occasione di dare testimonianza. Vorrei sottolineare questa bella parola: occasione. Significa avere l’opportunità di fare qualcosa di buono a partire dalle circostanze della vita, anche quando non sono ideali. È una bella arte tipicamente cristiana: il vittimismo ci fa male, non restare vittime di quanto accade, ma cogliere l’opportunità che si nasconde in tutto ciò che ci capita, il bene che è possibile costruire anche a partire da situazioni negative. Ogni crisi è una possibilità e offre occasioni di crescita. Il cattivo spirito vuole che trasformiano la crisi in un conflitto sempre chiuso, invece ogni crisi è occasione di crescita. Ce ne accorgiamo se rileggiamo la nostra vicenda personale: nella vita, spesso, i passi in avanti più importanti si fanno proprio all’interno di alcune crisi, di situazioni di prova, di perdita di controllo, di insicurezza. E, allora, comprendiamo l’invito che Gesù fa oggi direttamente a me, a te, a ciascuno di noi: mentre vedi attorno a te fatti sconvolgenti, mentre si sollevano guerre e conflitti, mentre accadono terremoti, carestie e pestilenze, tu che cosa fai? Ti distrai per non pensarci? Ti diverti per non farti coinvolgere? Prendi la strada della mondanità per non prendere a cuore queste situazioni drammatiche? Ti giri dall’altra parte per non vedere? Ti adegui, remissivo e rassegnato, a quello che capita? Oppure queste situazioni diventano occasioni per testimoniare il Vangelo? Oggi ognuno di noi deve interrogarsi davanti alle calamità, su questa guerra mondiale così crudele, davanti alla fame dei bambini. Davanti a questo sprechiamo la nostra vita?»
« “Nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto”. Vuol dire che Lui cammina con noi, tu hai questa fede? Questo dobbiamo ripeterci sempre, specialmente nei momenti più dolorosi: Dio è Padre ed è al mio fianco, mi conosce e mi ama, veglia su di me, non prende sonno, ha cura di me e con Lui neanche un capello del mio capo andrà perduto. E io come rispondo guardando i fratelli che sono nel bisogno, guardando questa figura dello scarto che scarta i poveri, i vecchi, i nascituri. Che cosa sento io come cristiano?
«Amati da Lui, decidiamoci ad amare i figli più scartati, prendiamoci cura dei poveri, nei quali c’è Gesù, che per noi si è fatto povero. C’è una tradizione, usa anche in alcuni paesini dell’Italia, alla cena di natale lasciare il posto vuoto per il Signore e per il povero che bussa. E nel nostro cuore c’è un posto libero o siamo solo indaffarati? Cristo si identifica con il povero. Sentiamoci chiamati in causa perché neanche un capello del loro capo vada perduto. Non possiamo restare, come quelli di cui parla il Vangelo, ad ammirare le belle pietre del tempio, senza riconoscere il vero tempio di Dio, l’essere umano, l’uomo e la donna, specialmente il povero, nel cui volto, nella cui storia, nelle cui ferite c’è Gesù. L’ha detto Lui. Non dimentichiamolo mai».