In aula Paolo VI arriva camminando con il bastone. Papa Francesco, prima di concludere la sua catechesi sul discernimento, rivolge un pensiero al Papa emerito. «Vorrei», dice il Pontefice, «che ci unissimo a quanti, qui accanto, stanno rendendo omaggio a Benedetto XVI e rivolgere il mio pensiero a lui, che è stato un grande maestro di catechesi. Il suo pensiero acuto e garbato non è stato autoreferenziale, ma ecclesiale, perché sempre ha voluto accompagnarci all’incontro con Gesù. Gesù, il Crocifisso risorto, il Vivente e il Signore, è stata la meta a cui Papa Benedetto ci ha condotto, prendendoci per mano. Ci aiuti a riscoprire in Cristo la gioia di credere e la speranza di vivere».
Francesco rivolge l’attenzione, poi, al tema dell’accompagnamento spirituale perché, dice più volte, «non si va dal Signore da soli».
«L’accompagnamento spirituale è importante anzitutto per la conoscenza di sé, che abbiamo visto essere una condizione indispensabile per il discernimento. Guardarsi allo specchio da soli non aiuta perché uno può “fantasiare” l’immagine», sottolinea, mentre la presenza di un altro ci aiuta a vedere la verità di noi stessi. «È importante», insiste, «anzitutto farsi conoscere, senza timore di condividere gli aspetti più fragili, dove ci scopriamo più sensibili, deboli o timorosi di essere giudicati. Farsi conoscere, o una persona che ci accompagni nel camino della vita, non che decida al posto nostro, ma che ci accompagni, La fragilità è, in realtà, la nostra vera ricchezza, siamo tutti ricchi in fragilità, che dobbiamo imparare a rispettare e ad accogliere, perché, quando viene offerta a Dio, ci rende capaci di tenerezza, di misericordia, di amore». Guai, invece, aggiunge, «alle persone che non si sentono fragili, sono duri, dittatoriali, invece quelli che riconoscono la fragilità sono più comprensivi con gli altri. La fragilità, posso dire, ci rende umani». Non a caso, spiega, Gesù, nella prima tentazione nel deserto, quella legata alla fame, viene invitato a sbarazzarsi della fragilità. Questa viene presentata come «un impedimento a essere come Dio. E invece è il nostro tesoro più prezioso: infatti Dio, per renderci simili a Lui, ha voluto condividere fino in fondo la nostra fragilità. Guardiamo al crocifisso, guardiamo al presepe, Dio arriva in una fragilità grande, Lui ha condiviso la fragilità».
L’accompagnamento, il Papa preferisce questa espressione a quella di direzione spirituale, «se è docile allo Spirito Santo, aiuta a smascherare equivoci anche gravi nella considerazione di noi stessi e nella relazione con il Signore. Il Vangelo presenta diversi esempi di colloqui chiarificatori e liberanti fatti da Gesù. Pensiamo, ad esempio, a quelli con la Samaritana, che noi lo leggiamo, lo leggiamo e sempre c’è questa saggezza e tenerezza di Gesù, pensiamo con Zaccheo, con la donna peccatrice, con Nicodemo, con i discepoli di Emmaus. Il modo di avvicinarsi del Signore. Le persone che hanno un incontro vero con Gesù non hanno timore di aprirgli il cuore, di presentare la propria vulnerabilità, la propria inadeguatezza, la propria fragilità. In questo modo, la loro condivisione di sé diventa esperienza di salvezza, di perdono gratuitamente accolto».
Nei momenti di buio ci vengono in mente pensieri brutti: «Ho sbagliato tutto, non valgo niente, nessuno mi capisce, non ce la farò mai, sono destinato al fallimento». Ma Francesco spiega che questi sono «pensieri falsi e velenosi, che il confronto con l’altro aiuta a smascherare, così che possiamo sentirci amati e stimati dal Signore per come siamo, capaci di fare cose buone per Lui. Scopriamo con sorpresa modi differenti di vedere le cose, segnali di bene da sempre presenti in noi».
Condividere le nostre fragilità «con chi ci accompagna nella vita spirituale, che sia un laico o un sacerdote» ci permette di dire: «Guarda cosa succede a me, sono un disgraziato, mi succedono queste cose e l’altro ci aiuta a vedere bene da dove vengono le radici e così a superarle. Colui o colei che accompagna non si sostituisce al Signore, non fa il lavoro al posto della persona accompagnata, ma cammina al suo fianco, la incoraggia a leggere ciò che si muove nel suo cuore, il luogo per eccellenza dove il Signore parla. L’accompagnatore spirituale, che noi chiamiamo direttore spirituale, ma a me non piace, chiamiamolo accompagnatore, ci aiuta a capire meglio i segni dei tempi, la voce del Signore, quella del tentatore, per questo è importante non camminare da solo. C’è un detto della saggezza africana», ricorda Francesco, «che dice: “Se vuoi arrivare di fretta vai da solo, se vuoi arrivare sicuro vai con gli altri, accompagnato”». E possiamo anche essere noi ad accompagnare gli altri, facendo esperienza della figliolanza e della fratellanza. Sapendo che è indispensabile camminare insieme. «Non siamo soli, siamo gente di un popolo, di una nazione, di una parrocchia, una comunità in cammino non si va dal Signore da soli, dobbiamo capirlo bene. Non si va al Signore da soli». Maestra dell’accompagnamento è Maria, che sempre ci indica Gesù. Il Papa ricorda quello che gli diceva una signora anziana molto semplice. Facendo il gesto con il dito indice, l’anziana spiegava che quello era l’unico gesto della Madonna: indicare suo Figlio. D’altra parte le uniche parole nel Vangelo sono: «Fate come Lui vi dirà». «Maria sa che il Signore parla al cuore di ciascuno, e chiede di tradurre questa parola in azioni e scelte. Lei ha saputo farlo più di ogni altro, e infatti è presente nei momenti fondamentali della vita di Gesù, specialmente nell’ora suprema della sua morte di croce. Maria parla poco, ascolta molto e custodisce tutto nel cuore».
Infine il Pontefice ricorda che «il discernimento è un’arte, un’arte che si può apprendere e che ha le sue regole proprie. Se bene appreso, esso consente di vivere l’esperienza spirituale in maniera sempre più bella e ordinata. Soprattutto il discernimento è un dono di Dio, che va sempre chiesto, senza mai presumere di essere esperti e autosufficienti. Signore, dammi la grazia di discernere nei momenti della vita cosa devo fare e cosa devo capire e dammi la persona che mi accompagni e mi aiuti». E così possiamo riconoscere la voce del Signore che ci dice: «Non temere!». Se ci fidiamo della sua Parola, dice Francesco, «giocheremo bene la partita della vita, e potremo aiutare altri».
Nei saluti finali il Pap anon ha mancato di rivolgere il suo pensieroall'Ucraina. «Esorto tutti», ha detto, «a perseverare nella vicinanza affettuosa e solidale con il martoriato popolo ucraino che tanto soffre e continua a soffire, invocando per esso il dono della pace. non stanchiamoci di pregare: il popolo ucraino soffre, i bambini soffrono, preghiamo per loro».