Papa Francesco in Giordania (Reuters).
Una giornata intensa conclusa con una denuncia forte contro i trafficanti di armi. «Tutti vogliamo la pace, ma guardando ecco la radice del male: l’odio e la cupidità del denaro di chi fabbrica e vendie le armi. Questo ci deve fare pensare: chi è dietro che ci dà a tutti che sono in conflitto le armi per continuare il conflitto?».
In questa prima tappa del viaggio in Terra Santa il Papa arriva in anticipo a tutti gli appuntamenti. Come se avesse fretta di incontrare le persone, di vedere i luoghi, di dire e ascoltare. Aveva cominciato il suo secondo viaggio internazionale scherzando in aereo con i giornalisti. Rivolgendosi a David Cohen Cymerman di Channel 2 seduto accanto al palestinese Imad Freij del Catholic Centre for Media Studies, aveva detto al giornalista israeliano: “Mi raccomando, proteggilo durante questo viaggio”. E che di protezione ci fosse bisogno per un viaggio così delicato il Papa lo ha fatto capire molto chiaramente anche andando a raccomandare la partenza a Santa Maria Maggiore, davanti all’icona di Maria Salus Popoli Romani.
Filo conduttore dei due discorsi (uno alle autorità giordane e l’altro ai rifugiati e disabili) e dell’omelia di questo primo giorno in Terra Santa il tema della convivenza e dell’aiuto reciproco. Il pensiero al conflitto in Siria, innanzitutto, ma poi, più in generale, a tutta la situazione del Medio Oriente. «Siamo profondamente toccati dai drammi e dalle ferite del nostro tempo, in modo speciale da quelle provocate dai conflitti ancora aperti in Medio Oriente. Penso in primo luogo alla Siria, lacerata da una lotta fratricida che dura da ormai tre anni e ha già mietuto innumerevoli vittime, costringendo milioni di persone a farsi profughi ed esuli in altri Paesi», ha detto ai rifugiati iracheni, palestinesi e siriani che il Papa ha incontrato nel sito del battesimo di Gesù. «Nel mio pellegrinaggio ho voluto fortemente incontrare voi che, a causa di sanguinosi conflitti, avete dovuto lasciare le vostre case e la vostra Patria e avete trovato rifugio nella ospitale terra di Giordania; e al tempo stesso voi, cari giovani, che sperimentate il peso di qualche limite fisico», ha ribadito ai presenti ringraziando, anche nell’ultimo discorso, le autorità giordane per l’accoglienza generosa che ha riservato alle popolazioni in fuga dai conflitti.
Ad accoglierlo 600 tra profughi e disabili. Festanti nonostante la propria situazione difficile. Il Papa li ha contemplati a lungo prima di cominciare a parlare. Il patriarca Twal spiega che «la nostra Chiesa insieme con il governo Giordano è orgogliosa di presentare al mondo questo luogo dove è avvenuto il battesimo di Gesù e invitiamo il mondo a visitare questo luogo. Per tanti questo fiume è una frontiera. Per noi è un posto che unisce, un richiamo alla comunione e alla unità».
E qui il Papa ha rinnovato l’appello, che aveva già fatto all’inizio della tappa in questo Paese, «per la pace in Siria. Cessino le violenze e venga rispettato il diritto umanitario, garantendo la necessaria assistenza alla popolazione sofferente! Si abbandoni da parte di tutti la pretesa di lasciare alle armi la soluzione dei problemi e si ritorni alla via del negoziato. La soluzione, infatti, può venire unicamente dal dialogo e dalla moderazione, dalla compassione per chi soffre, dalla ricerca di una soluzione politica e dal senso di responsabilità verso i fratelli».
Una responsabilità che è anche nei confronti dei criminali per i quali il Papa chiede conversione: «Dal nostro cuore diciamo una parola per questa povera gente criminale perché si converta. Che Dio converta i violenti, coloro che hanno progetti di guerra e benedica coloro che sono operatori di pace».