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giovedì 07 novembre 2024
 
 

"Il prezzo da pagare", la vera storia di Mohammed Moussaoui con Famiglia Cristiana

05/02/2015  Pubblichiamo un estratto del libro "Il prezzo da pagare" di Joseph Fadelle, quinto volume della collana "Storie di vita" distribuita con Famiglia Cristiana in edicola e in parrocchia a partire da giovedì 5 febbraio

Il prezzo da pagare, di Joseph Fadelle. La vera storia di Mohammed  Moussaoui.
Il prezzo da pagare, di Joseph Fadelle. La vera storia di Mohammed Moussaoui.

Nella grande casa di famiglia, che ha più di dodici stanze, io godo di un posto privilegiato, soprattutto al momento di sedersi a tavola. Non si comincia mai un pasto senza di me, anche se sono in ritardo, e questo provoca le gelosie dei miei fratelli. Le mie sorelle non mangiano mai con noi...

Mia madre, Hamidia el-Hashimi, anch'essa discendente del Profeta, è la quarta moglie di mio padre. Mio padre ha ripudiato le altre mogli perché non gli hanno dato figli maschi. Invece si è particolarmente legato alla sua attuale sposa, mia madre, che gli ha regalato una magnifica discendenza, motivo per lui di grande orgoglio: venti figli, dieci maschi e dieci femmine, senza contare gli aborti! E, nonostante la fatica dovuta a queste gravidanze a ripetizione, Hamidia tiene alta la guardia sul focolare. Ha saputo assicurarsi all'interno del contesto familiare; tutto il potere di cui non poteva godere all'esterno, nella società musulmana. Questa donna straordinaria presiede la cucina, la lavanderia, da ordini alle sue sette figliastre e alle sorelle non sposate, a volte con aggressività, arrivando anche alle botte.

I miei fratelli sfuggono a questo trattamento in virtù del loro essere figli maschi, condizione che giustifica il predominio su tutte le donne, madre compresa. Anche se, ovviamente, si deve rispetto a colei che ti ha portato in grembo e ti ha messo al mondo. Anche con mia madre approfitto della mia posizione di privilegio. Ricordo ancora il sapore delizioso di cinque pani infornati da lei apposta per me su mia richiesta.

Alla madrasa, la scuola coranica, fino all'età di 14 anni sono stato il primo della classe, se si vuoi credere ai tabulati ufficiali del rendimento degli allievi. Non è infatti del tutto comprovato che il giudizio su di me sia stato giusto e imparziale. Infatti mio padre, che si occupa da sempre di tutto, ha contribuito in modo sostanziale agli introiti finanziari della scuola. Il direttore in persona si era scomodato per la mia iscrizione, fatto eccezionale, che mi è valso un trattamento a parte nel riconoscimento pubblico dell'importanza di essere un al-Moussaoui.

I primi anni la scuola mi piaceva, era il solo posto dove, da bambino, potevo giocare con altri bambini. Poi, verso i tredici-quattordici anni, la scuola è diventata per me una perdita di tempo, sentivo che limitava la mia libertà e che era inutile per assicurarmi un avvenire. In un Paese in guerra come l'Iraq, il regime incoraggia molto di più le vocazioni militari che quelle dedite alla cultura o all'istruzione. E per coloro che resistono è molto meglio essere un sunnita o appartenere al partito Baas per ottenere un posto nell'amministrazione pubblica. Non è il mio caso: io posso contare sui favori paterni per salire la scala sociale senza bisogno di passare attraverso l'istruzione.

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