La preghiera del Papa è tutta per l'Ucraina perché «le notizie che giungono» da lì, «sono molto preoccupanti». E allora, invitando la piazza a pregare in silenzio, affida la situazione «alla intercessione della Vergine Maria e alla coscienza dei responsabili politici» perché sia fatto «ogni sforzo per la pace».
Prima del suo richiamo alla pace aveva spiegato il senso delle bBeatitudini, il capitolo di Luca a lui tanto caro. Per dire che il discepolo di Gesù si richiama proprio alle sue parole. «Le Beatitudini, infatti, definiscono l’identità del discepolo di Gesù. Esse possono suonare strane, quasi incomprensibili a chi non è discepolo». Dicono infatti che sono «Beati voi, poveri, perché vostro è il regno di Dio». Gesù, ai suoi discepoli dice due cose: «Che sono beati e poveri; che sono beati, anzi che sono beati perché poveri. E poveri in che senso? Nel senso che il discepolo di Gesù non trova la sua gioia nel denaro o in altri beni materiali, ma nei doni che riceve ogni giorno da Dio: la vita, il creato, i fratelli e le sorelle, e così via. Anche i beni che possiede, è contento di condividerli, perché vive nella logica di Dio. E qual è la logica di Dio? La gratuità».
Questo tipo di povertà dice di un atteggiamento nei confronti del senso della vita: «Il discepolo di Gesù non pensa di possederlo, di sapere già tutto, ma sa di dover imparare ogni giorno. E questa è una povertà, la coscienza di dover imparare ogni giorno. Perciò è una persona umile, aperta, aliena da pregiudizi e rigidità».
IL discepolo non è attaccato alle proprie idee, non segue Gesù solo quando è d'accordo con ciò che dice. Chi fa così, lasciando Gesù quando non gli conviene seguirlo, non è un discepolo e cade nella tristezza. «Diventa triste perché i conti non gli tornano, perché la realtà sfugge ai suoi schemi mentali e si trova insoddisfatto. Il discepolo, invece, sa mettersi in discussione, sa cercare Dio umilmente ogni giorno, e questo gli permette di addentrarsi nella realtà, cogliendone la ricchezza e la complessità. Il discepolo, in altre parole, accetta il paradosso delle Beatitudini: esse dichiarano che è beato, cioè felice, chi è povero, chi manca di tante cose e lo riconosce».
Con la logica mondana, invece, siamo tentati di pensare che «è felice chi è ricco, chi è sazio di beni, chi riceve applausi ed è invidiato da molti, che ha tutte le sicurezze. e questo è un pensiero mondano, non è un pensiero delle beatitudini. Gesù, al contrario, dichiara fallimentare il successo mondano, in quanto si regge su un egoismo che gonfia e poi lascia il vuoto nel cuore».
Ma
per arrivare a capire questa logica c'è bisogno di un camino, «a volte faticoso, ma sempre accompagnato dalla gioia». Perché questo è l'altro elemento: la gioia. «Il Signore, liberandoci dalla schiavitù dell’egocentrismo,», dice il Papa, «scardina le nostre chiusure, scioglie la nostra durezza, e ci dischiude la felicità vera, che spesso si trova dove noi non pensiamo. è lui a guidare la nostra vita non noi con i nostri preconcetti e le nostre esigenze. Il discepolo è quello che apre il cuore a Gesù». E allora l'invito è a chiederci se siamo disponibili, se ci comportiamo «con la rigidità di chi si sente a posto, chi si sente per bene, chi si sente già arrivato» oppure se ci lasciamo «“scardinare dentro” dal paradosso delle Beatitudini» sentendo «la gioia di seguire Gesù».
La gioia è «la pietra di paragone per sapere se una persona è discepolo, se io sono discepolo, se ho la gioia del cuore. È questo è il punto».