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martedì 15 ottobre 2024
 
udienza generale
 

Il Papa: «Non scartiamo gli anziani e non dimentichiamo l'Ucraina»

15/06/2022  Il Pontefice continua la sua catechesi sulla vecchiaia e, prendendo spunto dalla guarigione della suocera di Pietro, ricorda che bisogna amare con tenerezza le persone in là negli anni e considerarle parte della comunità

Due lezioni vengono dalla catechesi sulla vecchiaia che il Papa prosegue nell'udienza del mercoledì. Una da Gesù, che si china con delicatezza sulla suocera di Pietro per guarirla. E un'altra dalla donna che, rimessasi in piedi comincia a servire. Francesco, parlando anche di se stesso, «cammino con il bastone» ricorda che «da vecchi non si comanda più∙ il proprio corpo. Bisogna imparare a scegliere cosa fare e cosa non fare. Il vigore del fisico viene meno e ci abbandona, anche se il nostro cuore non smette di desiderare. Bisogna allora imparare a purificare il desiderio: avere pazienza, scegliere cosa domandare al corpo, alla vita. Da vecchi non possiamo fare lo stesso che facevamo da giovani». E la malattia pesa sugli anziani, che si chiedono, anche solo con una semplice febbre, se supereranno quel momento o se sarà la fine. Ogni evento sembra affrettare la morte e «si insinua il dubbio che non ci riprenderemo». Il Pontefice cita Italo Calvino, che «notava l’amarezza dei vecchi che soffrono il perdersi delle cose d’una volta, più∙ di quanto non godano il sopravvenire delle nuove». Ma Gesù offre l'insegnamento che la vita degli anziani conta quanto quella degli altri. «Non visita da solo quell’anziana donna malata, ci va insieme ai discepoli» perché «è la comunità cristiana che deve prendersi cura degli anziani: parenti e amici. La visita agli anziani va fatta da tanti, assieme e spesso. Mai dovremmo dimenticare queste tre righe del Vangelo. Oggi soprattutto che il numero degli anziani è notevolmente cresciuto». Il Papa parla dell'inverno demografico, della scarsa natalità e di come questa maggiore presenza di persone in là con gli anni ci dia la «responsabilità» di visitarli. Gesù stesso ci insegna come amarli sapendo che «una società è veramente accogliente nei confronti della vita quando riconosce che essa è preziosa anche nell’anzianità, nella disabilità, nella malattia grave e quando si sta spegnendo. La vita sempre è preziosa». Il gesto che fa Gesù quando vede la suocera di Pietro, prenderla per mano, è lo stesso «che fa quando guarisce la giovane: la prende per mano  e la guarisce rimettendola in piedi. Gesù, con questo gesto tenero d’amore, dà la prima lezione ai discepoli: la salvezza si annuncia o, meglio, si comunica attraverso l’attenzione a quella persona malata; e la fede di quella donna risplende nella gratitudine per la tenerezza di Dio che si è chinata su di lei». Francesco torna su un tema caro, «che ho ripetuto in queste catechesi: con questa cultura dello scarto sembra di cancellare gli anziani. sì, non li uccide, ma socialmente li cancella come se fossero un peso da portare avanti, è meglio nasconderli. Questo è un tradimento dell'umanità, questo è selezionare la vita secondo l'utilità», ma invece «i vecchi hanno tanto da darci, c'è la saggezza della vita, hanno tanto da darci, dobbiamo insegnare ai bambini che vadano dai nonni: il dialogo bambini giovani è fondamentale per la Chiesa, per la società, per la sanità della vita, altrimenti cresce una generazione senza passato quindi senza radici».

E poi c'è la seconda lezione, quella che dà «l’anziana donna, che “si alzò e si mise a servirli”. Anche da anziani si può, anzi, si deve servire la comunità». Il Pontefice ricorda che «è bene che gli anziani coltivino ancora la responsabilità di servire, vincendo la tentazione di mettersi da parte. Il Signore non li scarta, al contrario ridona loro la forza per servire. E mi piace notare che non c’è nessuna speciale enfasi nel racconto da parte degli evangelisti: è la normalità della sequela, che i discepoli apprenderanno, in tutta la sua portata, lungo il cammino di formazione di cui faranno esperienza alla scuola di Gesù. Gli anziani che conservano la disposizione per la guarigione, la consolazione, l’intercessione per i loro fratelli e sorelle – siano discepoli, siano centurioni, persone disturbate da spiriti maligni, persone scartate… –, sono forse la testimonianza più alta della purezza di questa gratitudine che accompagna la fede. Se gli anziani, invece di essere scartati e congedati dalla scena degli eventi che segnano la vita della comunità, fossero messi al centro dell’attenzione collettiva, sarebbero incoraggiati a esercitare il prezioso ministero della gratitudine nei confronti di Dio, che non dimentica nessuno. La gratitudine delle persone anziane per i doni ricevuti da Dio nella loro vita, così come ci insegna la suocera di Pietro, restituisce alla comunità la gioia della convivenza, e conferisce alla fede dei discepoli il tratto essenziale della sua destinazione».

Non c'è, spiega bene il Papa, una faccenda di ruoli uomo-donna, il servizio non è una faccenda femminile. «Il servizio evangelico della gratitudine per la tenerezza di Dio», precisa, «non si scrive in nessun modo nella grammatica dell’uomo padrone e della donna serva, no, non è vero questo. Questo tuttavia non toglie che le donne, sulla gratitudine e sulla tenerezza della fede, possano insegnare agli uomini cose che questi fanno più fatica a comprendere. La suocera di Pietro, prima che gli Apostoli ci arrivassero, lungo il cammino della sequela di Gesù, mostrò la via anche a loro. E la speciale delicatezza di Gesù, che le “tocco la mano” e si “chinò delicatamente” su di lei, mise in chiaro, fin dall’inizio, la sua speciale sensibilità verso i deboli e i malati, che il Figlio di Dio aveva certamente appreso dalla sua Madre». E infine il Pontefice rivolge a tutti un invito: «Per favore», dice, «cerchiamo che i vecchi, i nonni, le nonne siano vicini ai giovani per trasmettere questa esperienza della vita, questa saggezza della vita. Nella misura in cui facciamo che i giovani e i vecchi si colleghino, in questa misura ci sarà più speranza per il futuro dell'umanità».

Nei saluti finali il Papa chiede di non dimenticarsi del «popolo martoriato dell'Ucraina in guerra. Non abituiamoci a vivere come se la guerra fosse una cosa lontana. Il nostro ricordo», dice, «il nostro affetto, la nostra preghiera, il nostro aiuto vada sempre vicino a questo popolo che soffre tanto e che sta portando avanti un vero martirio».

 
 
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