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Il Papa sceglie un gruppo di studenti di Roma per le meditazioni della Via Crucis

08/03/2018  A guidarli il professore Andrea Monda, docente di religione, scrittore e saggista, che racconta come hanno affrontato l’incarico affidato loro da Francesco: «I ragazzi hanno espresso ciò che scaturiva dal loro cuore. C’è chi si è sentito più toccato dal brano della Veronica, chi dal Cireneo. Gli ho chiesto di essere se stessi»

Un gruppo di giovani studenti, liceali e universitari, di Roma. Saranno loro quest’anno, su incarico di papa Francesco, a preparare i testi per la Via Crucis del Venerdì Santo al Colosseo. A guidarli sarà il professore Andrea Monda, laureato in Giurisprudenza e Scienze Religiose, scrittore e saggista, che insegna religione al liceo classico “Pilo Albertelli” di Roma e conduce su TV2000, l'emittente della Cei, il programma “Buongiorno professore”.

Sul sito Vatican News due giovani autori hanno anticipato i contenuti dei testi. «Ho riflettuto su Gesù davanti a Pilato e sulla folla che lo condanna e predilige Barabba» , ha raccontato Valerio De Felice che ha meditato la prima stazione, «In quella folla c'è una “non decisione”, una responsabilità diffusa dove si perde la volontà del singolo. È la decisione che in realtà spesso preferiamo adottare perché ci manca il coraggio di esprimere ciò che realmente pensiamo». Marta Croppo si è soffermata sulla morte di Gesù. Nel suo commento alla XIV stazione, sottolinea che Gesù nel sepolcro insegna ad entrare dentro se stessi, «nel proprio sepolcro, dove spesso non si ha il coraggio di scendere», in quell'interiorità che solo Cristo può vedere e può sondare. Scrivere le meditazioni per la Via Crucis al Colosseo insieme ad altri coetanei? Per Marta Croppo un'esperienza che fa scoprire la bellezza della fede condivisa.

A descrivere le 14 stazioni saranno quindi in totale quindici giovani perché due ragazze hanno scelto di meditare insieme la seconda, “Gesù è caricato della Croce”. Cinque anni fa, Benedetto XVI aveva chiesto che a dar voce alle meditazioni della Via Crucis fossero dei giovani libanesi, che, sotto la guida del patriarca di Antiochia dei maroniti, il cardinale Béchara Boutros Raï, hanno manifestato le ansie e le attese dei popoli del Medio Oriente. Il proessor Monda, ha radunato a casa sua, come in un piccolo cenacolo, liceali e universitari, «a prescindere dal loro percorso individuale di fede», ha detto a Vatican News, per condividere la lettura delle pagine dei Vangeli che richiamano alla Via Crucis. Poi ognuno ha espresso «ciò che scaturiva dal proprio cuore. C’è chi si è sentito più toccato dal brano della Veronica, chi dal Cireneo, e così l’assegnazione delle stazioni è stata semplice», ha raccontato.

«Ho chiesto ai ragazzi di essere quello che sono»

I giovani sono stati sé stessi nel meditare la Via Crucis. «Ho chiesto loro di essere quello che sono, di non pensare di dover scrivere testi teologici, di non lasciarsi condizionare dal fatto che sarebbero stati letti in mondovisione, davanti al Papa», ha spiegato il prof. Monda che ha suggerito ai ragazzi di immaginarsi invece a Gerusalemme, in quel venerdì di oltre duemila anni fa. E nelle 14 meditazioni e orazioni sono emerse diverse sfumature e sensibilità: c’è chi ha evidenziato «il senso dell’ingiustizia nella condanna di Gesù, lo scandalo e l’incomprensibilità di questo mistero»; chi «il paradosso della Croce, che solo in una dimensione di fede si intuisce come strumento di salvezza, non un assurdo che schiaccia il senso della giustizia e dell’umanità».

E ci sono anche singolari spunti su cui riflettere: c’è chi ha letto il rialzarsi di Gesù dalle diverse cadute come un preannuncio della Risurrezione, il risollevarsi sempre come un segno della forza di Cristo che non lascia l’ultima parola alla morte; in Gesù spogliato delle vesti è stata identificata invece la realtà dei migranti, oggi «i poveri cristi che vengono spogliati di tutto, ma che non perdono la dignità, poiché a nessun uomo può essere tolta la dignità»; e infine nel mistero della morte di Gesù sulla Croce la constatazione che la morte è «qualcosa che non vogliamo vedere, che rimuoviamo».

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