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martedì 20 maggio 2025
 
 

Caselli: a Genova è stato terrorismo

11/05/2012  Dopo la rivendicazione da parte del Fai dell'attentato ai danni dell'ingegner Adinolfi, Giancarlo Caselli mette in guardia dai pericoli di una nuova stagione di violenza.

Alla fine la rivendicazione è arrivata. Ed è ritenuta attendibile dagli inquirenti. Il Nucleo Olga Federazione anarchica informale Fronte rivoluzionario internazionale ha firmato un lungo documento che ha inviato alla redazione del Corriere della sera. «Ho indagato il terrorismo di matrice brigatista e non il filone anarchico», dice il procuratore capo di Torino, Giancarlo Caselli.

Il magistrato che, dalla metà degli anni Settanta alla metà degli anni Ottanta è stato uno dei protagonisti del contrasto alla lotta armata, spiega che «non c’è dubbio che si tratti di terrorismo. Gambizzare una persona vuol dire compiere un’azione terroristica e infatti la procura della Repubblica di Genova ha qualificato il fatto come di natura terroristica. Però non si tratta di terrorismo di natura brigatista. Non ho elementi di conoscenza approfondita, ma posso fare alcune considerazioni. Innanzitutto è gente pericolosa, guai a sottovalutarli. Non solo perché hanno già “gambizzato” una persona, ma anche perché mostrano un morboso compiacimento sin dalle frasi iniziali. Ci sono delle frasi iniziali che riguardano la “gradevolezza con la quale abbiamo armato le nostre mani”, il “piacere con il quale abbiamo riempito il caricatore” e via seguitando».

Cosa desta più preoccupazione?
«Sia questo compiacimento sia il preannunzio di nuovi attentati, alla fine del documento. Non so se lo faranno, se saranno in grado di farlo, ma certamente è un elemento di inquietudine, è una variabile, in una situazione del nostro Paese già particolarmente complicata. Poi c’è la sfida interna allo stesso mondo anarchico con gli anarchici che loro considerano “troppo ideologici”, che non hanno ancora seguito la loro strada. C’è un invito alla diffusione dell’azione terroristica. Non è un documento da sottovalutare».

Un gesto come quello di Genova può trovare emuli?
«Questo è il pericolo di fondo prima e dopo una rivendicazione di tale natura e anche a prescindere dal documento stesso. Viviamo nell’era della globalizzazione dove tutto si tiene e tutto comunica. Da mondi anche diversi, che magari non si riconoscono o non si identificano possono trasmigrare germi di infezione che si alimentano reciprocamente. Oggi nel nostro paese c’è un clima pesante di intolleranza, di violenza verbale. Prima ancora della rivendicazione degli anarchici, su Indymedia sono comparsi due comunicati in cui sostanzialmente si sostiene che sparare alle gambe è cosa bella buona e giusta. Un messaggio di condivisione, di compiacimento, di solidarietà ospitato su siti di larga diffusione è un altro brutto segno. Bisognerebbe avere il coraggio di prendere le distanze, di chiamare la violenza con il suo nome, senza confusioni e ambiguità che sono troppo diffuse in questo momento nel nostro Paese. Il fine non giustifica i mezzi, anche il fine soggettivamente considerato il migliore non giustifica mai il ricorso alla violenza, non alla violenza terroristica, ma neppure alla violenza così detta diffusa».

Una buona politica può essere una contromossa efficace?
«I terroristi hanno delle logiche, delle ideologie, dei fanatismi che ne fanno un mondo tutto a sé e quindi sono sostanzialmente persone indifferenti alla politica. Quello che fa la politica per loro è da buttare giù. Comunque, come ha detto Passera ieri, che ci sia nel nostro Paese una situazione che riguarda anche la tenuta sociale è un dato di fatto. Una politica che faccia di più non farebbe scomparire questa gente perché questa gente non vuole una migliore politica, ma vuole quello che la sua scelta ideologica suggerisce a prescindere da qualunque cosa: cioè l’abbattimento dell’universo mondo. Però, indubbiamente, al di là dello specifico anarchico, nell’area più vasta dell’insoddisfazione, una buona politica può avere una importanza decisiva».      

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