Alessano (Lecce)
Un giorno don Tonino Bello andò in udienza da Giovanni Paolo II: «Vengo da Pietro», disse. Congedandolo, Wojtyla gli rispose: «Un giorno Pietro verrà da te». Quel giorno è arrivato. Papa Francesco arriva ad Alessano, nel Salento, con una composizione di fiori per don Tonino Bello. Come si fa quando si va a trovare al cimitero un familiare, una persona cara. Depone i fiori, si toglie la papalina e si ferma assorto in preghiera per lunghi minuti davanti alla tomba semplice piantata nella nuda terra e dove, accanto, riposa la madre di don Tonino. È da questa immagine che parte Francesco per dire ai circa quindicimila fedeli che lo aspettano il motivo di questo suo pellegrinaggio nell’estremo lembo d’Italia e d’Europa: «La tomba di don Tonino non si innalza monumentale verso l’alto», scandisce, «ma è tutta piantata nella terra: don Tonino, seminato nella sua terra, sembra volerci dire quanto ha amato questo territorio».
Il discorso del Papa nella terra dove don Tonino è nato, cresciuto ed è diventato sacerdote è quasi un manifesto della Chiesa che sogna e vuole e che don Tonino ha incarnato, vissuto e annunciato. La Chiesa incarnata da don Tonino non perde mai la bussola perché, dice il Papa, «ha a cuore i poveri e quindi rimane sempre sintonizzata sul canale di Dio, non perde mai la frequenza del Vangelo e sente di dover tornare all’essenziale per professare con coerenza che il Signore è l’unico vero bene. Una Chiesa monda di autoreferenzialità, non in attesa di ricevere, ma di prestare pronto soccorso».
Chi era, dunque, don Tonino? Vescovo degli ultimi, profeta di pace, apostolo della non violenza. Ma anzitutto, dice il Papa, don Tonino ha seguito l'esempio del Maestro: Gesù Cristo. «Sentiva il bisogno di imitarlo, coinvolgendosi in prima persona, fino a spossessarsi di sé», ricorda, «non lo disturbavano le richieste, lo feriva l’indifferenza. Si preoccupava per l’incertezza del lavoro, problema oggi ancora tanto attuale. Non perdeva occasione per affermare che al primo posto sta il lavoratore con la sua dignità, non il profitto con la sua avidità».
I poveri e la Chiesa "contempl-attiva"
La riflessione di papa Francesco si muove su tre direttive: la terra natale di don Tonino, terra di periferia, arca protesa nel Mediterraneo che guarda a Oriente; la centralità dei poveri; la Chiesa “contempl-attiva” che è «innamorata di Dio e appassionata dell’uomo».
La terra del Salento dove don Tonino è «seminato», dice il Papa, e che lo stesso don Tonino definiva «finestra di speranza perché il Mediterraneo, storico bacino di civiltà, non sia mai un arco di guerra teso, ma un’arca di pace accogliente». Questa terra del Salento dove, nota ancora il Papa, «Antonio nacque Tonino e divenne don Tonino. Questo nome, semplice e familiare, ci parla ancora. Racconta il suo desiderio di farsi piccolo per essere vicino, di accorciare le distanze, di offrire una mano tesa».
I poveri. Erano per lui «la vera ricchezza», ricorda il Papa che ad un certo punto si rivolge direttamente a don Tonino: «Ricordacelo ancora che i poveri sono la nostra ricchezza di fronte alla tentazione ricorrente di accodarci dietro ai potenti di turno, di ricercare privilegi, di adagiarci in una vita comoda».
La dimensione “contempl-attiva”. Papa Francesco condivide con don Tonino il misticismo, l’azione sociale non è mai disgiunta dalla preghiera e dall’adorazione. Questo è la lettura offerta da papa Francesco: «Caro don Tonino», dice, «ci hai messo in guardia dall’immergerci nel vortice delle faccende senza piantarci avanti al Tabernacolo, per non illuderci di lavorare invano per il Regno». Qual è dunque la lezione per l’oggi di un testimone del Vangelo straordinario come don Tonino? Il Papa invita a non “imbalsamare” la sua figura ma a darsi da fare: «Non accontentiamoci», raccomanda, «di annotare bei ricordi, non lasciamoci imbrigliare da nostalgie passate e neanche da chiacchiere oziose del presente o da paure per il futuro. Imitiamo don Tonino, lasciamoci trasportare dal suo giovane ardore cristiano, sentiamo il suo invito pressante a vivere il Vangelo senza sconti».
Il vescovo Vito Angiuli: «Speriamo di vedere presto beato don Tonino»
Dopo la preghiera silenziosa nel cimitero e l’incontro con i familiari di don Tonino Bello, è il vescovo della diocesi di Ugento – Santa Maria di Leuca, monsignor Vito Angiuli, a rivolgere il benvenuto a papa Francesco. Ricorda, il presule, le parole del cardinale Carlo Maria Martini che conobbe don Tonino e lo invitò a Milano per il Discorso alla città di Sant’Ambrogio nel 1989. Monsignor Angiuli fa sue le parole del rettore del seminario dell’Onarmo di Bologna, Angelo Magagnoli, che spiegò: «Non mi meraviglierei se domani la Chiesa lo dichiarasse santo». Il vescovo di Ugento interpreta il desiderio del popolo di don Tonino e dice: «Non ce ne meravigliamo nemmeno noi. Anzi lo auspichiamo ardentemente. Speriamo di vedere presto don Tonino beato. Per tutti è stato, prima che Vescovo, papà del suo popolo, mostrando una forte paternità».
Angiuli ricorda le piaghe di questa terra bella eppure martoriata: «il flagello della xylella che ha devastato la bellezza dei nostri alberi d’ulivo, la ripresa delle migrazioni di molti giovani e di interi nuclei familiari, il grido di dolore di tanti poveri umiliati nella loro dignità umana. La sua presenza oggi, in mezzo a noi, mette le ali alla nostra speranza e ci sprona a seguire con più audacia il sentiero della pace indicato da don Tonino».
L’aereo del Papa decolla da Alessano, levandosi sopra il piccolo cimitero dove campeggia una scritta semplice: “Pax”. Era il sogno di don Tonino. Ora papa Francesco invita la Chiesa intera ad alimentare questo sogno.