"Africa milk project : ama la tua terra, combatti la povertà, bevi il tuo latte" di Cefa, onlus bolognese, è stato selezionato tra 800 progetti in gara ed è tra i cinque riconosciuti dalla Commissione Expo 2015 come i migliori interventi per dare una risposta alle necessità del pianeta.
Ha vinto inoltre il primo premio come migliore Best Practice nella categoria Sviluppo sostenibile di piccole comunità rurali in aree marginali e sarà presentato all’interno del Padiglione Zero anche grazie a un filmato, che racconterà la storia di questo piccolo grande miracolo.
Si tratta di un progetto partito nel 2004 in Tanzania, grazie ai volontari del Cefa in collaborazione con l’azienda Granarolo, pure bolognese, la Farnesina e l’associazione tanzaniana di allevatori Njombe Livestock Association.
Una latteria sociale che è modello di sviluppo inclusivo
Alla Njombe milk factory arrivano ogni giorno 3.200 litri di latte da 800 allevatori del territorio che possiedono 2 o 3 vacche ciascuno. Il latte, consegnato a mano o raccolto con un furgone, viene pastorizzato dagli operai del caseificio. Una volta la settimana e a prezzo contenuto, una certa quantità viene distribuita in 58 scuole del distretto di Njombe, raggiungendo un bacino di utenza che oggi è di 28 mila scolari. Parte del latte viene venduta e donata a ospedali e orfanotrofi nei dintorni. Il rimanente diventa yogurt o formaggio per i mercati.
«Sarà importante raccontare ai milioni di visitatori di Expo la straordinarietà di questo progetto: una latteria sociale che è modello di sviluppo inclusivo perché ridistribuisce reddito a più membri di una comunità: gli 800 allevatori che conferiscono ogni giorno il latte, che altrimenti non avrebbero un mercato dove venderlo, e i lavoratori della latteria-caseificio e le loro famiglie», ha spiegato Paolo Chesani, direttore di Cefa Onlus. «La razionalità economica avrebbe consigliato di ritirare il latte da un’unica grande stalla con qualche centinaia di capi di bestiame, ma abbiamo scelto, invece, di coinvolgere 800 piccole imprese familiari contadine ed è stata una bella sfida, ma siamo convinti che non esiste vero sviluppo, in un Paese come la Tanzania, se i benefici della crescita non vengono ridistribuiti nel modo più ampio possibile».