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giovedì 15 maggio 2025
 
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Il prete dei campesinos che si ribellò a Sendero Luminoso

05/02/2015  Don Sandro Dordi, missionario bergamasco, fu ucciso nel 1991 da un commando del movimento guerrigliero maoista che per anni insanguinò il Perù. Insegnava ai poveri e ai ragazzi che si può cercare un riscatto sociale e politico senza lotta armata. Sarà beatificato con il vescovo Romero e altri due sacerdoti polacchi.

Sono i primi martiri nella storia del Perù e la loro beatificazione è stata approvata da papa Francesco insieme a quella del vescovo di San Salvador Oscar Arnulfo Romero. Ma la notizia è passata in secondo piano. Sono due sacerdoti polacchi, francescani minori, e un sacerdote italiano di Bergamo. Vennero assassinati da Sendero Luminoso, il movimento guerrigliero peruviano di matrice maoista che a cavallo tra gli anni Ottanta e Novanta del Novecento ha seminato il terrore con attentati e omicidi caratterizzati da una violenza brutale nel Paese latino-americano.

Don Sandro Dordi con alcuni giovani peruviani (foto: Eco di Bergamo).
Don Sandro Dordi con alcuni giovani peruviani (foto: Eco di Bergamo).

Il sacerdote italiano è don Sandro Dordi, missionario della Comunità del Paradiso di Bergamo. La comunità, che è attualmente guidata da mons. Lino Belotti, vescovo ausiliare emerito della diocesi, era nata nel 1949, fondata dal vescovo del tempo mons. Adriano Bernareggi, con lo scopo di inviare preti nelle diocesi italiane e in Paesi stranieri con carenza di clero e prendersi cura degli emigranti italiani in Europa. E don Sandro fa proprio così. A 23 anni diventa prete e lo mandano nel Polesine segnato dall’alluvione. In quei paesi ancora lo ricordano come il “prete della bicicletta”.

E’ delegato del vescovo a Taglio di Donada e poi parroco a Mea Contarina. A Taglio di Donada è intitolata a lui la piazza principale dove c’è una statua in cui è raffigurato in bicicletta. Nel 1966 lascia il Polesine per la Svizzera, cappellano degli immigrati. Arriva in Perù nel 1980, diocesi di Chimbote, parrocchia di Santa. E’ un terra povera, dove c’è bisogno di Vangelo e promozione umana. Don Sandro lavora come un matto, Parola di Dio e carità, non sta zitto e soprattutto sta vicino ai poverissimi campesinos e ai giovani insegnando che si può cercare un riscatto sociale e politico non attraverso la lotta armata.

Erano anni drammatici in Perù. Sendero Luminoso, movimento guerrigliero maoista, nato da scissione del Partito comunista, aveva teorizzato la lotta armata come strumento di riscatto per le classi più povere. Le sue parole d’ordine si erano diffuse soprattutto nelle zone rurali. All’inizio, pur seguendo l’ideologia di Mao per la quale la religione è l’oppio dei popoli, tollerava la manifestazioni di religiosità popolare. Ma quando i missionari e i sacerdoti cominciavano a parlare di giustizia e di perdono e di promozione umana i guerriglieri accusavano i missionari di essere servi dell’imperialismo internazionale perché distribuivano aiuti che venivano dalla Chiesa cattolica. Sendero Luminoso aveva paura dei missionari, che vedeva come antagonisti che frenavano la sollevazione popolare violenta e la lotta armata.

I due francescani polacchi, padre Michal Tomaszek e padre Zbigniew Strzalowski, lavoravano in 22 villaggi della diocesi di Chimbote. Il 9 agosto 1991 un “commando di annientamento” di Sendero Luminoso li uccise a Pariacoto. Il 25 agosto altri guerriglieri tesero un’imboscata a don Sandro. Tornava in auto dal villaggio di Vinzos dove aveva celebrato la messa. Lo uccisero a colpi di mitra. Poche settimane prima avevamo sparato ad un altro sacerdote, padre Miguel Company, spagnolo, che sopravvisse per miracolo alla furia senderista. Alcuni giorni prima della morte di don Sandro sui muri del mercato di Santa era apparsa una scritta: “Straniero, il Perù sarà la tua tomba” E don Sandro aveva commentato: “Quelle parole sono per me”. Ma non volle abbandonare il suo popolo.

La causa di beatificazione diocesana per martirio in odium fidei venne chiusa nel 2003. Ma i teologi della Congregazione della dottrina della fede chiedevano che fossero chiariti alcuni aspetti della vicenda. Aleggiava il sospetto, costruito ad arte da parte di politici peruviani e da settori della Chiesa, di una possibile precedente connivenza con i guerriglieri. I missionari che stavano con il popolo erano accusati dalla destra di essere comunisti e gli squadroni della morte anticomunisti avevano già ucciso preti e catechisti. Il vescovo di Chimbote Bambarén aveva escluso fin dall’inizio qualsiasi ipotesi del genere. Ma i teologi vollero comunque acquisire la documentazione della Commissione per la verità e la riconciliazione del governo peruviano pubblicata nel 2003. E la causa si arenò.

Dalle carte risultava tuttavia chiaro che furono uccisi poiché i guerriglieri consideravano la loro opera pastorale e la fede un ostacolo alla loro propaganda. Il 22 ottobre scorso l’allora vescovo di Chimbote Bambarén, oggi vescovo emerito, ha incontrato Papa Francesco in Vaticano per sollecitare la conclusione della vicenda. Il vescovo di Bergamo mons. Francesco Beschi ha scritto che il riconoscimento del martirio di don Sandro “arricchisce la nostra terra e la nostra diocesi, capace di generare tanti santi e testimoni”. Don Sandro era nato a Gandellino, dove martedì dopo l’annuncio del riconoscimento del martirio, il parroco don Ruben Capovilla, ha fatto suonare a distesa le campane della chiesa.

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Romero è beato, festa a San Salvador. Il Papa: «Seppe ascoltare la sofferenza del suo popolo»
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