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«Vi ringrazio per lo zelo missionario, impregnato di coraggio, che vi porta ad uscire per offrire a tutti la vita di Gesù Cristo, a volte mettendo a rischio la vostra, sulle orme dei vostri padri fondatori… Vorrei, a tale proposito, associarmi alla vostra preghiera per il vostro confratello padre Pierluigi Maccalli, rapito da parecchi mesi in Niger, e assicurare la sollecitudine e l’attenzione della Santa Sede riguardo a questa preoccupante situazione». Papa Francesco riceve in Vaticano i membri della Società delle Missioni Africane in occasione della loro Assemblea generale, e il suo pensiero va anzitutto a padre Pierluigi Maccalli, il sacerdote missionario, parroco di Bomoanga, rapito il 17 settembre del 2018 al confine tra il Niger e il Burkina Faso, da un gruppo di uomini armati, ancora non identificati, che aveva fatto irruzione, di notte, in casa sua.
Il Pontefice ringrazia i missionari africani che insieme a suore e laici formano una “gioiosa famiglia”, per l’impegno nel grande lavoro di evangelizzazione, specialmente tra le popolazioni rurali più lontane, là dove la comunità cristiana è ancora fragile o inesistente; per la loro attenzione ai migranti; per la sfida costante a raggiungere tutte quelle periferie “che hanno bisogno dell’annuncio del Vangelo”. L’evangelizzazione, ribadisce il Pontefice, è sempre fatta da una comunità che agisce «mediante opere e gesti nella vita quotidiana degli altri, accorcia le distanze, si abbassa fino all’umiliazione se è necessario, e assume la vita umana, toccando la carne sofferente di Cristo nel popolo».
Francesco ricorda a tutti di essere servitori di una cultura dell’incontro e del dialogo che sappia prendersi cura dei piccoli e dei poveri «per contribuire all’avvento di una vera fraternità umana», poi di nuovo traccia «la scelta degli ultimi» come quella più necessaria: «Vi incoraggio», afferma, «anche a perseverare nel vostro impegno, in stretta collaborazione con i membri di altre religioni e istituzioni, al servizio dei bambini e delle persone più fragili, vittime delle guerre, delle malattie, del traffico di esseri umani. Perché la scelta per gli ultimi, per quelli che la società rifiuta e mette da parte è un segno che manifesta concretamente la presenza e la sollecitudine di Cristo misericordioso».


«Noi in Niger crediamo che padre Gigi sia vivo ma dove sia non lo sappiamo»
Bergoglio inoltre insiste sulla testimonianza dell’amore e sulla necessità di trovare nella vita sacramentale, nel servizio ai fratelli i mezzi per rinnovare l’incontro personale con Cristo. È urgente anche, aggiunge, recuperare lo spirito contemplativo e riscoprire ogni giorno di essere depositari di un bene che umanizza e aiuta a condurre una vita nuova. Infine incoraggia i missionari africani a non avere paura di aprire strade nuove «per andare oltre il conosciuto, verso le periferie e le frontiere».
Nella comunità africana di Maccalli continua la preghiera per la sua liberazione: «Ogni giorno, nella diocesi di Niamey, alla fine di ogni messa, preghiamo per la liberazione di padre Gigi Maccalli. L'arcivescovo Laurent Lompo ha composto una preghiera per lui che recitiamo da settembre scorso, dal momento del suo rapimento», dice a Fides padre Vito Girotto, confratello di padre Maccalli, in missione a Makalondi che si trova a 25 km da Bomoanga il luogo dove il missionario è stato rapito 8 mesi fa, il 18 settembre 2018. Quella preghiera viene letta in assemblea questa sera, 17 maggio, durante la veglia che si tiene a Madignano (Cremona), paese natale di p. Maccalli. Padre Vito aggiunge: «Noi in Niger crediamo che padre Gigi sia vivo ma dove sia non lo sappiamo. Pensiamo comunque che non sia in Niger ma in un altro paese del Sahel. Conoscendo Gigi, per aver collaborato con lui in Italia e in Niger, posso pensare che, con la sua serenità e la sua capacità di vedere le persone e gli avvenimenti secondo il piano di Dio, sarà capace, sostenuto dalla nostra preghiera, di parlare con chi lo sorveglia e manifesterà la sua volontà di dialogare e di capire perchè sono arrivati a quel gesto che lo ha sottratto alla sua amata missione di Bomoanga».
Il missionario ricorda: «Sono passati otto mesi da quella sera del lunedì 17 settembre scorso, quando ho ricevuto una telefonata, verso le 22 e 15, da p. Dass Arokya che, a voce bassa, mi diceva che dei banditi avevano sparato in aria ed erano entrati in casa di p. Pierluigi Maccalli probabilmente per derubarlo. Dieci minuti più tardi mi diceva che l'avevano obbligato a seguirlo su una grossa moto dove c'era posto per tre persone: due assalitori con in mezzo il nostro padre. Da quella sera anche io ho dovuto lasciare Makalondi perchè, secondo la polizia, non c'era più sicurezza per gli europei in tutta la zona».





