Benedetto entra nell'Aula Paolo VI per la prima udienza generale del mercoledì dopo l'annuncio delle dimissioni, Foto Reuters.
Lo ha ribadito subito, accolto da un lungo applauso: «Cari fratelli e sorelle, come sapete, ho deciso di rinunciare al ministero che il Signore mi ha affidato il 19 aprile 2005. Ho fatto questo in piena libertà per il bene della Chiesa…».
Il Papa, in un’aula Paolo VI strapiena (circa 8 mila le persone che hanno gremito la sala) ha dato il via alla prima udienza generale dopo l’annuncio delle sue dimissioni. Canti e applausi, Benedetto XVI che ringrazia «per la vostra simpatia» e poi ancora le sue parole: «Ho sentito quasi fisicamente in questi giorni per me non facili, la forza della preghiera che l’amore della Chiesa, la vostra preghiera, mi porta». E poi invita a «continuare a pregare per me, per la Chiesa, per il futuro Papa».
Nella catechesi, Benedetto XVI si è soffermato a meditare sulle tentazioni di Gesù e la conversione per il Regno dei cieli. «Comincio la Quaresima», ha detto, «quaranta giorni per preparaci alla Pasqua». E poi ha aggiunto che «le tentazioni sono presenti anche oggi, il sacro si eclissa. ma la Grazia di Dio continua a operare».
«Non è il potere mondano che salva il
mondo, ma il potere della croce, dell’umiltà, dell’amore», ha precisato Joseph Ratzinger. «Riflettere sulle tentazioni a cui è
sottoposto Gesù nel deserto è un invito per ciascuno di noi a rispondere
ad una domanda fondamentale: che cosa conta davvero nella nostra
vita?», si è domandato il Papa che, commentando la prima tentazione, ha
spiegato come «senza una risposta alla fame di verità, alla fame di Dio,
l’uomo non si può salvare». Nella seconda, il diavolo «propone a Gesù
la via del potere: lo conduce in alto e gli offre il dominio del mondo;
ma non è questa la strada di Dio». Quanto alla terza, la risposta di
Gesù è che «Dio non è un oggetto a cui imporre le nostre condizioni: è
il Signore di tutto».
Il «nocciolo delle tre tentazioni che subisce
Gesù», ha riassunto il Santo Padre, «è la proposta di strumentalizzare
Dio, di usarlo per i propri interessi, per la propria gloria e il
proprio successo. E dunque, in sostanza, di mettere se stessi al posto
di Dio, rimuovendolo dalla propria esistenza e facendolo sembrare
superfluo». Ognuno, allora, «dovrebbe chiedersi allora: che posto ha Dio
nella mia vita? È Lui il Signore o sono io?».