Il pescatore e la casalinga sono
un po’ lontani dal centro di
Lampedusa, in una casa che è diventata
celebre per l’accoglienza
che la famiglia di Enzo Riso
ha saputo dare a chi arriva sui
barconi, dopo viaggi interminabili e spesso
drammatici. Entriamo nella casa di Riso
dove due cani scodinzolano allegri e le
due figlie di 16 e 11 anni sono già pronte
per l’uscita serale. La moglie di Enzo, invece,
sta preparando la valigia. La mattina
dopo dovrà andare dal medico.
A Palermo, ovviamente, perché a
Lampedusa l’ospedale non c’è: «Noi lampedusani
siamo diventati pendolari della
sanità», dice Enzo, amareggiato. «Anche
i controlli per i tumori al seno sono a
pagamento. Che fa la politica per
quest’isola?». Quello che non fa lo fanno
loro, i lampedusani come lui che, quando
può, porta a casa sua i profughi. «Li incontriamo
in giro per le strade e allora li
invitiamo per un pranzo. L’ultima volta
è arrivata una famiglia siriana, con un
bimbo di 5 anni. Ho guardato sul computer
un po’ di cucina siriana e ci siamo dati
da fare, perché come noi abbiamo la
nostra terra, anche loro ne hanno una.
Poi, su Google earth abbiamo visto la loro
casa. Piangevano».
Perché lo fa? «Non lo so, non c’è un
perché. So che quando andiamo a dormire
spesso pensiamo a quello che c’è la
fuori». E quando esce per pescare, che vede?
«La mia paura è quello che non vedo.
Di notte, le nostre barche potrebbero
passare sopra delle teste, per intenderci.
E io di notte li ho visti, al buio, in acqua.
Quando tiriamo le reti, con la paranza
capita anche di tirare su delle ossa. Allora
mi chiedo: quanti sono i barconi? Se
quello del 3 ottobre non affondava davanti
all’isola, ma a 30 miglia, nessuno lo
avrebbe mai saputo. E se vedo qualcuno
in difficoltà, cerco di salvarlo, lo metto a
bordo e rischio di mio, perché la legge
del mare è diversa dalla legge italiana».
Quando nominiamo la legge Bossi-Fini
commenta: «Hanno tolto il muro a Berlino
e l’hanno costruito a Lampedusa».
In affido
La famiglia di Renzo fa parte di
Rinnovamento nello spirito e alla Giornata
mondiale della famiglia sono stati invitati
a testimoniare. E quando è venuto a
Lampedusa, il Papa gli ha stretto la mano:
«Quello che facciamo noi non è molto
diverso da quello che fanno anche altri.
Tutta l’isola accoglie quei poveretti.
Sono 25 anni che lo facciamo, siamo abituati.
Nel 2011 non c’è stata casa che non
abbia aperto le proprie porte. E viste le
difficoltà del Centro di prima accoglienza,
mi chiedo: perché non darci qualcuno
di loro come affido momentaneo?».