Prima dell'udienza, nel consueto giro tra la folla, papa Francesco fa salire sulla papamobile otto bambini. Alcuni di loro sono arrivati il 29 aprile con un corridoio umanitario, altri qualche mese fa su un barcone, Provenienti da Siria, Nigeria e Congo, sono attulamente ospitati, con le loro famiglie, nel centro Mondo Migliore di Rocca di Papa e seguiti dalla cooperativa Auxilium. Poi ha comincniato la catechesi nella quale ha spiegato che la pace è il dono che Gesù ci dà dalla croce. Papa Francesco medita, nella catechesi generale, sulla frase del Padre nostro «Liberaci dal male» e ricorda che, con questa espressione «chi prega non solo chiede di non essere abbandonato nel tempo della tentazione, ma supplica anche di essere liberato dal male. Il verbo greco originale è molto forte: evoca la presenza del maligno che tende ad afferrarci e a morderci e dal quale si chiede a Dio la liberazione».
Qui c’è una caratteristica essenziale della preghiera cristiana, perché Gesù «insegna ai suoi amici a mettere l’invocazione del Padre davanti a tutto, anche e specialmente nei momenti in cui il maligno fa sentire la sua presenza minacciosa». E la preghiera cristiana, spiega papa Francesco, non è una preghiera infantile, ma filiale, «non è così infatuata della paternità di Dio, da dimenticare che il cammino dell’uomo è irto di difficoltà. Se non ci fossero gli ultimi versetti del “Padre nostro” come potrebbero pregare i peccatori, i perseguitati, i disperati, i morenti?».
Il Papa parla della presenza del male nella storia. «una presenza inoppugnabile. I libri di storia sono il desolante catalogo di quanto la nostra esistenza in questo mondo sia stata un’avventura spesso fallimentare. C’è un male misterioso, che sicuramente non è opera di Dio, ma che penetra silenzioso tra le pieghe della storia. Silenzioso come il serpente che porta il veleno silenziosamente». In alcuni momenti sembra prendere il sopravvento «in certi giorni la sua presenza sembra perfino più nitida di quella della misericordia di Dio».
E chi prega non è cieco, vede questo male «così ingombrante, e così in contraddizione con il mistero stesso di Dio. Lo scorge nella natura, nella storia, perfino nel suo stesso cuore. Perché non c’è nessuno in mezzo a noi che possa dire di essere esente dal male, o di non esserne almeno tentato».
Ma l’ultimo «grido del “Padre nostro” è scagliato contro questo male “dalle larghe falde”, che tiene sotto il suo ombrello le esperienze più diverse: i lutti dell’uomo, il dolore innocente, la schiavitù, la strumentalizzazione dell’altro, il pianto dei bambini innocenti. Tutti questi eventi protestano nel cuore dell’uomo e diventano voce nell’ultima parola della preghiera di Gesù».
Nei racconti della Passione alcune espressioni del Padre Nostro «trovano la loro eco più impressionante: “Abbà! Padre! Tutto è possibile a te: allontana da me questo calice! Però non ciò che voglio io, ma ciò che vuoi tu”. Gesù sperimenta per intero la trafittura del male. Non solo la morte, ma la morte di croce. Non solo la solitudine, ma anche il disprezzo. Non solo il malanimo, ma anche la crudeltà. Ecco che cos’è l’uomo: un essere votato alla vita, che sogna l’amore e il bene, ma che poi espone continuamente al male sé stesso e i suoi simili, al punto che possiamo essere tentati di disperare dell’uomo».
Ma
se il male è soggiogante, Dio viene in nostro aiuto e Gesù, con la preghiera del Padre Nostro ci lascia «la più preziosa delle eredità: la presenza del Figlio di Dio che ci ha liberato dal male, lottando per convertirlo. Nell’ora del combattimento finale, a Pietro intima di riporre la spada nel fodero, al ladrone pentito assicura il paradiso, a tutti gli uomini che erano intorno, inconsapevoli della tragedia che si stava consumando, offre una parola di pace: “Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno”».
Ed è da questo «perdono di Gesù sulla croce» che «scaturisce la pace, la vera pace viene da là, dono del Risorto, un dono che ci dà Gesù. Pensate che il primo saluto che ci dà Gesù risorto è: “Pace a voi”. Pace ma noi dobbiamo chiedere “liberaci dal male” per non cadere nel male, questa è la nostra speranza».