L’esempio è quello di Santa Bakhita, una donna capace di perdonare nonostante tutte le violenze subite. Papa Francesco ricorda la sua vita continuando la catechesi sullo zelo apostolico. «Una santa sudanese», dice mentre ricorda che «purtroppo da mesi il Sudan è lacerato da un terribile conflitto armato di cui oggi si parla poco» e mentre invita a pregare «per il popolo sudanese, perché possa vivere in pace».
Ma la sua figura non riguarda solo il Sudan, la sua fama «ha superato ogni confine e ha raggiunto tutti coloro a cui viene rifiutata identità e dignità». Nata nel «martoriato Darfur» nel 1869, «è stata rapita dalla sua famiglia all’età di sette anni e fatta schiava. I suoi rapitori la chiamarono “Bakhita”, che significa “fortunata”. È passata attraverso otto padroni. Le sofferenze fisiche e morali di cui è stata vittima da piccola l’hanno lasciata senza identità. Ha subito cattiverie e violenze: sul suo corpo portava più di cento cicatrici», spiega il Pontefice. Ma lei stessa testimonia che «da schiava non mi sono mai disperata, perché sentivo una forza misteriosa che mi sosteneva».
Il Papa cerca di spiegare il suo segreto visto che, di solito, «la persona ferita ferisce a sua volta; l’oppresso diventa facilmente un oppressore. Invece, la vocazione degli oppressi è quella di liberare sé stessi e gli oppressori diventando restauratori di umanità. Solo nella debolezza degli oppressi si può rivelare la forza dell’amore di Dio che libera entrambi. Santa Bakhita esprime benissimo questa verità. Un giorno il suo tutore le regala un piccolo crocifisso, e lei, che non aveva mai posseduto nulla, lo conserva come un tesoro geloso. Guardandolo sperimenta una profonda liberazione interiore perché si sente compresa e amata e quindi capace di comprendere e amare a sua volta».
È ancora lei a dire: «L’amore di Dio mi ha sempre accompagnato in modo misterioso... Il Signore mi ha voluto tanto bene: bisogna voler bene a tutti... Bisogna compatire!». Il Papa spiega che compatire significa sia «patire con le vittime di tanta disumanità presente nel mondo, e anche compatire chi commette errori e ingiustizie, non giustificando, ma umanizzando, questa è la carezza che ci insegna, umanizzare».
Santa Bakhita, diventata cristiana, «viene trasformata dalle parole di Cristo che meditava quotidianamente: “Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno”. «Per questo diceva: “Se Giuda avesse chiesto perdono a Gesù anche lui avrebbe trovato misericordia”. Possiamo dire, conclude il Pontefice, «che la vita di Santa Bakhita è diventata una parabola esistenziale del perdono. Che bello che una persona è stata capace di perdonare sempre. Il perdono è la carezza di Dio». Ed è questo «perdono che l’ha resa libera. Il perdono prima ricevuto attraverso l’amore misericordioso di Dio, e poi il perdono dato l’ha resa una donna libera, gioiosa, capace di amare. Così Bakhita ha potuto vivere il servizio non come una schiavitù, ma come espressione del dono libero di sé. Questo è molto importante: fatta serva forzatamente ha poi scelto liberamente di farsi serva, di portare sulle sue spalle i fardelli degli altri».