Gianfranco Cattai, presidente di Focsiv. In copertina, uno dei centri di detenzione in Libia dove vengono rinchiusi e sottoposti a ogni genere di abuso i migranti.
«Siamo sempre stati contrari all’accordo con la Libia. E ribadiamo il nostro dissenso. L’Italia non ha posto condizioni sul rispetto dei diritti umani. Questo è stato l’errore fondamentale. E oggi, anche i tentativi di modifica che si vorrebbero fare, non andranno a incidere sul tema dei diritti umani».
Non usa mezzi termini Gianfranco Cattai, presidente di Focsiv, la Federazione degli organismi di volontariato di matrice cristiana: è stato sbagliato stringere quegli accordi con la Libia, è sbagliato rinnovarli.
«Sulle garanzie contro i trattamenti disumani il nostro Governo non riesce a intervenire», continua, «così come non ce la fa a incidere l’Unhcr, l’Alto Commissariato per i rifugiati dell’Onu».
- Perché?, presidente Cattai.
«I campi di detenzione dove vengono rinchiusi i migranti, di cui conosciamo ormai bene le condizioni, sono un business importate per i gruppi militari, paramilitari e anche per malavitosi e criminali libici. Questa è la ragione principale».
- Quindi, non c’è via d’uscita?
«Occorre proseguire sulla strada che nel 2019 ha consentito di
far uscire dalla Libia 1.500 profughi, facendoli arrivare in Italia, in Europa o verso i Paesi d’origine. Questa via andrebbe rinforzata e decisamente potenziata».
- Sulla questione del rinnovo di questo accordo con Tripoli la società civile sembra del tutto inascoltata. Perché?
«Ci dobbiamo arrendere all’evidenza di non riuscire a incidere. Le Ong e l’associazionismo, da sempre, si sono date il compito di essere anche coscienza critica. Ma questo ruolo non riusciamo più a esercitarlo fino in fondo. E il motivo è che la politica non riconosce più la società civile e non vi si confronta. Ma non c’è solo questo. Il Governo non riconosce più nemmeno alcune leggi che pure il nostro Paese si è dato attraverso il Parlamento. La legge 125 sulla Cooperazione allo sviluppo, ad esempio, dovrebbe essere – così recita il testo normativo – “parte integrante della politica estera”. Ma in questo caso è chiaro che non è così. Oggi dovremmo tentare di tutto per far rispettare i diritti umani da parte del cosiddetto Governo libico. Il nostro Paese dovrebbe ottenere almeno questo».
- In questi termini, però, denuncia un problema che va ben oltre la questione contingente col Paese nordafricano.
«È vero. Il problema non è la società civile, ma il fatto che chi prende le decisioni non rispetta il Parlamento. Questo accordo, nelle aule della massima istituzione del nostro Paese, non c’è mai andato».
- Cosa farà Focsiv dopo il rinnovo dell’accordo?
«Focsiv dovrà innanzitutto confrontarsi con chi, fra le Ong che fanno parte della nostra Federazione, opera sul campo in Libia:
si dovrà lavorarci con personale affidabile e per fare il possibile perché cessino le violazioni».
- Alcune Ong di Focsiv avevano aderito al bando tanto contestato del nostro Governo, figlio di quegli accordi con la Libia.
«Quel bando ha suscitato molte polemiche. Ne era uscita, di fatto, una posizione per la quale “chi era serio non aveva aderito e chi non era serio aveva aderito”. Be’, non è così. Nella storia della cooperazione è un tema che si ripresenta puntualmente: ci sono situazioni in cui alcune organizzazioni non governative decidono che non ci sono, o non ci sono più, le condizioni per operare in un certo contesto, altre che viceversa continuano a farlo perché ritengono che andarsene significhi condannare alle sofferenze o alla morte tanti esseri umani. È una scelta non facile. Quindi, attenzione ai giudizi superficiali. Non si tratta di correre dove sono i finanziamenti. Io dico che i fondi di quel bando sono denaro dei contribuenti italiani, e che perciò vanno usati al meglio. Se c’è la possibilità di usarli bene, dobbiamo esserci. Ma, detto tutto questo, rimaniamo contro il rinnovo dell’accordo, e non solo per l’assenza di garanzie sul rispetto dei diritti umani».
«Anche perché è vergognoso che l’Unione Europea sia così divisa dagli interessi delle singole nazioni che la compongono».
- C’è anche il problema di un sostegno sempre più debole, da parte del Governo, alle Ong italiane che lavorano nelle emergenze tanto quanto nell’aiuto allo sviluppo. È così?
«È così. Potrebbe finire il 2019 senza fondi destinati alle organizzazioni non governative. Siamo a novembre e in tutto il 2019 l’Agenzia per la Cooperazione Italiana non ha emanato alcun bando per i finanziamenti. Altro che “aiutiamoli a casa loro”! Consideri che per le Ong, nel 2017, erano stati stanziati 40 milioni che andavano a sostenere 70 progetti. L’anno scorso ne sono stati stanziati 70 milioni, ma per finanziare soltanto 50 progetti. Il motivo? Fino al 2017 i finanziamenti dei progetti pluriennali erano divisi per annualità. Nel 2018 è cambiato il criterio: i fondi sono stati allocati per l’intera durata dei progetti. Quindi, ciò che in apparenza poteva sembrare un aumento di risorse, è invece un forte taglio. Per di più, nell’anno in corso, i finanziamenti rischiano di ridursi a zero».