Noi cristiani siamo chiamati a perdonare "sempre". Nel linguaggio evangelico "70 volte sette" ha questo significato. Dunque, quando si è in debito con qualcuno e soprattutto quando qualcuno ha un debito con noi che non riesce a saldare non resta che il perdono. Ai fedeli radunati in San Pietro per l'Angelus Francesco spiega la risposta a questa domanda, come è contenuta nella parabola del Re misericordioso e del Servo spietato proposta nel Vangelo tratta dall'evangelista Matteo: “Troviamo due atteggiamenti differenti: quello di Dio – rappresentato dal re – e quello dell’uomo. Nell’atteggiamento divino la giustizia è pervasa dalla misericordia, mentre l’atteggiamento umano si limita alla giustizia”. I responsabili delle nazioni alle prese con tensioni sociali sono chiamati ad «ascoltare la voce» di chi protesta. «No alle violenze, ma libertà e diritti umani vanno rispettati». Il Pontefice esprime anche vicinanza e solidarietà ai profughi di Lesbo, ricordando gli incendi che hanno devastato il campo di Moria «lasciando migliaia di persone senza un rifugio».
Ecco il testo dell'Angelus di Francesco.
Nella parabola che leggiamo nel Vangelo di oggi, quella del re misericordioso (cfr Mt 18,21- 35), troviamo per due volte questa supplica: «Abbi pazienza con me e ti restituirò». La prima volta è pronunciata dal servo che deve al suo padrone diecimila talenti, una somma enorme. La seconda volta viene ripetuta da un altro servo dello stesso padrone. Anche lui è in debito, non verso il suo padrone, ma verso lo stesso servo che ha quel debito enorme. E il suo debito è piccolissimo rispetto a quello del compagno. Il cuore della parabola è l’indulgenza che il padrone dimostra verso il servo con il debito più grande. L’evangelista sottolinea che «il padrone ebbe compassione di quel servo, lo lasciò andare e gli condonò il debito».
Un debito enorme, dunque un condono enorme! Ma quel servo, subito dopo, si dimostra spietato con il suo compagno, che gli deve una somma modesta. Non lo ascolta, inveisce contro di lui e lo fa gettare in prigione, finché non avrà pagato il debito . Il padrone viene a saperlo e, sdegnato, richiama il servo malvagio e lo fa condannare. Nella parabola, troviamo due atteggiamenti differenti: quello di Dio – rappresentato dal re – e quello dell’uomo. Nell’atteggiamento divino la giustizia è pervasa dalla misericordia, mentre l’atteggiamento umano si limita alla giustizia. Gesù ci esorta ad aprirci con coraggio alla forza del perdono, perché nella vita non tutto si risolve con la giustizia. C’è bisogno di quell’amore misericordioso, che è anche alla base della risposta del Signore alla domanda di Pietro che precede la parabola: «Signore, se il mio fratello commette colpe contro di me, quante volte dovrò perdonargli?». E Gesù gli rispose: «Non ti dico fino a sette, ma fino a settanta volte sette». Nel linguaggio simbolico della Bibbia, questo significa che noi siamo chiamati a perdonare sempre!
Quanta sofferenza, quante lacerazioni, quante guerre potrebbero essere evitate, se il perdono e la misericordia fossero lo stile della nostra vita! È necessario applicare l’amore misericordioso in tutte le relazioni umane: tra i coniugi, tra i genitori e i figli, all’interno delle nostre comunità e anche nella società e nella politica. La parabola di oggi ci aiuta a cogliere in pienezza il significato di quella frase che recitiamo nella preghiera del Padre nostro: «Rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori» (Mt 6,12). Queste parole contengono una verità decisiva. Non possiamo pretendere per noi il perdono di Dio, se non concediamo a nostra volta il perdono al nostro prossimo. Se non ci sforziamo di perdonare e di amare, nemmeno noi verremo perdonati e amati. Affidiamoci alla materna intercessione della Madre di Dio: Lei ci aiuti a renderci conto di quanto siamo debitori verso Dio, e a ricordarlo sempre, così da avere il cuore aperto alla misericordia e alla bontà.