Paradossale destino quello di Mimmo Lucano. La sua Riace, “il paese dell’accoglienza”, è l’unico Comune d’Italia e del mondo che non lo può accogliere. Il Tribunale del Riesame infatti ha cancellato la custodia cautelare nei confronti dell’ex sindaco del piccolo centro della Locride divenuto famoso in tutto il mondo per l’integrazione, ma gli ha inflitto il divieto di dimora. “Come i mafiosi”, ha commentato Beppe Fiorello, autore di una fiction, mai andata in onda, dedicata al primo cittadino del borgo calabrese
Il ministro degli Interni Salvini, già ironico sui “buonisti” che credevano nel modello Riace (Wim Wenders, la rivista “Fortune”, papa Francesco, per citarne qualcuno) ci aveva già messo il carico da undici. Il 9 ottobre scorso il Viminale ha disposto la chiusura di tutti i progetti di integrazione del comune e il trasferimento dei migranti su base volontaria, cancellando il programma Sprar dei richiedenti asilo.
Il sindaco che si identifica col suo paese trattato come elemento pericoloso, per timore di reiterazione del rato. Dove il reato, come è noto, era stato procurare tre matrimoni combinati per aiutare alcune ragazze extracomunitarie a non tornare nei loro Paesi d’origine e aver aggirato il Codice degli appalti per assegnare a cooperative locali la raccolta dei rifiuti, che a Riace si svolge per mezzo di asinelli.
La vicenda di Lucano è emblematica di un dilemma che alberga nei secoli dalla nascita della legge, dai tempi di Antigone. Può un sindaco violare la legge dello Stato in nome della legge morale? No che non può in uno Stato di diritto, ma certamente avrebbe potuto essere trattato meglio. Ad esempio avrebbe potuto non essere arrestato, seppure ai domiciliari, o mandato in esilio come un reietto. Quale reiterazione del reato – venute a mancare le altre ragioni delle misure cautelari - avrebbe potuto esserci in Lucano se è stato sospeso dalla sua carica di sindaco? Quali altri danni avrebbe arrecato impegnandosi nei progetti di cooperazione e di solidarietà, della scuola, del frantoio, del ristorante, della fattoria, delle tante botteghe solidali che aveva messo in piedi? Lucano infatti voleva sopperire alla chiusura dei rubinetti pubblici con progetti finanziati dai proventi di questo piccolo tessuto di microimprese in cui extracomunitari lavorano fianco a fianco con riacesi. Davvero meritava una fine e un trattamento simile il sindaco dell’accoglienza, colui che aveva fatto suo il motto di un pacifista morto in Palestina, Vittorio Arrigoni, “Restiamo umani”? Forse sarebbe ora che la Rai mandasse in onda la fiction Rai di Fiorello (“tutto il mondo è Paese”): gli italiani avrebbero un’idea precisa di chi è stato mandato in esilio come un malfattore.