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mercoledì 22 marzo 2023
 
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Il prof Andrea Maggi: «Il Collegio? Un'oasi di libertà dall'incubo lockdown»

27/10/2020  Parla il docente (anche vita reale) del programma di Rai 2 seguitissimo dagli adolescenti che riparte stasera. Un'edizione molto particolare perché segnata dalla pandemia. Ecco cosa ci aspetta, dall'ambientazione negli anni '90 al cambio del Convitto in cui si svolgono le lezioni. «Non è colpa dei ragazzi se ci troviamo in questa situazione», aggiunge il prof

Torna da stasera su Rai 2 Il collegio, il reality più amato dagli adolescenti italiani. Questa quinta edizione è molto particolare perché ovviamente è stata influenzata dalla pandemia. Per motivi di sicurezza, le registrazioni quest’estate non sono avvenute nel Convitto di Celana di Caprino Bergamasco, ma nello storico Convitto Nazionale "Regina Margherita" di Anagni (la città dei Papi), in provincia di Frosinone. Ma soprattutto è cambiato lo stato d’animo dei 21 ragazzi protagonisti che sono arrivati al Collegio dopo essere stati chiusi in casa per il lockdown. Un’esperienza traumatica di cui fatalmente si parlerà in quest'edizione ambientata nel 1992: l’anno di “Mani Pulite” e delle stragi di mafia; del primo sms della storia; della serie tv “Beverly Hills 90210”; del karaoke. 

Di tutto questo abbiamo parlato con Andrea Maggi, presente nel cast fin dalla prima edizione, professore nel Collegio ma anche nella realtà.

Professore, come sono cambiati i ragazzi rispetto alla prima edizione?

«Sono molto più consapevoli del fatto di far parte di un programma televisivo che può dar loro grande notorietà, soprattutto sui social. Questo li porta in un certo senso a dare il meglio e il peggio di loro stessi. Ma a parte questo, quest’anno così particolare ha accentuato una tendenza già presenti: i ragazzi quando arrivano al Collegio sono costretti a lasciare tutti gli apparecchi tecnologici che occupano così tanto tempo nelle loro vite reali, per essere trasportati in un’epoca del passato. All’inizio per loro è un vero shock, ma con il passare del tempo imparano a scoprire la bellezza delle relazioni autentiche. Questo è stato tanto più vero in questa edizione in cui prima hanno sofferto così tanto la solitudine».

Nelle precedenti edizioni lei mostra di essere, almeno in Tv, un insegnante molto tradizionalista che insiste su aspetti come l’importanza del saper scrivere bene a mano. Che rapporto ha con le nuove tecnologie? Cosa pensa del ritorno massiccio della didattica a distanza per gli studenti delle superiori?

«Premesso che la didattica a distanza è necessaria in questo momento perché la priorità è contenere i contagi, nel lockdown della scorsa primavera ha dimostrato tutti i suoi limiti, accentuando il divario tra studenti che potevano permettersi buoni strumenti tecnologici e chi invece non aveva queste possibilità, accentuando la piaga della dispersione scolastica. Ora spero che la situazione sia migliorata, ma comunque la Dad non potrà mai sostituire né il confronto diretto con i professori e i compagni, né lo studio su un libro vero. Io ho una figlia di 15 anni che frequenta il secondo anno del liceo e ora andrà a scuola solo un giorno a settimana e questo sicuramente nuocerà alla sua preparazione. Penso inoltre agli istituti tecnici dove le ore di laboratorio sono fondamentali e non potranno essere sostituite con la didattica a distanza. Per fortuna insegno in una scuola media e quindi le lezioni possono continuare in presenza. I miei ragazzi sono entusiasti di essere tornati a scuola. Mi dicono che rispettano le regole anti-Covid anche fuori e non faccio fatica a credere loro. Si è puntato il dito contro i giovani per la movida, ma secondo me è sbagliato. I giovani si comportano male quando hanno esempi negativi da parte degli adulti. Siamo anzi noi che dovremmo imparare da loro su molte cose, a partire dalla sensibilità verso la questione ambientale».

 
 
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