«Il fenomeno migratorio rappresenta una sfida non facile, come vediamo anche dalle cronache di questi giorni, ma che va affrontata insieme, in quanto essenziale per il futuro di tutti, che sarà prospero solo se costruito sulla fraternità, mettendo al primo posto la dignità umana, le persone concrete, soprattutto le più bisognose».
Mentre la presidente della Commisione europea, Ursula von der Leyen, è in visita a Lampedusa insieme alla premier Giorgia Meloni che l’ha invitata per rendersi conto di persona della gravità della situazione con gli sbarchi che si susseguono senza tregua da settimane, papa Francesco all’Angelus richiama al metodo della condivisione, della solidarietà tra stati e della responsabilità per affrontare il fenomeno. E venerdì prossimo, annuncia il Pontefice, «mi recherò a Marsiglia per partecipare alla conclusione dei “Rencontres Mediterraneennes”, una bella iniziativa che si snoda in importanti città del Mediterraneo, riunendo responsabili ecclesiali e civili per promuovere percorsi di pace, di collaborazione e di integrazione attorno al “mare nostrum”, con un'attenzione speciale al fenomeno migratorio».
Il Pontefice ha chiesto ai fedeli di «accompagnare questo incontro con la preghiera, vorrei ringraziare le autorità civili e religiose e quanti stanno lavorando per preparare l'incontro a Marsiglia, città ricca di popoli, chiamata a essere porto di speranza. Già da ora saluto tutti gli abitanti nell'attesa di incontrare tanti fratelli e sorelle».
Sono circa ventimila i fedeli presenti in piazza San Pietro per l’Angelus di Francesco che si sofferma sul brano odierno del Vangelo di Matteo nel quale viene raccontato il dialogo tra Pietro e Gesù quando il discepolo chiede al Maestro quante volte bisogna perdonare il fratello, se fino a sette volte. Il tema, dunque, è il perdono.
Il numero sette, premette il Pontefice, «nella Bibbia, è un numero che indica completezza, e dunque Pietro è molto generoso nei presupposti della sua domanda. Ma Gesù va oltre e gli risponde: “Non ti dico fino a sette, ma fino a settanta volte sette”. Gli dice, cioè, che quando si perdona non si calcola, che è bene perdonare tutto e sempre! Proprio come fa Dio con noi, e come è chiamato a fare chi amministra il perdono di Dio: perdonare sempre. Io questo lo dico tanto ai sacerdoti, ai confessori: perdonate sempre come perdona Dio».
Gesù, prosegue il Papa, «illustra questa realtà attraverso una parabola, che ha sempre a che fare con dei numeri. Un re, dopo esser stato pregato, condona a un servo il debito di 10.000 talenti: è un valore esagerato, immenso, che oscilla tra le 200 e le 500 tonnellate d’argento: esagerato. Era un debito impossibile da saldare, anche lavorando una vita intera: eppure quel padrone, che richiama il Padre nostro, lo condona per pura “compassione”. Questo è il cuore di Dio: perdona sempre perché Dio è compassionevole. Non dimentichiamo com’è Dio: è vicino, compassionevole e tenero; così è il modo di essere di Dio. Poi, però, questo servo, al quale è stato rimesso il debito, non usa alcuna misericordia nei riguardi di un compagno che gli deve 100 denari. Anche questa è una cifra consistente, equivalente a circa tre mesi di stipendio – come a dire che perdonarci tra noi costa! –, ma per nulla paragonabile alla cifra precedente, che il padrone aveva condonato».
Attraverso questa parabola, Gesù offre un messaggio “chiaro”, rimarca il Papa: «Dio perdona in modo incalcolabile, eccedendo ogni misura. Lui è così, agisce per amore e per gratuità. Dio non si compra, Dio è gratuito, è tutto gratuità. Noi non possiamo ripagarlo ma, quando perdoniamo il fratello o la sorella, lo imitiamo. Perdonare non è dunque una buona azione che si può fare o non fare: perdonare è una condizione fondamentale per chi è cristiano. Ognuno di noi, infatti, è un “perdonato” o una “perdonata”: non dimentichiamo questo, noi siamo perdonati, Dio ha dato la vita per noi e in nessun modo potremo compensare la sua misericordia, che Egli non ritira mai dal cuore. Però, corrispondendo alla sua gratuità, cioè perdonandoci a vicenda, gli possiamo dare testimonianza, seminando vita nuova attorno a noi. Fuori del perdono, infatti, non c’è speranza; fuori del perdono non c’è pace. Il perdono è l’ossigeno che purifica l’aria inquinata dall’odio, il perdono è l’antidoto che risana i veleni del rancore, è la via per disinnescare la rabbia e guarire tante malattie del cuore che contaminano la società».
Bergoglio invita a porsi delle domande e invita a un piccolo esercizio: «Io credo di aver ricevuto da Dio il dono di un perdono immenso? Avverto la gioia di sapere che Lui è sempre pronto a perdonarmi quando cado, anche quando gli altri non lo fanno, anche quando nemmeno io riesco a perdonare me stesso? Lui perdona: credo che Lui perdona? E poi: so perdonare a mia volta chi mi ha fatto del male? A questo proposito, vorrei proporvi un piccolo esercizio: proviamo, adesso, ciascuno di noi, a pensare a una persona che ci ha ferito, e chiediamo al Signore la forza di perdonarla. E perdoniamola per amore del Signore: fratelli e sorelle, questo ci farà bene, ci restituirà la pace nel cuore».
Al termine della preghiera mariana, il Papa ha invitato a continuare a «pregare per il martoriato popolo ucraino e per la pace in ogni terra insanguinata dalla guerra».